Ecco le foto di Sydney.
Siccome erano veramente tante, le ho prima sfoltite e poi divise in due parti, per rendere più veloce la visione.
La seconda parte, come sempre, fra due giorni.
Buona visione! 🙂
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Ago82007 Ecco le foto di Sydney. Siccome erano veramente tante, le ho prima sfoltite e poi divise in due parti, per rendere più veloce la visione. La seconda parte, come sempre, fra due giorni. Buona visione! 🙂 . Lug102007 Splendido paesino fra i monti con le cime innevate, un bellissimo lago con boschi di abete intorno, piste da sci vicine, ma soprattutto ricco di attività sportive di ogni tipo, e particolarmente di sport estremi. Ci son ben 3 bungee jumping (43, 47 e 134 metri di altezza) ai quali però, dopo sofferta riflessione, rinuncio, mentre decido di provarne un altro: lo skydiving (lancio col paracadute). Chi li ha provati tutti e due assicura che il bungee è più spaventoso, e questo mi tranquillizza. Arriva il giorno fatidico e, dopo un “briefing” (dove cioè ci spiegano tutto) di mezz’ora, compiliamo una dichiarazione di responsabilità dove, nelle prime righe, c’è scritto “….. lo skydiving è sicuro ma non del tutto, sono possibili lesioni personali e anche la morte… “. GULP!!! Mi avvicino al bordo dell’aereo e mi ci siedo, con le gambe che penzolano fuori. Questo era il momento che temevo di più, perché ricordo che nelle montagne russe o giochi simili la tensione maggiore si ha poco prima di scendere, mentre poi ci si diverte. 1, 2, 3, 4 …. i primi secondi sono …. continua a leggere qui >> Lug62007 I primi giorni in Nuova Zelanda son stati un po’ traumatici. Dopo tanti mesi in Brasile non mi sembra vero non esserci più. E tutto poi qui è così diverso. Oltre la lingua, il clima (qui è inverno), la gente (più fredda), le case (più moderne), le auto (più costose), le strade (senza buchi), l’ostello. Quest’ultimo è perfetto. Inserito fra 3 o 4 grattacieli luccicanti, pulito, impianto antincendio in ogni stanza, porte sbarrafuoco ma, anche, una marea di divieti: non fumare, non mangiare in stanza, non bere, non urlare, non suonare, non lasciare i piatti sporchi, non fare questo, non fare quello, questo no e quell’altro pure no. Ben diverso dalla generale anarchia sudamericana! Auckland, nord della Nuova Zelanda, prima tappa. Città ultra-moderna e cosmopolita. Molte facce asiatiche, tanti giapponesi, molti polinesiani. Mi fermo quattro giorni e poi inizio la discesa verso il Sud. In Autostop. . AUTOSTOP Anche la Lonely Planet cita l’autostop, e spiega anche i punti migliori dal quale conviene farlo. Devo dire che all’inizio mi sento un po’ un deficiente, anche perché l’ultima volta che l’ho fatto sarà una ventina di anni fa. Ma, d’altronde, c’è una bellissima giornata, il sole risplende, c’è un rilassante laghetto davanti, le colline sono verdissime e mi ascolto anche un po’ di salsa con il lettore mp3. Tutto ok, quindi. Ripartendo da Rotorua stabilisco il mio record personale di autostop: 4 minuti di attesa! E per di più quest’auto va fino a Wellington, alla fine dell’isola di Nord, dove avevo intenzione di fermarmi qualche giorno. 480 km, 6 ore di viaggio. Bellissimi gli scenari che attraversiamo in quelle 6 ore di viaggio. Si passa dai vasti prati verdi con tante palline bianche in mezzo (pecore, 40 milioni in tutto il paese, e 4 milioni di abitanti), agli alti boschi di abeti e pini, dalle montagne secche senza neanche una pianta ai laghetti fra i monti. . Wellington: una serata italiana Stanco di mangiar solo panini, una sera a Wellington vado in centro alla ricerca di una pizzeria, meglio se italiana. Dopo un po’ di giri scorgo un cartello che indica un vicolo buio e mi infilo così in una mini-pizzeria d’asporto. Il pizzaiolo è italiano, di Napoli, e vive qui da 10 anni. Dentro c’è, seduto ad un tavolo, un pugliese, che fa il cuoco in un ristorante. Poi entra un ragazzo di Napoli, che lavora in uno studio cinematografico di effetti speciali. Dopo un po’ arriva il fattorino della pizzeria, un ragazzo di Bologna. Infine entra un’altra italiana, una ragazza che insegna italiano all’università. . Il Sud Da Wellington traghetto simil-Tirrenia (per dimensioni, non per igiene) fino a Picton, dove mi fermo una notte, e poi via di nuovo con il pollice in su. Qui mi prende in auto una signora molto simpatica, appassionata di musica italiana, che appena sa che sono italiano si ferma, apre il cofano, prende una cassetta dove ha alcune canzoni italiane e la mette nell’autoradio. Che musica potrebbe essere? Come sempre accade quando si sente musica italiana all’estero, si tratta di canzoni si Sanremo di almeno 20 anni fa. Faccio finta di gradire la musica, sperando si rompa l’autoradio al più presto. Poco dopo, altra auto, questa volta diretta fino a Christchurch, 330 km e 5 ore dopo. E’ una ragazza con un grande fuoristrada che sta andando a sciare nelle Alpi. . Christchurch Se nell’isola di Nord, anche se inverno, non faceva molto freddo, qui a sud invece si sente. Ci sono 12° di giorno e la notte siamo poco sopra lo zero. Nonostante ciò, spesso la sera si vedono in giro ragazzi con magliette a maniche corte e ragazze con canottiere estive. Ma come fanno? Ecco il secondo gruppo di foto dalla Nuova Zelanda. (Fra qualche giorno la terza e ultima parte sulla Nuova Zelanda. Ciao!) . Giu292007 Sono in Nuova Zelanda, dall’altra parte del mondo. Sono a testa in giù rispetto a voi, ma il sangue non mi va in testa. 😀 La Nuova Zelanda è infatti il paese agli esatti antipodi dell’Italia. Non c’è luogo più lontano, nella terra, dove un italiano possa andare. Per andare più lontano l’unico modo è sborsare qualche migliaio di miliardi e salire sullo Shuttle. Fra l’altro ha quasi la stessa superficie dell’Italia, e ci sono pure le Alpi. C’è però una (fra le tante) grossa differenza: ha solo quattro milioni di abitanti, contro i nostri quasi sessanta. C’è quindi molto spazio qui, e proprio gli spazi della natura, le valli, i laghi, le montagne costituiscono l’attrazione principale di questo paese. Talmente belli che ci hanno girato alcuni film importanti, come Il Signore Degli Anelli. E invece…. tutto qui è perfetto, pulito, ordinato e soprattutto efficiente. Sono alla ricerca di almeno un difetto, che ancora non ho trovato. Palazzi moderni, strade perfette (senza un fosso o un solo avallamento), auto tutte nuove (le vecchie sono rarissime), negozi con la merce sempre in perfetto ordine, persone cordiali nonostante la loro natura anglosassone. E poi bagni pubblici dappertutto, anche per strada fra un negozio e l’altro, sempre riforniti di carta e sapone. Sembra una banalità, ma andate a cercarlo in Italia un bagno pubblico fornito di tutto. Anzi, andate a cercare un bagno pubblico. E per di più sono sempre puliti, anche per terra. Forse gli uomini qui fanno la pipì con l’imbuto. Oppure, come credo, li puliscono spesso. Bene, in mezzo a tanta perfezione, dopo quattro giorni ad Auckland, la città più grande, sono partito verso il sud… in autostop! Nonostante sembri una cosa fuori dalle regole è questo, insieme all’Australia, il paese al mondo dove è più facile farlo e non è malvisto. Dai venti minuti di attesa vicino alla capitale, il punto più difficile, fino ai quattro minuti per l’ultimo tratto dell’isola di Nord. Ciao! Ecco le foto di Auckland . Giu42007 A Manaus scelgo un tranquillo hotel anziché rituffarmi nel trambusto di un ostello. Ogni tanto in viaggio ci vuole anche un momento di ritiro e riposo per ricaricarsi un po’ e sistemare alcune cosette, come per esempio gli ormai due mesi di ritardo nel riportare su carta (e web) i ricordi di viaggio. Manaus è la città sudamericana più sfruttata per quanto riguarda le escursioni nella foresta, e per questo motivo ad ogni angolo di strada c’è qualcuno che propone “escursioni selvagge nella giungla” o “escursioni fuori dalle piste battute, dove gli altri non vanno”, incontri con indios e caimani, bla bla bla. Per lo più, visto l’alto numero di turisti che arriva qui per la foresta amazzonica, sono ormai escursioni troppo commerciali, da foto con il serpente nel collo (ebbene, una l’ho fatta anch’io!) o il grande pappagallo in mano. E per di più sono molto care. Io conservo i miei ricordi della escursione fatta tre anni fa nella foresta amazzonica del Venezuela, da solo con un indio per tre giorni nel suo piccolo villaggio, ed evito così questi poco allettanti tours. E risparmio. 😀 In hotel una mattina mi perdo a far scendere l’acqua dal lavandino, ma il vortice che si forma non gira come dovrebbe. Mumble, mumble, siamo ora sotto l’equatore e dovrebbe girare in senso orario, ma qui gira un po’ come gli pare, in entrambi i sensi. Neanche lui rispetta le regole! Segue una ricerca su Wikipedia (la più grande miniera di cultura gratuita!) e risolvo il problema di oggi (bè, se in viaggio non ci son problemi importanti, qualcuno bisogna crearselo). Come al solito quello sentito in Tv era una vera e propria leggenda metropolitana. In una puntata di “Turisti per caso”, con Patrizio e Syusy, avevano fatto vedere che, spostandosi anche solo di un metro dalla linea dell’equatore, il senso del vortice cambiava. Balle! Vicino all’equatore la forza del cosiddetto “principio di Coriolis” è quasi nulla, quindi il vortice viene influenzato da altri fattori come la forma del lavandino o il movimento iniziale dell’acqua. Ecco, quindi potete anche non sprecare acqua quando sarete in giro nei pressi dell’equatore. Caso felicemente risolto, mi ricompenso con un bel Guaranà de Amazonas, sempre ottimo (la ricetta la sapete già). A Manaus altre visite interessanti sono state quelle al Museo della Scienza di Manaus (bello e introvabile, più introvabile che bello perché, dopo che gli autisti di 3 autobus mi lasciano in 3 posti diversi, rinuncio alla sua visita), Palacio Rio Negro (chiuso 3 volte su 3 che ci sono andato – ci rinuncio), Museo Do Homen Do Norte (chiuso per restauri dal 2001!), Museo Do Indio (ok, finalmente) e il bel Parque Da Ciencia, con all’interno anche una discreta fauna amazzonica (l’enorme pesce bue, caimani, tartarughe, roditori, etc.). Ma la visita più interessante è stata la visita alla casa di Nazarè! Ricordate la ragazza del precedente post? Dopo l’incontro nel traghetto, per tanti giorni ci pensavo continuamente. I suoi racconti della vita nella foresta e il suo attuale inserimento nella giungla cittadina mi avevano impressionato ed incuriosito tanto. Dopo vari tentativi per telefono falliti (vive ora praticamente segregata in casa, non può uscire) riesco a combinare un appuntamento a casa sua, anche se avrei voluto tanto uscire in giro con lei piuttosto che stare chiuso in casa. Ricordate il film “Crocodile Dundee”? Era la storia di un uomo che aveva vissuto sempre nella giungla e poi di colpo veniva portato nel centro di Manhattan. Ecco, la storia di Nazarè, anche se non così estrema, è molto simile, e sarei curiosissimo di vedere le sue reazioni girando per Manaus. Ma non mi do per vinto e, dopo un paio di giorni di chiacchiere in casa, riesco a convincerla ad una “fuga” nascosta in città. Nascosta perché ora sta vivendo e lavorando a casa di una cugina che vive in un lontano sobborgo periferico di Manaus, la quale le ha proibito di uscire perché, dice lei, la città è pericolosa e lei non conosce nulla. In parte ha ragione, ma così sicuramente è esagerato. Arriva il fatidico giorno, 1 maggio. Possiamo uscire solo di giorno, quando la cugina è al lavoro. Dopo un’ora di autobus sono quasi arrivato a casa sua. Telefono per la conferma e invece di lei mi risponde il marito della cugina! E quindi chiudo subito. Accidenti, mi accorgo solo ora che anche qui il 1° maggio è festa nazionale, e nessuno lavora. Ecco il perché di quei cortei in centro. Grunt grunt, tutto annullato. Ricordate, dal precedente post, perché è venuta a Manaus? Per la voglia di conoscere il mondo? Si, se fossi ripartito da Manaus con il ricordo di quella breve chiacchierata in barca, avrei sempre conservato il bel ricordo di questa ragazza che, di sua volontà, aveva lasciato la terra natia per la curiosità di vedere cosa c’era al di là del fiume. Una bella poesia da conservare fra i ricordi di vita, più che di viaggio. E invece… le poesie quasi sempre esistono solo su carta, non nella realtà. Quando ci incontriamo a casa sua, in breve tempo mi racconta la sua vera storia. Si è appena separata, due settimane prima di partire. Ha un figlio di tre anni che è stata costretta ad abbandonare (per ora) con la forza. Il marito beveva, picchiava lei e il figlio, “mulherava” (in portoghese “andava a donne”) e, quando lei l’ha lasciato, l’ha minacciata di morte se portava via il bambino. E anche se non lo portava via. Così è dovuta scappare via, lontano, lasciando suo figlio ai genitori di lui e temendo per la sua stessa vita. In quel villaggetto sperduto nella foresta la polizia non esiste, tantomeno i servizi sociali. Bè, adesso il blog è diventato uno spazio per problemi matrimoniali? No, però questa triste storia dimostra che, anche andando a cercare il più piccolo villaggio sperso nella immensa giungla amazzonica, i problemi sono gli stessi, che so, del centro di Roma o di New York. Non esistono paradisi, la mente dell’uomo (inteso come genere umano) è bacata in ogni angolo di mondo. Anche in Colombia, quando feci una visita ad un villaggio di indios (questi al 100%, vivevano in capanne – qui ci son le foto -> FOTO ) ricordo che quel giorno la comunità aveva un problema ed erano tutti tristi. La moglie di un giovane aveva scoperto che il marito il giorno prima l’aveva tradita con una donna di un altro villaggio vicino. Insomma, soliti problemi dappertutto! Bene, ora devo chiudere questo post e ci vuole un finale… ah si, eccolo. Come finisce la storia di Nazarè? Bene, ora lei rimane un po’ di tempo qui a Manaus, per far calmare le acque e i nervi del marito violento e inoltre per lavorare e mettere da parte un po’ di soldi. Appena ne ha a sufficienza ritornerà nella foresta e si riprenderà il figlio. Con i soldi si può fare tutto in Brasile, anche nel cuore della foresta amazzonica. Qui ci son le foto di Manaus! Ciao! Mag282007 Arrivo a Belem, capitale del Parà, città situata sulla foce del Rio Delle Amazzoni. E qui, così come la musica, cambiano anche, ancora una volta, i tratti somatici delle persone. Dopo il bianco sud e la nera Bahia, con tutte le sfumature intermedie, ora qui è maggiore la presenza india, e ciò si nota soprattutto dagli occhi quasi a mandorla di molti abitanti e dai capelli lisci come spaghetti, come a Bahia le ragazze sognano di avere (e a volte ottengono con costosi e talvolta pericolosi trattamenti). Necessario per il viaggio: biglietto, amaca e repellente insetti. Biglietto: 160 R$ dormendo in amaca sul ponte, all’aperto, o 300 R$ dormendo in cabina con aria condizionata. Inizialmente pensavo di prendere la più comoda cabina, anche per paura di eventuali furti ai bagagli, ma poi ho scelto l’amaca che, dal mio punto di vista, è la scelta migliore. Non solo perché risvegliarsi la mattina e vedersi davanti la rigogliosa foresta amazzonica è ogni giorno uno spettacolo, ma anche perché lo stare appesi ad un’amaca a stretto contatto con i brasiliani (che appendevano le loro amache in ogni spazio libero) ha reso la vita a bordo di quei sette giorni più movimentata e interessante. In breve tempo infatti ci si conosceva quasi tutti e si passava il tempo assieme. Questo mezzo di trasporto è utilizzato dal ceto basso/popolare brasiliano (quello più interessante e divertente!), mentre il ceto medio e alto a Manaus ci va in aereo, che costa poco di più e ci impiega poche ore anziché 5 giorni. Amaca: comprata al mercato, una delle più economiche, tanto mi serviva solo per quei pochi giorni: 20 R$ (7 €). Vaccini: non necessari. A Belem sono andato in una farmacia e la commessa, ragazza di Manaus che ha attraversato il fiume tante volte, mi ha detto che non c’era il pericolo di malaria e che bastava un semplice repellente. E quindi se già ero poco propenso a fare la profilassi, dopo ne ero più che certo. A bordo poi ho chiesto qui e là. Brasiliani: nessuno ne ha mai fatto. Turisti stranieri: quasi tutti l’avevano fatta, con grande gioia delle case farmaceutiche europee. Comprate il Lariam, comprate. In Brasile ora è più pericolosa la Dengue, malattia portata da un’altra zanzara per la quale non esiste profilassi o vaccino. Solo prevenzione. E quindi repellente e abiti lunghi la sera sono la soluzione più efficace. Nell’ostello di Belem ci siamo solo io e Bruce, un simpatico australiano sui 65 anni con il quale usciamo insieme l’unica notte passata a Belem. Simpatico perché, nonostante la sua età, fa le stesse cose che ho visto fare ad altri ragazzi australiani incontrati: beve birra ad una velocità tale che faccio fatica a stargli dietro, fa lunghi viaggi ogni anno e mi accenna anche alle sue avventure amorose in viaggio! E inoltre con Bruce prendiamo lo stesso traghetto per Manaus. Martedì 17, ore 17 (più un’ora e mezzo di ritardo): inizia una delle parti di questo giro del mondo da me più attese. Con Bruce saliamo a bordo del traghetto che ha due piani (più sotto la stiva) e montiamo le amache nel ponte più alto, dove la visuale è migliore (e dove c’è più aria). Mi fermo poi ad osservare come la barca viene caricata delle merci. Nessun muletto, tutto a mano con una catena umana di giovani brasiliani. Interessante notare come anche al lavoro i brasiliani giochino sempre. Si lanciano le scatole senza preoccuparsi troppo se l’altro è pronto a prenderle, anzi più vedono uno in difficoltà e più gliene tirano addosso! Infatti ogni tanto qualcuna cade a terra e si rompe, qualcuna cade su un piede, un grande bidone è addirittura caduto in acqua e affondato. Ma, dopo qualche risata, il lavoro proseguiva normale. In barca ognuno passa il tempo come può: c’è chi dorme, chi prende il sole, chi gioca a domino, chi gioca con un pappagallo, chi con un porcellino d’India, chi beve, chi mangia, chi flirteggia, chi legge, chi guarda i video musicali al bar. Io conosco Laurene, una brasiliana che (come molti maranhensi periodicamente fanno) si sta trasferendo dal Maranhao in un altro stato, e passo il tempo con lei, oltre che con gli italiani, lo spagnolo e Bruce. Il secondo giorno l’imprevisto, che però in Brasile non è molto imprevisto (mi è successo un’altra volta): si rompe uno dei due motori, e quindi la velocità diminuisce.. Si prevedono quindi due giorni di viaggio in più, 7 anziché 5. Ok! E chi ha fretta? Si sta così bene qui, oggi poi che c’è un bel sole forte hanno aperto quattro grandi docce sul ponte aperto e ci si può bagnare, proprio in un punto poi in cui siamo vicinissimi alla riva, e quindi agli alti alberi della foresta. |
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