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Nov182007

Il rientro

Su un Boeing 747, 14.11.2007

“Mentre scrivo sono sopra l’Oceano Atlantico, diretto verso il Sud America…”.
12 mesi fa avevo iniziato così il primo racconto di questo lungo viaggio. Ora sono di nuovo sopra l’oceano (quello indiano) però sto tornando verso l’Italia, e dalla parte opposta. Mai tornare indietro è la regola principale del RTW. Colombo (e altri prima di lui) aveva ragione, la terra è proprio tonda! 🙂
Contrariamente a come temevo tempo fa, sono tranquillo, non sono spaventato dal rientro. Avete presente quella sensazione che si prova quando si è appena finito un normale viaggio (2-4 settimane) o anche una breve vacanza? Un misto di tristezza per la nuova esperienza ormai finita e timore per lo stress di riprendere a lavorare, per la solita routine di prima, etc etc? Bene, nulla di tutto ciò sto provando ora. Niente tristezza quindi ma neanche, nonostante un po’ di stanchezza, posso dire di essere stufo dei viaggi e di non vedere l’ora di rientrare a casa.

Semplicemente… sono soddisfatto.

Tutto è andato alla meraviglia, credo non sarebbe potuto andare meglio. Nessun grosso problema, o anzi solo uno: la scabbia. Nessun grosso furto (solo 5 euro a Rio De Janeiro), e ce l’ha fatta anche il vecchio laptop, comprato usato apposta per questo viaggio, che ho sballottolato intorno al mondo fra i pericoli di furto sudamericani, le scassate strade del Vietnam e le svariate tensioni elettriche dei paesi visitati.
Alla fine non è difficile viaggiare oggi. Certo, un po’ di esperienza in proposito mi è servita per prevenire brutte sorprese (per es. in sud America) o per ripianificare il viaggio verso la fine, quando il tempo mancava per andare in tutti i paesi programmati. Ma, ripeto, non è tutto poi così difficile, anche se si è trattato di un viaggio lungo. Credo da fuori lo si veda difficile, ma vivendolo vi assicuro che lo sembra molto meno. Tante persone, anche incontrate in viaggio, mi dicevano:”Complimenti, hai coraggio”. Ma perché coraggio? Questo veramente non lo capivo, soprattutto in Asia poi.

Però, come dicevo prima, alla fine un po’ di stanchezza la sentivo. E, insieme ad essa, la diminuzione dell’entusiasmo di andare a vedere un paese nuovo. Stava quasi subentrando una “routine da viaggio”, per quanto sembri impossibile. Si, ci vuole una pausa ora. In fondo, se all’inizio non ci volevo assolutamente credere, anche per me è successo ciò che mi avevano detto praticamente tutti i “giramondisti” che avevo incontrato in viaggio. A quelli che incontravo che erano alla fine del loro giro del mondo, la prima cosa che chiedevo sempre era se erano stanchi di viaggiare oppure, se fosse stato possibile, se avrebbero voluto continuare per un altro anno. Tutti mi dissero che erano stanchi (mentalmente) e che sentivano ora il bisogno di ritornare a casa, almeno per un po’.
Si, credo che anche per me sia successa la stessa cosa. So anche però che probabilmente non durerà molto, e magari dopo appena qualche settimana dal rientro, appena si riprendono i ritmi di prima, la nostalgia della “strada” tornerà.

“Tutto finito quindi?”, potrebbe dire ora qualcuno deluso?

No! Ho tante cose da fare nell’immediato, ed altre a lungo termine.
Le più importanti sono: lavoro, richiesta del “part-time verticale al 50%”, che tradotto vuol dire lavorare solo 6 mesi all’anno (che con le ferie diventano 5 mesi e una settimana) e poi 6 mesi in viaggio. Di conseguenza mi spetterà poco più di mezzo stipendio, che se può bastare per viaggiare (senza troppi lussi però), inizia a diventare strettino per vivere in Italia. Poi provare alcuni lavoretti online già individuati, per integrare il mezzo stipendio. I lavori online sono il lavoro perfetto per viaggiare, in quanto si possono effettuare da qualsiasi parte del mondo in cui ci sia una connessione internet.

Tutto ok quindi!

Ho ancora in mente (e nel cuore) i tanti sorrisi asiatici degli ultimi mesi, in particolare del Laos e Thailandia, e il “sanuk” tailandese (spiegherò in seguito cos’è) per lasciare spazio ad una qualche tristezza. Ora si rientra. C’è la nostalgia di rivedere i familiari e gli amici, e se ho festeggiato la partenza magari ora festeggio il rientro.

Insomma, “fiesta” sudamericana e “sanuk” thailandese!

Tutto questo riguarda le prime impressioni sull’immediato, sul rientro. “Sono sopra l’Oceano come un anno fa”, dicevo. Ma, a differenza di 12 mesi fa, ho tanto in più dentro di me. Meravigliose esperienze, sia felici che infelici, che quando solo ci penso mi scendono le lacrime, e poi tantissime persone conosciute molte delle quali tanto care ancora oggi, e con diverse delle quali sono rimasto in frequente contatto via MSN, e-mail o Skype.
Il resto delle considerazioni finali sul viaggio, quelle forse a cui tengo di più, le scriverò dopo aver aggiornato il blog su questi ultimi 4 mesi asiatici. Ora no, dovrei fare citazioni che, senza averle prima spiegate, non si capirebbero.

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Ringraziamenti

Voglio ringraziare veramente tanto chi mi ha seguito fin qui sul blog. E’ stata una felice sorpresa scoprire che tante persone, gran parte delle quali a me sconosciute, mi abbiano letto e magari anche scritto. Avendo creato sia il sito che il blog proprio all’inizio del viaggio, non sapevo come sarebbe andata a finire anche questa esperienza. E’ stato un altro viaggio insieme al viaggio, anche con il sito si conoscono persone nuove.

Veramente grazie di cuore! inchino

Prossimamente riporterò i racconti e foto degli ultimi 4 mesi, spero mi seguiate ancora. Insomma, il mio viaggio è finito ma i racconti ancora no. Non sarò in diretta come i primi mesi ma in differita, però l’Asia mi ha dato tante profonde emozioni e anche lezioni di vita che credo possano essere interessanti da leggere e anche, mi permetto di aggiungere, formative.

Ok, questo post l’ho scritto in aereo, sul mio diario, e ora lo pubblico dalla mia stanza, a casa, a Nuoro.

Si va avanti, tutto ok, tanto “sanuk”.
A presto! 😐

(Fine 1^ parte  –  La 2^ parte alla fine di tutti i “racconti”)

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Il Rientro

Aeroporto di Alghero, 365 giorni dopo

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Ott112007

Il sorriso asiatico

Nella via del ritorno, dalle Gili a Bali, si attraversa un tratto della grande isola di Lombok. Qui facciamo una breve sosta a metà strada per caricare altre persone (2 italiani de Roma!) nel pulmino. Mentre gironzolo qui e lì, scambio qualche chiacchiera con un negoziante lì vicino, che mi illumina su una bellissima usanza dei popoli asiatici: il sorriso.
Se nel mio primo viaggio in Asia, 3 anni fa, ero rimasto non solo sorpreso ma veramente sbalordito dalla facilità con cui gli asiatici sorridono con chi incontrano, conosciuti o sconosciuti che siano, avevo poi letto diverse interpretazioni su di esso che però non mi avevano mai convinto del tutto. Usanza, cultura, bla bla, forse tutto vero ma ancora sentivo di non aver capito.
Il commerciante, che nella sua vita e con il suo lavoro ha incontrato tanti turisti, mi parla di questo e mi dice:”Noi asiatici salutiamo con il sorriso, anche senza dire parole. Così come voi dite “Hello”, noi sorridiamo. E’ il nostro saluto”.

Caspita, semplice come l’acqua!

In effetti, pensandoci bene, è meglio un sorriso senza “hello” (o ciao o buongiorno nella versione italiana) che un “hello” senza sorriso. Dalle nostre parti al massimo si accenna il sorriso quando si saluta qualcuno, a meno che non sia qualcuno di particolarmente caro. Qui si fa con tutti, o quasi.
Ecco, ho trovato ora una spiegazione più razionale oltre che semplice, che mi permette di capire e quindi anche di saper utilizzare. Perché, oltre che piacevole, il sorriso è anche molto efficace!
Qui in Asia, quando si esce anche di poco dai percorsi turistici più battuti, la gente rimane incantata o perlomeno sorpresa quando vede un occidentale. Ciò capitava anche in America latina, ma qui in misura più grande. Siamo troppo diversi: altezza, faccia, naso e occhi, peli delle gambe. La gente si gira quando passo per strada, e i bambini con la loro istintività ancor di più. Sguardo fisso ed espressione di meraviglia. In quei momenti si sente tutta la distanza fra “noi” e “loro”.
Distanza che in sud America non si sente tanto perché siamo più simili.
Distanza che è anche piacevole perché ti fa sentire al centro dell’attenzione di tutti, quasi un “Re” per alcuni momenti.
Distanza che però rimane appunto una “distanza”, e quindi solitudine.
Ecco allora che entra in gioco il sorriso. Un sorriso al momento giusto e si rompe il ghiaccio, la solitudine scompare, perché davanti ad un sorriso il DNA asiatico ha l’informazione di rispondere con un sorriso, almeno 9 volte su 10. Dopodichè si può anche parlare, o andare via. Non importa, per quell’attimo c’è stato uno scambio fra questi due esseri che fanno parte di mondi molto diversi, e per quell’attimo la distanza è stata più breve.
Alcuni giorni fa una ragazza vietnamita mi ha detto:”Il sorriso avvicina le persone, anche quando sono sconosciute”.

Parole sacrosante, quasi un undicesimo comandamento!

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Sorriso asiatico (Sapa)

Sorriso asiatico (Sapa)

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Set282007

STOP al blog!

Ebbene si, credo che devo sospendere il blog, o perlomeno ritardare (ancor di più) il suo aggiornamento. La settimana scorsa avevo già deciso di sospendere le gallerie di foto, che fra tutti i lavori del sito e del blog sono quelle che necessitano di più ore di lavoro per la loro sistemazione, correzione e pubblicazione online.

Stop foto fino al mio rientro in Italia! Magari ne pubblico qualcuna in più nel blog.

Ma ultimamente mi sta mancando il tempo anche per completare i vari racconti. Tutti gli appunti sono scritti nelle pagine del mio quaderno, pronti ad essere trasformati in storie leggibili. Tutto “salvato” per non perdere nessun ricordo. Manca solo una cosa: il tempo.
Ora che sono nell’undicesimo mese, sto cercando di utilizzare ogni singolo momento per godermi la parte finale del viaggio. Ma, più della fine del viaggio, ciò che di nuovo c’è ora è che sono entrato nel vero cuore dell’Asia, il magico sud-est. Qui ogni momento e in ogni luogo c’è qualcosa da vedere, conoscere, scoprire, in una sola parola: vivere.

Solo ieri, una grigia giornata piovosa nelle montagne del Nord Vietnam, si è trasformata in un’altra giornata per me memorabile. Finiti i soldi, ho dovuto affrontare un viaggio di un’ora, sotto la pioggia incessante, in moto. Problemi di carta di credito. Se son partito maledicendo la mia Master Card che qui non funzionava, a metà strada ho iniziato a benedirla per avermi fatto fare quell’imprevisto viaggio. Perchè? A suo tempo lo scriverò, ma al rientro ero quasi commosso.

Fra gestione del sito, racconti del blog, foto, mail alle quali rispondere, le ore dedicate al pc stavano diventando troppe, per cui ora devo sospendere. Così come ho deciso di tagliare dal viaggio gli ultimi due paesi, India e Nepal. Non c’è tempo, e le corse non mi piacciono.
Se avanzeranno ritagli di tempo continuerò i racconti da qui, se no quando torno in Italia. Mi manca da inserire l’ultima puntata di Bali, con il racconto dell’ora trascorsa a chiacchierare con un contadino nella sua casupola di campagna. Lui non parlava inglese, io non parlavo indonesiano, siamo riusciti a comunicare lo stesso. E poi Giacarta e le bat-girls, Singapore con i suoi shopping center uno dietro l’altro, il mese trascorso ad Hong Kong fra salsa e primi “assaggi” di Cina, poi la vera Cina con i suoi problemi di comunicazione ma con la tanta curiosità dei suoi abitanti, ed infine il Vietnam con la capitale Hanoi, la Unesco-baia di Halong Bay e i monti del Nord con le sue etnie Hmong che, sembra paradossale, non parlano vietnamita (hanno una loro lingua propria) ma parlano un buon inglese, imparato dai turisti mentre gli vendono i loro manufatti.

Le prossime tappe saranno Laos, Thailandia del Nord e, se la situazione non peggiora ulteriormente (in tal caso non mi concederanno il visto), il Myanmar. Anzi la Birmania, il vero nome del paese.

Un ciao a tutti!

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Bambina Hmong

Bambina Hmong

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Ha, bambina Hmong

Ha, bambina Hmong

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Set182007

Le isole Gili

Del lungo spostamento da Ubud verso le isole Gili, un’intera giornata, ricordo in particolare le due orette intorno al tramonto. Non la mattina, passata in un piccolo autobus con sedili “a norma” asiatica (quindi di dimensioni ridotte, taglia “S”) e passeggeri “a norma” occidentale (quindi di taglia L o XL). Leggasi: stipati come sardine! Non il lungo pomeriggio nel traghetto “intercontinentale” (poi spiego perché) per raggiungere Lombok, passato a dormicchiare dentro la barca mentre la maggior parte degli altri passeggeri, in particolare quelli di sesso femminile, si abbrustolivano nella terrazza in alto, sotto il cocente sole tropicale (non capirò mai questo auto-sadomasochismo).

Rimarrà invece per me memorabile quando, appena il sole era abbastanza basso da non dare più fastidio, sono uscito fuori dalla mia buia tana e mi sono appollaiato in una panchina su un lato della barca, lo stesso lato in cui c’era un sole che aveva già iniziato la variazione cromatica dal giallo = caldo terribile = fastidio, al rosso = tepore piacevole = riflessioni varie. Dei 5 sensi che abbiamo, se si riesce a raggiungere il top su almeno 2 nello stesso momento, si sta divinamente. E così, con il mio piccolo lettore mp3 ho cliccato “play” sulla mia musica preferita proprioi mentre la natura aveva già cliccato “play” sul film che mi avrebbe tenuto 2 ore incollato alla panchina. Se la vista del mare, con la sua immensità e colore, è già di per se piacevole in ogni momento, abbinata ai colori del tramonto lo diventa ancor di più. 🙂

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Isole Gili: Tramonto Wallace

Tramonto sulla linea di Wallace

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In tarda serata, quando ormai è già buio, arrivo così in Oceania. Già, perché il canale di mare fra Bali e Lombok, la cosiddetta “linea di Wallace”, segna il confine geografico e biologico fra Asia e Oceania. Ma niente paura, non sto tornando in Australia. Trascorro invece una settimana fra le isole Gili, vicine alla più grande isola indonesiana di Lombok: Gili Trawangan, più turistica e dotata di tanti hotel, ristoranti, bar e negozietti, e Gili Meno, più piccola e selvaggia, solo natura e pochi hotel/ristoranti, zero vita notturna, silenzio e solo rumore delle onde. Niente asfalto in tutte e due, solo strade di sabbia o terra (si può girare scalzi!). Entrambe dotate di spiagge stupende e bianchissime, in quanto c’è la barriera corallina vicina, con l’acqua del mare che qui, udite udite, raggiunge la trasparenza del mare sardo.

E come si misura?

Ecco un semplice “test di misurazione trasparenza acqua marina”. Entrate in acqua fino …. continua a leggere qui >>

Set132007

Il rientro si avvicina…

Ebbene si, devo cambiare la foto qui sopra. Alcuni giorni fa ho confermato (e spostato) il volo di rientro. Insieme a quello ho spostato gli ultimi 2 voli e cosi’, alla fine, su 8 voli (escluso il primo) prenotati prima della partenza la maggior parte li ho tutti spostati. Solo quelli di uscita dall’Australia e Nuova Zelanda, piu’ un paio d’altri, non li ho spostati.

Chissa’ perche’! 😉

Rientro il 14 novembre in Europa (Londra) e il 15 in Sardegna, dopo un giorno e notte in un aeroporto di Londra. Il primo volo a prezzi (per me) decenti era la mattina dopo (26 euro) e, visti i costi della carissima capitale inglese, non e’ il caso di muoversi dall’aeroporto. Respirare il meno possibile e dormire in una panchina, all’interno. 🙂

Mi consola il fatto che mi rimangono ancora delle interessantissime tappe: Laos anche se per poco, Thailandia al confine con il Myanmar (in un centro di rifugiati birmani) e Myanmar, in un altro centro analogo. Piu’ varie ed eventuali, come al solito.

E da domani, qui ad Halong Bay, mi aspettano tre giorni di escursione in barca in giro fra gli oltre 3000 isolotti della zona. Costo al giorno: 25 euro, compresa barca, vitto e alloggio. Mi costa quasi meno che stare chiuso in un hotel ad Hanoi senza fare niente. Saro’ con altri turisti anziche’ con i pescatori che ho provato a cercare, ma di meglio non son riuscito a fare.

Ok, meno 2 (mesi) al rientro. Sigh! 🙁

E’ tutto, ciao!

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Set102007

Ubud, il cuore di Bali

Con la sua posizione più centrale rispetto a Kuta, Ubud è un ottimo punto di partenza per le varie visite ai luoghi più interessanti dell’isola. Poi con il motorino è una favola! E’ un vero piacere percorrere le stradine dell’isola in moto, oltre che economico. Qui a Bali lo scooter mi sta piacendo così tanto che, quando torno in Italia, credo sarà il mio futuro mezzo di trasporto (se non un’ancora più economica bici) anziché un’altra auto.
Unico neo: a Bali per guidare ci vuole la patente internazionale, che non ho. E inoltre si guida a sinistra, il che rende gli incroci un po’ più complicati. Se poi aggiungo l’assicurazione che non ho voluto acquistare (costava 1 euro in più al giorno), qualche rischio non manca neanche qui.

Dopo aver visitato la locale “Monkey Forest”, un parco in mezzo alla città con 3 piccoli templi e tante scimmiette intorno, con la mia bella Honda nera un giorno mi avvio verso il maestoso Pura Besakih, il tempio Indù più grande di Bali, ad una cinquantina di chilometri verso nord.
Dopo una mezz’oretta di viaggio però, subito dopo una curva, c’è una sorpresa che mi aspetta: un grande posto di blocco della polizia! Ci sono almeno 7 od 8 agenti che stanno fermando tutti i motorini. Cerco di temporeggiare facendo finta di non capire (il poliziotto parla malissimo inglese) ma il mio trucchetto ha vita breve.
– “Driving license, please”
– “Ehm… I left it in my hotel (l’ho lasciata in hotel)”.

Naturalmente non ci crede e, con la faccia da poliziotto duro asiatico che, rispetto alle facce da poliziotto duro sudamericano fa molto meno paura, facendosi aiutare da un altro poliziotto che parla meglio l’inglese emette la mia sentenza, pur se sono senza avvocato, con due diverse opzioni a mia scelta:
– sentenza n° 1: sequestro immediato della moto (e conseguente rientro a piedi per i 20 Km già percorsi) e processo la mattina dopo in tribunale in una città non tanto vicina, Bangli;
– sentenza n° 2: multa di 100.000 rupie (8 euro) da pagare subito.

Anche qui in Indonesia quindi, come in sud America, c’è sempre un’opzione “b” che mette tutti d’accordo. Qualche soldo (che si intascano loro) che alla fine anche a me conviene. La patente internazionale in Italia mi sarebbe costata molto di più (se non ricordo male quasi un centinaio di euro).

Superato il primo intoppo, che comunque un po’ di timore me l’ha creato, mi avvicino ancor di più al grande tempio e mi accorgo che dev’essere una meta frequentatissima dai turisti (incontro infatti diversi pullman pieni). In una sosta lungo la strada, davanti a delle bellissime risaie, appena scendo dalla moto saltano fuori diversi venditori ambulanti che mi circondano. Un tipo, particolarmente insistente, mi vuole vendere una bella scacchiera di legno con le pedine intersiate a mano, per 10.000 rupie (meno di 1 euro). Molto molto bella ma… dove me la metto? Un’altra cosa bella del giro del mondo è che si è liberi dalla tentazione di comprare souvenir, come mi accadeva in passato nei viaggi di un mese, perché poi non ci si può portare dietro la roba per mezzo mondo. Ma se riesco a superare questo rompi…. ehm, questo venditore insistente, ci casco poco dopo con un’altra che mi rifila una (bella) magliettina per 20.000 rp (1,5 euro).
Riparto, deciso a non fermarmi più finché non arrivo alla “terra santa” (il tempio) ma… STOP! Ad un incrocio mi ferma una guardia: devo pagare 5.000 rp di tassa governativa perché sto per passare davanti ad un bel lago. Ok, il panorama è bello, ma io non son qui per il lago.
Pago e riparto, arrivo finalmente al tempio e…. STOP! Tassa d’ingresso, 10.000 rp. Ok anche qui, c’è in tutti i templi più grandi.
Pago, mi avvio verso l’ingresso, ma…. STOP! Non si può entrare senza il sarong (un pareo maschile). Se in tutti i templi in cui son già stato lo prestavano, qui lo vendono o lo noleggiano. Scelgo il noleggio, 10.000 rupie. Uff, acc, grunt!
Metto il sarong, mi sposto e…. STOOOOOOP!! Ma che cavolo c’è ora???? E’ obbligatoria la guida per entrare, e qui le guide si sono associate in cooperativa.
– “Ma io la guida non la voglio”, gli dico.
Se dovessi farmi accompagnare da una guida in ogni tempio dove entro…. Ma niente da fare, qui ci vuole per forza e sono irremovibili, al punto che me ne assegnano una gratis, la quale poi mi chiede comunque un compenso. 20.000 + 5.000 rp di mancia involontaria (cioè su richiesta).

Riesco così, finalmente, …. continua a leggere qui >>