Categorie

Lug232008

America Latina 2008/09 !

Eccomi qui, in ritardo come al solito, per annunciare il mio nuovo (lungo) viaggio.

Ritorno in America Latina!

Considerando che la seconda parte del giro del mondo si era svolta in Asia e che un altro, seppur breve, ritorno in quel bel continente l’ho fatto la scorsa Pasqua (ad Hong Kong), ora è giunto di nuovo il turno dell’America latina, andando sia in zone per me nuove e sia in qualcuna già conosciuta (anche se l’Asia mi manca già…).

Inizio con la grande esclusa del giro del mondo, Cuba, che dovetti cancellare dal mio programma per la prolungata (e allegra!) permanenza in Brasile. L’anno scorso volevo andarci prima che finisse l’era di Fidel Castro, allora seriamente ammalato. Ora Fidel Castro non c’è più al governo (ok, più o meno), ma pare non ci siano grossi cambiamenti. Proverò ad indagare in proposito! 🙂

Quindi stanotte (23 luglio) arriverò a Santiago de Cuba, prima tappa. Qualche settimana fa ho letto che in questa città si svolge proprio in questi giorni il carnevale cubano, secondo per importanza solo a quello brasiliano. Sarà, ma dopo aver visto le due maggiori manifestazioni carnevalesche brasiliane (Rio e Salvador), ho qualche dubbio che quello cubano possa avvicinarvisi… Comunque, per togliermi ogni dubbio, vado a vederlo! 🙂

Il programma completo, naturalmente soggetto a variazioni (come sempre), prevede:

– un mese a Cuba, percorrendola da Sud a Nord, e ripartenza dall’Avana;
– n° X settimane in Nicaragua;
– n° X settimane in Costarica;
– n° X settimane a Panama;
– n° X settimane in Colombia;
– in forte dubbio una breve tappa in Venezuela;
– e per finire…. paraparapà!!! BRASIL!! 😀 Prediligendo zone non visitate, ma con alcune tappe anche in luoghi già conosciuti e a me cari.

Fine del viaggio a Rio con il suo carnevale, a fine febbraio. Poi rientro per i dovuti 4 mesi di lavoro annuo.

Insomma, questo viaggio di 7 mesi e mezzo inizierà e finirà con un carnevale.
Se l’America latina è il regno indiscusso delle feste, anche come modo di intendere la vita (ne avevo parlato qui), non bisogna perdersi le più grandi.
Se ho trovato il modo di poterci andare per lungo tempo, non vedo perchè non dovrei farlo (ma… e il lavoro, il mutuo, la macchina, il nuovo iPhone, bla bla bla bla…). 😉
Se ancora non si capisce il messaggio subliminale di questo post, ora lo scrivo con caratteri del nostro alfabeto: PARTITE, PARTITE!!).
🙂

Io vado, il tempo (la vita) non aspetta!
Ciao!

.

Foto in aeroporto.

.

Lug252007

AUSTRALIA: la… violenza

Sei mesi dopo un post con analogo titolo scritto a Rio De Janeiro, mi ritrovo a Sydney a doverne scrivere un altro. Perchè? Situazione simile a Rio?

Un giorno, mentre tranquillo e beato (mica tanto beato, non sono mica in Brasile! 🙂 ) sono in un treno della metro di Sydney, mi capita in mano un quotidiano in distribuzione gratuita (mi sento tanto zio Paperone in Australia!). C’è in prima pagina una notizia di cronaca, con un titolo a caratteri cubitali più o meno così: “Sparatoria (o apocalisse) nel centro di Melbourne, 2 morti”. Sottotitolo: “Il peggior evento di cronaca degli ultimi cinque anni in tutta l’Australia”.
5 anni??? Ma se in Italia fatti simili se ne leggono, purtroppo, ogni giorno, e non solo nei giornali nazionali ma anche in quelli locali! Non parliamo poi dei giornali sudamericani.
Sarah, “lumbard” (non ricordo di dove sia, dintorni di Milano comunque) da poco trasferitasi in Australia (conosciuta nel TripForum Australia e incontrata poi a Melbourne), mi conferma che, anche dal punto di vista della sicurezza, l’Australia è vivibilissima. Quando era in Italia, dalle sue parti aveva paura ad uscire di notte in giro da sola, mentre qui lo fa regolarmente, anche a piedi. E’ molto più sicuro.

E allora? E quindi? E dunque?? Non so più cosa pensare.

I paesi più violenti in cui son stato sono indubbiamente quelli latino-americani. Ma in quel subcontinente la violenza va molto spesso di pari passo con la povertà, trattandosi di paesi con un’economia non certo fiorente. A Rio, che raggiunge il livello di violenza massimo raggiungibile dagli esseri umani (Bush escluso, lui supera anche Rio), si aggiunge il traffico di stupefacenti gestito nelle favelas, come causante.
Ma la povertà da sola non basta, perché se andiamo in Asia …. continua a leggere qui >>

Giu252007

PRIMI 6 MESI

15900 km in autobus (e traghetto) da Buenos Aires fin su a Caracas. Tutto via terra e acqua, niente voli.

6 mesi esatti, più una proroga di una settimana, i tempi supplementari di una stagione che avrei voluto prolungare ancora un bel po’.
Prima di iniziare questo viaggio non mi aspettavo più di tanto da questo continente, in quanto ci son già stato diverse volte e quindi pensavo ormai non tanto ricco di novità. E invece mi son dovuto ricredere, e tanto pure!

Parlo principalmente del Brasile, paese in cui son rimasto ben 5 dei 6 mesi riservati al sud America. E la differenza rispetto alle altre due volte in cui ci son stato è dovuta principalmente ad un fattore: la conoscenza della lingua. Lo starci tanto tempo mi ha permesso di imparare il portoghese il tanto sufficiente per poter parlare anche a lungo con la gente, venendo in questo modo a conoscere la realtà del paese e il carattere della sua gente più di quanto una guida di viaggio mi abbia potuto illustrare.
Se non avessi conosciuto il portoghese non avrei potuto parlare con quel ragazzo che incontrai per strada a Salvador, che mi raccontò dei suoi due anni nella ricca Europa (Francia) e di come poi ci rinunciò per tornare in Brasile nel suo quartiere povero. La gente e la vita era troppo diversa per lui e mi spiegò cosa era diverso.
Non avrei neanche potuto parlare con i bambini dei due centri di accoglienza visitati, conoscere tante persone con cui uscire a Sao Luis, ascoltare la storia di Nazarè, capire le notizie dei quotidiani e tv, comprendere gli stati d’animo e il carattere dei tanti brasiliani conosciuti. Avrei fatto un viaggio simile ai tanti ragazzi anglosassoni incontrati, fatti di tante tappe ma brevi nelle località più belle (e turistiche), con pochi o nulla contatti con la popolazione locale. Per loro è impossibile imparare una lingua latina senza frequentare un corso di lingua, cosa che per noi italiani invece è fattibile, e quindi alla fine i commenti che sentivo da loro sul viaggio riguardavano solo la pericolosità di Rio o il bel sedere delle brasiliane, la precarietà dei servizi o la bellezza di alcune spiagge. Tutte verissime queste cose, ma il Brasile ha molto di più da offrire, se si vuole andare a guardare bene.

E una delle cose che più mi ha colpito è la grande gioia di vivere dei brasiliani. Sembra una cosa banale questa, a chi non piace vivere? Eppure in nessun altro continente ho riscontrato la stessa intensità e calore dei rapporti umani, sia fra grandi amici che fra perfetti sconosciuti, sia al posto di lavoro che in mezzo ad una festa. E allo stesso tempo la grande serenità che traspare dai loro volti, che si coglie non solo parlandoci ma anche osservando la gente che passa in strada, che si incontra negli autobus o che si ferma per chiedere un’informazione. E avere intorno a sé persone con l’espressione serena se non allegra, comunque sempre cordiale, costituisce una bella differenza rispetto alle persone/espressioni/umori che si incontrano e percepiscono nel nostro BelPaese. Così che anche senza far niente di particolare, spesso bastava una semplice passeggiata per strada, fra la gente, per passare ore piacevoli.

6 mesi di calda estate sono così finiti, e ora vado verso poco più di un mese d’inverno.

D’altro canto ora posso finalmente “abbassare la guardia”, vado in zone super-tranquille. Se è vero che nulla di particolare mi è capitato finora, è certo che in sud America bisogna sempre prestare particolare attenzione a tutto e non dimenticare mai le precauzioni di base.

6 mesi ricchi di emozioni, 6 mesi importanti, 6 mesi indimenticabili.

Grazie, sud America. Grazie, Brasile. Son sicuro che mi mancherete tanto.

sopra le nuvole

.

Giu152007

RITAGLI BRASILIANI / SUDAMERICANI – 3

11. Ordine femminile

Le donne son sempre in ordine, pulite, pettinate e con un bel vestito (anche se semplice) a qualsiasi latitudine e in qualsiasi condizione sociale si trovino. Credo che questa regola sia contenuta nel secondo cromosoma X delle donne, quello che a noi manca!

Dalle grandi metropoli come Rio ai piccoli paesini del Maranhao, passando per i villaggi della foresta amazzonica, le ragazze erano sempre ben vestite, con i colori abbinati e i capelli ben sistemati. E si cambiavano ogni giorno di vestito, anche nei 7 giorni di barca.
Lo stesso invece non si può dire degli uomini e dei ragazzi, a volte disordinati anche se nel complesso sempre puliti.

Inutile, è questione genetica.

.

12. La cronaca nera

Se si prende un qualsiasi quotidiano brasiliano di un giorno qualsiasi della settimana, si rimane sbalorditi dalla quantità e dalla efferatezza dei crimini che quotidianamente accadono in questo paese (in Venezuela e Colombia analoga situazione). Un singolo episodio da 6^ pagina di un quotidiano brasiliano, che occupa magari solo 5 righe, in Italia riempirebbe la prima pagina per giorni. Dalle persone assassinate per quattro soldi, e in maniera cruenta, ai veri e propri omicidi che la polizia commetteva quando interveniva da qualche parte.

Oltre a quelli che avevo citato nel post sulla violenza a Rio (questo post), ne ricordo altri due in particolare, avvenuti mentre ero a Sao Luis.

Uno era un omicidio politico che sembrava uscito da un romanzo di fanta-politica. Il prefetto (che è la seconda carica politica dopo il governatore) assassinato da due poliziotti su ordine di un deputato, con vari complici che ogni giorno spuntavano fuori nelle pagine dei giornali.

Il secondo ancora più triste. Un uomo di colore …. continua a leggere qui >>

Giu132007

RITAGLI BRASILIANI / SUDAMERICANI – 2

6. Il (misero) business delle lattine

Un po’ in tutto il Brasile le lattine di alluminio vengono raccolte, dalla strada e dai bidoni della mondezza, da bambini, ragazzi, uomini, donne, anziani, insomma un po’ da tutti; tant’è che quando per strada non si trova un bidone dove buttare la nostra lattina vuota, si può tranquillamente buttare a terra senza sentirsi dei maleducati, tanto verrà poi raccolta da qualcuno.

Questa raccolta di lattine raggiunge la sua più alta intensità a Salvador, dove spesso addirittura mi si avvicinava qualcuno che raccoglieva lattine e mi chiedeva se avevo finito di bere la mia birra, e se non avevo finito mi incitava a fare gli ultimi sorsi!
Una volta ho fatto un test: in una notte di carnevale, durante una pausa fra un “bloco” e l’altro, sono andato al centro della strada e ho lasciato cadere per terra una lattina vuota. Come si è sentito il “clonk” della lattina che toccava l’asfalto ho avviato il cronometro dell’orologio e ho aspettato. 10 secondi esatti e la lattina era sparita! Un ragazzino è arrivato di corsa a prenderla, veloce quasi quanto un cambio di gomme di formula 1!

Incuriosito da questa frenesia, un giorno ho intervistato un “raccoglitore”. C’era infatti una cosa che non capivo: venivano raccolte solo quelle di birra, mai quelle delle altre bibite (coca cola, fanta, etc). Mi spiegò che il materiale era diverso, e mi disse anche altri dati: ogni 78 lattine raccolte si raggiungeva 1 kg che veniva poi retribuito con 26 centavos. Quindi ogni 4 kg (312 lattine) si guadagnava la bellezza di 1 real! Con 1 real (=39 centesimi di euro) in Brasile si può comprare 1 pastel (fagotto fritto con carne o formaggio) o una lattina di bibita analcolica, con 4 real si può consumare un pasto. Insomma per riempire la pancia con la raccolta delle lattine bisogna raccoglierne almeno 1250!
Non gli passa più…

.

7. Le treccine

Una cosa accomuna quasi tutte le “gringhe” (il significato ormai l’ho scritto tante volte, vediamo se lo ricordate) che vanno in Brasile, e a Bahia in particolare: sentono l’impellente esigenza di riempirsi la testa di treccine.
Ora qui scrivo un consiglio a tutte le gringhe che hanno in programma di andare in Brasile:

NON FATEVI FARE LE TRECCINE!

Il più delle volte stanno veramente male alle bianche turiste, e chi vi dice che state bene è solo il vostro partner (o chi vuole diventarlo al più presto!) che però mente spudoratamente sapendo di mentire.
Le treccine stanno bene solo a chi vive in questi posti. A Bahia infatti le donne hanno in prevalenza capelli crespi (quindi con molto volume, e le trecce glielo riducono), viso rotondo, naso piccolo. Con le trecce stanno stupendamente, in particolare le bambine. Alle turiste invece il ridurre drasticamente il volume dei capelli mette in risalto la testa più spigolosa di noi “caucasici” e il naso più grande!
Credetemi, meglio niente!
😉

.

8. L’ignoranza

Questo purtroppo è uno dei problemi più gravi in Brasile. Le cifre dicono che il 57% dei brasiliani finisce le scuole equivalenti alle nostre elementari, e solo il 37% le medie. E quei pochi anni di scuola che fanno son di qualità molto bassa, anzi pessima. Se si pensa che ben il 50% degli insegnanti (non universitari) ha studiato solo fino alla 3^ media (percentuale che raggiunge il 90% nel povero Maranhao) e che lo stipendio degli insegnanti è uno dei più bassi di tutte le categorie, si capisce come la qualità non può essere sufficiente.

Perché scrivo tutto ciò? Che gliene frega ad un turista?

Succede che, quando si parla con un brasiliano medio, molti discorsi sono dei veri e propri tabù. Non ci si capisce. Se si esce dai soliti quattro argomenti basilari della vita di tutti i giorni, ci si scontra con un muro. Per esempio, uno dei miei argomenti preferiti di conversazione, i viaggi, era assolutamente impraticabile. Le geografia era, forse, la materia più sconosciuta.
Un giorno una ragazza, con in mano una cartina del solo Maranhao (neanche tutto il Brasile), mi ha chiesto di indicargli dove era la mia città. Un’altra volta un’altra ragazza mi ha fatto la stessa domanda mentre guardava la cartina del Brasile. Altre volte mi hanno chiesto quante ore di autobus ci avevo messo per arrivare dell’Italia in Brasile, e cosi via. Almeno a giorni alterni mi capitava di sentire assurdità simili, da persone diverse. Di conseguenza anche quando mi chiedevano qualcosa sul mio viaggio, come facevo a spiegare che stavo facendo il giro del mondo? Mondo? What’s mondo? Niente, dicevo sempre che dopo il Brasile rientravo in Italia.

Ma problemi simili si riscontravano anche con tanti altri argomenti, quindi alla fine la molto limitata cultura generale è stato uno degli elementi negativi che mi lascia il Brasile, fra tanti altri positivi. Perché la limitata cultura limita anche la cosiddetta “elasticità mentale”, la capacità di comprendere qualcosa che non si conosce. Venendo io da un luogo sensibilmente diverso, capitava di parlare di qualcosa per loro nuovo, ma spesso non si veniva capiti, e bisognava cambiare argomento.
Un esempio. Una volta una ragazza stava facendo un compito di inglese e doveva tradurre alcune frasi. Finché c‘erano parole che conosceva a memoria (poche) è andata avanti. Quando arrivò alla parola “importance” che varia solo di una sillaba dal portoghese “importancia” si blocca e non va avanti. Non riesce ad elaborare una soluzione probabile.
Questo è un semplice esempio, però qualsiasi argomento per loro nuovo difficilmente veniva almeno in parte capito. Allo stesso modo, se quando si parla non si pronuncia perfettamente il portoghese, non si viene capiti. Se in una frase anche solo di quattro parole ce n’è una sbagliata, niente. Bisogna riprovare fino a quando non si azzeccano tutte e quattro, e nell’ordine giusto. Come Mistermind!

Un giorno, ad una fermata del bus in un paesino imprecisato del Maranhao, mentre facevo un veloce spuntino scambiai qualche parola con una vicina di tavolo. Parlando delle lingue straniere, ad un certo punto mi disse:”Il problema del non capirsi non son le lingue diverse ma il fatto che le stesse cose hanno nomi diversi. Per esempio, come si chiama in italiano questa? (Indicando una salvietta)”. “Salvietta”, dico io. E lei:”Ecco, vedi, in Brasile si chiama guardanapo!”. Ehm… rimango un attimo senza parole, poi faccio finta di niente. Dopo questa perla di saggezza, cosa potevo rispondere?

E pensare che, se le scuole elementari, medie e superiori sono pessime, le università brasiliane sono buone, e anche gratuite. Il problema è che per accedervi bisogna superare un esame iniziale che chi ha frequentato le scuole statali difficilmente supera, mentre ci riesce solo chi ha frequentato le ottime scuole private. Quindi l’istruzione, la cultura e di conseguenza i lavori migliori e meglio pagati, in Brasile di fatto sono riservati a chi è di famiglia ricca. Chi nasce povero, magari in una favela, è già condannato da bambino a rimanere povero, ignorante e a fare lavori umili.

Così è la vita nel paese del samba.

.

9. Il lavoro

Gran parte dei lavori non specializzati (operaio, commesso, call center, etc) in Brasile sono pagati con il cosiddetto “salario minimo”, stabilito dal Governo. Ora ammonta a 350 R$ (130 €) che a stento permette di arrivare a fine mese. Non si muore di fame, ma non ci si può permettere molto. Di buono c’è che se anche uno lavora poche ore al giorno, meno di quel tanto non può prendere. Ho conosciuto una ragazza che lavorava in un call center, a giorni alterni per 4 ore al giorno, e prendeva lo stesso salario minimo di chi lavorava in un negozio 8 ore al giorno per 6 giorni. Quindi quando si lavora, anche se poco, si deve sempre poter mangiare tutti i giorni. Per legge. Così ha deciso il governo.

E così, anche qui, hanno dovuto inventare il lavoro nero, cioè talvolta il datore di lavoro non assicura il lavoratore per non dovergli pagare il salario minimo.
Tutto il mondo è paese.

.

10. Le informazioni

Anche in Brasile ho riscontrato una caratteristica tipica dei latini, che già avevo scoperto in Venezuela, e cioè che sembra quasi un disonore non saper rispondere ad una richiesta di informazioni, tanto che se non si sa la risposta… la si inventa!

I primi giorni, a Curitiba, per sapere dove si trovava una via ho dovuto fare la media su quattro risposte avute. Le prime tre mi indicavano tre direzioni diverse, e quando la quarta era uguale alla prima sono andato da quella parte. Allo stesso modo a Salvador un giorno mi hanno fatto camminare su e giù in quelle ripide vie per trovare l’unico centro telefonico del Pelourigno. Alla quarta richiesta l’ho trovato.
Quindi, consiglio: se siete in America latina, non fidatevi mai di una sola indicazione ricevuta. Chiedete almeno a 3 o 4 persone diverse. E’ ammirevole la loro voglia di esservi d’aiuto, ma spesso è assolutamente inutile!

.

…. continua (e finisce) fra 2 giorni.

.

Giu112007

RITAGLI BRASILIANI / SUDAMERICANI – 1

Dopo aver quasi chiuso il capitolo Brasile, avanzano nella mia agenda tanti appunti che non son riuscito ad inserire nei vari racconti. Tanti “ritagli” di vita brasiliana che, dopo essere rimasti chiusi per mesi nel diario, reclamano ora un po’ di popolarità e quindi un posto nel web.
Bene, li accontento subito riportandoli qui sotto. Cari ritagli miei, eccovi accontentati.

SOMMARIO RITAGLI

  1. Bianco e nero, alla ricerca del diverso
  2. Camminare per strada in Brasile
  3. Il viaggio musicale
  4. La quiete pubblica
  5. La festa
  6. Il (misero) business delle lattine
  7. Le treccine
  8. L’ignoranza
  9. Il lavoro
  10. Le informazioni
  11. Ordine femminile
  12. La cronaca nera
  13. Le chiese
  14. I centri commerciali
  15. I succhi

 

1. Bianco e nero, alla ricerca del diverso

Ai brasiliani piacciono le bianche, alle bianche straniere piacciono i brasiliani neri, ma alle brasiliane bianche non piacciono i neri. Ci uscirebbe una formula con questi concetti.
Per un brasiliano, quando la donna ha la pelle bianca e magari i capelli biondi e gli occhi chiari è già bella anche se magari bella non è. Se poi ha qualche chilo in più (anche 10-15 kg in più) è ancora più bella.
Donne italiane, se volete fare stragi di cuori in Brasile ricordate questi 4 punti: pelle chiara (non abbronzatevi troppo), capelli chiari (anche tinti vanno bene), occhi chiari e kg in più. Più di questi punti avete e più successo avrete, anche se non siete belle.

E la donna bianca che gusti ha?

La gringa (turista) bianca adora i neri. Più son neri e più piacciono. I mulatti già perdono un po’ di punti. Ad Arraial, meta molto frequentata dai turisti, i neri locali avevano tutti la loro bianca gringa al fianco.

C’è però una variante alla regola: alla brasiliana bianca non piacciono per niente i neri.

Nell’ostello di Arraial un giorno un brasiliano nero si mise insieme ad una brasiliana carina. Il giorno dopo la lasciò perché si mise insieme ad una ragazza inglese, bionda con occhi azzurri e decisamente soprappeso. Ma diciamo pure che era un vero “cesso”. Solo che aveva la pelle bianchissima, e quindi più punti rispetto alla brasiliana, carina ma mulatta.
De gustibus.

2. Camminare per strada in Brasile

Se già spesso inciampo camminando sopra un liscio pavimento di marmo, nei primi giorni in Brasile ero un vero disastro, inciampi continui. Questo perché i marciapiedi, quando ci sono, sono delle vere e proprie trappole: tombini aperti, buchi vari, gradini improvvisi, paletti segati a 10 cm da terra, fili bassi tesi, scale con un solo gradino diverso da tutti gli altri e così via.
Se si vuole salvare le proprie gambe, bisogna SEMPRE guardare dove si mettono i piedi. Ogni volta che non lo si fa l’inciampo è sicuro. Oppure si cammina nell’asfalto, molto più regolare dei marciapiedi.

3. Il viaggio musicale

I primi 6 mesi del giro del mondo sono stati, anche, un viaggio musicale fra i diversi ritmi e melodie della musica latina. Dalle struggenti note del tango a Buenos Aires allo scatenato samba di Rio, dall’energico axè di Bahia al rilassante reggae di Sao Luis, dal forrò e seresta del Maranhao all’allegra brega del Parà, per finire con la salsa e reggaetton del Venezuela. Ogni stato/regione con la sua musica specifica e diversa, così come l’aspetto e il carattere della sua gente. Una tale diversità musicale non si riscontra, credo, in nessun altro continente, così come da nessun altra parte la musica fa così parte integrante della vita di ogni giorno, ascoltata in ogni ambiente e momento della giornata (casa, lavoro, bar, strada, negozi, autobus o auto, etc.). E questo in misura sempre maggiore man mano che ci si avvicina all’equatore.
Un esempio limite è costituito dagli autobus cittadini venezuelani, soprattutto quelli delle località vicine ai Carabi che, a fianco all’autista, avevano quasi sempre una grande cassa di altoparlanti che emetteva musica ad altissimo volume. Salsa, merengue o reggaetton.

Ora vi lascio alcuni esempi di musica brasiliana, così se andate in questo paese sapete riconoscere i vari stili musicali.
(Per scaricare, come sempre, click con il tasto destro del mouse e poi “salva oggetto con nome…”)

Samba Enredo

Samba Pagode

Axè

Forrò

4. La quiete pubblica

Strettamente correlata al tema musicale è l’assenza di quella che da noi viene chiamata “quiete pubblica”. Qui in Sud America non esiste affatto!
Discoteche con porte e finestre sempre aperte anche a notte fonda e al centro di una città, musica dal vivo spesso all’esterno dei locali (dentro c’è caldo), auto con altoparlanti che occupano tutto il cofano posteriore e che emettono musica a volume altissimo, sono questi gli esempi più evidenti.
Ricordo a Sao Luis che, nella discoteca che c’era al centro, il volume della musica in strada era identico a quello dentro il locale, anzi la musica veniva diffusa apposta fuori per richiamare le persone. E fino alle 4 del mattino! Tant’è che chi non aveva soldi per entrare si piazzava fuori dalla discoteca e si divertiva lo stesso. Allo stesso modo può capitare che il sabato il vicino di casa organizzi una festicciola nel cortile con musica alta tutta la notte. Qui viene tollerato perché non è indice di maleducazione (come da noi). Semplicemente la “quiete pubblica” non esiste e quindi il problema neanche si pone.
Se penso che nella mia città un pensionato è riuscito a far vietare la musica nei bar del centro, d’estate, con querele e processi lunghi un paio d’anni, perché aveva una finestra che dava nel corso centrale. Sarebbero bastati due tappi di cera da 20 centesimi! Con i soldi che ha ottenuto spero si compri un bel viaggio un una località qualsiasi dei Carabi, così scopre veramente com’è la musica a volume alto.

5. La festa

Qui in Sudamerica “festa” (in portoghese) e “fiesta” (in spagnolo) non son la semplice traduzione della analoga parola italiana, ma molto di più. Per festa si intende uscire, incontrare gli amici, andare a sentire musica, a ballare in discoteca o anche solo nella piazza più vicina con l’autoradio a tutto volume e il cofano aperto, mangiare insieme, bere, corteggiare o farsi corteggiare, non pensare ad altro se non a passare una allegra serata. Non c’è spazio per i problemi durante la “fiesta”. A quelli si penserà il giorno dopo.

E durante la festa non ci si litiga.

A Rio in più di un mese e in tante feste in cui son stato non ho mai visto, mai, una sola rissa. Di ciò ricordo si meravigliò anche una ragazza scozzese che c’era in ostello, la quale mi disse che in Scozia, verso fine serata quando l’alcool bevuto inizia ad essere tanto, le risse sono una costante di ogni festa. E anche in Italia se ne vedono quasi in ogni discoteca (discoteche di musica latina escluse! : – )). Unica eccezione sudamericana è stata Salvador, dove durante la grande festa di carnevale le risse erano abbondanti. Ma questa è l’eccezione che conferma la regola, dovuta al temperamento particolarmente vivace dei bahiani.

…. continua fra 2 giorni.