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Ott42008 La società cubana ormai rappresenta un caso praticamente unico al mondo, per cui ci sono alcuni aspetti che meritano una spiegazione a parte.
Credo di non aver chiacchierato con la gente, in un paese straniero, così tanto come questo mese passato a Cuba. Ogni giorno mi capitava con proprietari di case particular, tassisti, decine di nuove conoscenze quotidiane per la strada, alcuni stranieri stabilmente residenti, vicini di tavolo nel ristorante, i fastidiosi jineteros (i trafficoni già descritti negli altri post), ecc.
Il fatto di essere da solo, di dormire in case particular e quindi a contatto con famiglie (anziché in hotel), di spostarmi solo con mezzi pubblici, di non essermi mai isolato in spiagge o isolette (rimanendo quindi sempre in centri popolati) mi permetteva infatti di avere contatti con le persone molto facilmente e per tutto il tempo che volevo (non c’era nessuno che mi richiamava: andiamo qui, andiamo lì… 🙂 ).
Rimanendo a Cuba 35 giorni, e contando i tanti incontri quotidiani, potrei dire di aver sentito il parere forse di oltre un centinaio di cubani, di diversi generi ed età.
Bene, di tutta questa gente posso contare sulle dita di una mano chi era contento della propria condizione e del proprio paese/governo/sistema (un minatore cinquantenne di Holguin e un proprietario di casa particular all’Avana, benestante).
Mi è capitato di parlare anche con alcuni 75-80 enni che avevano vissuto la precedente dittatura di Batista, i quali mi dissero che, nonostante la dittatura e la miseria, secondo loro la gente “media” stava meglio prima, cioè chi aveva almeno un minimo lavoro; stava meglio di oggi. Ok, questi anziani son stati solo 3, per cui la base è piccola, però è stato per me anche quello un parere importante.
Tutto questo mi ha dato, e mi da ancora oggi, tanto da pensare; non riesco a trovare un pensiero finale, una conclusione. Ci son troppe contraddizioni e aspetti quasi incomprensibili. Avendo visitato altri paesi latino-americani, i successi della ricetta cubana a me risultavano evidenti, ma ai suoi cittadini no. Mi trovavo regolarmente a discutere con persone e a prendere spesso io le difese del loro sistema (anche per… addolcirgli un po’ la pillola) mentre loro lo criticavano duramente. Gli parlavo dei loro paesi vicini, della diffusa miseria estrema che a Cuba non esiste, della tremenda …. continua a leggere qui >>
Set262008 Durante i viaggi ho avuto modo di osservare in giro qui e là alcuni lavori che si potrebbero fare nei vari paesi (il giro del mondo in questo caso è stato una vera miniera) per mantenersi in viaggio (o per integrare il mio ora ridotto stipendio). Lavori fatti già da altri che sono partiti prima di me, o anche solo idee su attività con qualche possibilità di successo, anche se piccolo. Non importa guadagnare tanti soldi, ma il tanto giusto per mantenersi in viaggio, e spesso in paesi dove il costo della vita è molto basso.
Spesso è capitato così di incontrare anche altri italiani, gran parte dei quali per mantenersi hanno aperto quella che credo sia l’attività più diffusa fra loro: un ristorante (o pizzeria) italiano.
“Bella Italia”, “Pizza Mia”, “Mamma mia” e altre amenità del genere sono alcuni dei classici nomi usati, uniti al tricolore esposto dappertutto. E la indiscutibile fama della nostra cucina generalmente garantisce ottimi successi, fatto che spesso viene sfruttato anche da altri ristoratori non di origine italiana.
Tutto ciò però non mi ha mai attirato perché presuppone lo stabilirsi in un posto fisso e poi lavorare ogni giorno, e poter quindi viaggiare poco. Per lavorare ogni giorno e rimanere in un posto fisso, pur se bello ed esotico, me ne rimango in Italia – ho sempre pensato. Dopo un po’ la routine subentra perfino nella più bella isola dei Carabi, e ci si annoia. Bisogna sempre cambiare.
Qualche giorno fa invece qui in Nicaragua …. continua a leggere qui >>
Set182008 Non si butta proprio niente… 😀
Una sera, in un buon ristorante di Baracoa, conosco una cubana carina che, come me, stava cenando da sola, nel tavolo di fronte al mio. Ci scambiamo un saluto e lei mi invita a sedermi al suo tavolo, per cenare insieme.
Mmmm…. puzza di Jineteras, penso.
Ci vado lo stesso ma abbastanza prevenuto, però più tardi alla “prova del fuoco”, quando cioè arriva il conto, lei tira fuori i soldi e si paga tranquillamente il suo conto, senza chiedermi niente. Ben 10 CUC, cena carissima per un cubano, quasi uno stipendio.
Sempre più strano ….
Facciamo poi una passeggiata fuori e ad un tratto incrociamo il suo ragazzo che sta passando in auto (lei è di un’altra città lontana, ed è venuta qui a Baracoa proprio per fargli una visita). Solo che il ragazzo è ora in dolce compagnia, con un’altra cubana!
Si fermano quindi a parlare, anzi a litigare, poi si separano (lei mi dice che l’ha lasciato) e poco dopo ci salutiamo anche noi.
La sera dopo la incontro di nuovo, e facciamo un’altra passeggiata sul “malecon”, il lungomare (anzi… lungooceano). Oggi mi racconta, con estrema naturalezza e senza nessun pudore, che lei è sposata con uno spagnolo, il quale viene qui da lei ogni 3 mesi, si ferma un po’ e poi riparte per lavorare in Spagna. E ogni mese le manda un assegno. Quello della sera prima invece …. continua a leggere qui >>
Set142008 Una serata qualsiasi a Baracoa
Uno degli aspetti più interessanti di Cuba è stata indubbiamente l’ottima musica ascoltata dal vivo nelle varie “Casas de la Trova” o “Casas de la Musica” (locali tradizionali di musica cubana) o bar e ristoranti vari. A volte anche per strada o in discoteca, insomma dappertutto.
Stupendi concerti con strumenti tradizionali cubani e sempre tanti musicisti (da 7 in su), per me ancor più interessanti perchè nei loro repertori abbondava… la salsa! 🙂
E, grazie al turismo, tanti musicisti possono raggranellare qualche soldo in più del misero salario statale.
L’Oriente di Cuba (diciamo la parte meridionale dell’isola) è la zona musicalmente più prolifica, tanto che la vera capitale musicale cubana non è L’Avana ma la “nera” Santiago (“nera” per l’alto numero di neri presenti), tant’è che nell’estremo Oriente, nella graziosa ma piccola Baracoa, c’erano più gruppi musicali che locali in cui suonare (e nei locali a volte più musicisti che clienti!), per cui i vari gruppi dovevano fare i turni per poter suonare, e ogni giorno andavano speranzosi negli uffici della Casa Della Musica per vedere se in serata potevano suonare da qualche parte.
Così una sera che, stanco dei ripetuti “attacchi” pomeridiani di Jineteros e Jineteras (i trafficoni di cui ho parlato nel precedente post) avevo deciso di non andare in alcun locale (dove la percentuale di rompiscatole spesso saliva), mi siedo in una panchina nella piccola e frequentata piazza centrale e dopo un po’ mi accorgo che un signore anzianotto che è seduto a fianco a me è proprio un musicista (non ci sono dubbi, ha una chitarra ai suoi piedi!) e vicino a lui ce ne sono altri 2. Tutti e tre in silenzio, mogi mogi (la Juve non c’entra). Iniziamo così a parlare e l’anziano musicista nero mi dice che …. continua a leggere qui >>
Set52008 La prima settimana cubana, passata a Santiago, la seconda città del paese situata a Sud (o ad Oriente, come chiamano qui tutta la parte meridionale dell’isola) mi lascia una sensazione amara che, alla fine della permanenza a Cuba, solo in parte si attenuerà.
Camminando per strada, con una riconoscibile faccia da turista, si è soggetti ad un continuo assalto di trafficoni di ogni tipo, tutti che recitano lo stesso identico copione iniziale:
– “Holà amigo, de que pais?” (Di dove sei?)
– “Italia”
– “Oh, Italia, che bello! E Italia di dove?”
– “Sardegna, una isola”
– “Ah, Sicilia, la mafia”
– “No, Sardegna, un’altra isola”
Poi un’altra manciata di domande:
– “Prima volta a Cuba?”
– “Ti piace Cuba?”
– “Che lavoro fai in Italia?”
– “………”
Finché, dopo un tempo variabile da pochi secondi a qualche minuto (a seconda dell’attenzione che gli si dedica), si arriva al dunque, il vero motivo dell’approccio: vendere qualcosa o spillare in qualsiasi modo qualche C.U.C. (moneta cubana “pregiata”).
Se son ragazzi, provano a vendere sigari (tutti, secondo loro, rubati dalla cugina che lavora in una fabbrica dello Stato, ma che poi quasi sempre sono fatti in casa, molto bene, ma… con foglie di banano!) o indirizzi di alloggi per dormire o ristoranti privati o tour turistici o taxi o marijuana o prostitute o banconote da 3 pesos con la faccia di Che Guevara (false) o chiedere i soldi per una bibita o per un “trago de ron” (bicchierino di rum) o per le sigarette o per il latte per il figlio o per il loro compleanno che è proprio oggi o “compagnia” alle turiste donne o cento altre scuse o, infine, solo soldi, senza scuse.
Se son ragazze, invece, sempre dopo la solita serie di domande iniziali, l’oggetto in vendita è il proprio corpo, a volte camuffato da vaghi “innamoramenti a prima vista”, oppure la bibita, sigarette, latte per la figlia, ecc di cui sopra.
Ok, dopo breve tempo li si riconosce subito e ci si comporta di conseguenza (pur se con il passar dei giorni con sempre meno sopportazione), ma il maggior fastidio era rappresentato da quelli che, anche se per breve tempo, inizialmente apparivano come semplici e normali incontri amichevoli, come capita in tanti altri paesi.
Un esempio.
Dopo tante serate, a Santiago, nell’ottima “Casa De La Trova”, dove ho assistito a splendidi concerti di gruppi musicali cubani (in genere “setteti”, 7 musicisti) con pubblico però costituito al 90% da turisti stranieri, una sera sono andato nella periferia della città dove c’era la molto meno battuta “Casa De Las Tradiciones”, piccola, senza insegne esterne, povera.
Entro. Pubblico pagante: 1. Io. Più tardi arriveranno altri 4 o 5 cubani, e solo un altro turista.
Mi siedo comodamente in prima fila in una sedia a dondolo, e inizia il concerto quasi privato. Salsa, son, cha cha, ottima musica, ottimi musicisti, zero turisti, birra ghiacciata in mano. Si può stare meglio?
E qui scatta il mio “errore” …. continua a leggere qui >>
Ago312008 11 anni fa venni a Cuba nel mio primo viaggio al di fuori della nostra ovattata Europa. Era anche il primo viaggio in un paese povero, che prepotentemente mi mise davanti agli occhi le condizioni di vita dei cubani e mi diede un’idea di come vive la maggior parte degli abitanti del nostro pianeta. Ben altri erano i problemi che qui ogni giorno la gente affrontava, che quando solo pensavo a quelli che invece avevamo noi in Italia, nella nostra vita quotidiana, mi sentivo… un idiota, oltre che un privilegiato. Aspetti certo già visti in tv o letti sui giornali, ma finché non si vedono di persona non ci si rende conto, non si capisce.
Era però per Cuba quello (1997) anche un momento terribile, credo il più duro dall’inizio della rivoluzione castrista che pose fine alla precedente dittatura del generale Batista (1959). Giunsi infatti a Cuba sul finir del famigerato “periodo especial”, un quinquennio di grave crisi economica iniziato poco dopo la caduta del muro di Berlino e lo sgretolarsi dell’Unione Sovietica. L’URSS infatti, dopo l’embargo americano verso Cuba che ne soffocava l’economia (che vige ancora oggi: embargo seguito alla nazionalizzazione e confisca di tutte le proprietà straniere – in maggioranza americane – da parte di Fidel Castro e Che Guevara, dopo la rivoluzione), era rimasto l’unico (ma notevole) partner commerciale: comprava la canna da zucchero cubana e forniva petrolio e aiuti vari. Anche (soprattutto) per motivi di guerra fredda.
Crollata l’URSS, i russi avevano altro a cui pensare che ai poveri cubani, e la già povera economia cubana crollò bruscamente.
Il presidente Castro impose pesanti restrizioni alla popolazione e ridusse la già misera razione giornaliera di cibo che lo Stato passava (e passa ancora oggi) ad ogni suo abitante.
Io con un amico, 11 anni fa …. continua a leggere qui >>
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