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diario di viaggio in colombia: parte terza

 

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PARQUE NACIONAL TAYRONA

Dopo un paio di giorni di tranquillo relax “marino”, programmo di andare a visitare il vicino Parque Nacional Tayrona, bellissima zona verde costituita da una fitta foresta pluviale che gradatamente discende da una zona collinare fino alle bianche (finalmente!) spiagge, ombreggiate da palme da cocco, che arrivano fino a pochi metri dal mare. Ci si arriva prima in pulmino, poi con un fuoristrada ed infine a piedi o a cavallo.

Decido così di partire martedì mattina ma lunedì sera, mentre gironzolo nella via centrale di Taganga, mi ferma un ragazzo conosciuto qualche giorno prima il quale mi propone di andare al parco con lui, che è una guida. Midiario di viaggio colombia propone un’escursione che lui definisce “naturalistico-culturale-antropologica”, che comprende una visita al Museo Tayrona di Santa Marta, trekking di 4 ore attraverso la foresta, incontro e pernottamento con una famiglia di indios e infine 2 giorni di permanenza nelle spiagge. Il prezzo? Offerta libera, più le spese! Non posso non accettare, l’escursione assume ora tutto un altro valore rispetto alla sola escursione naturalistica che avevo programmato. Devo però aspettare 2 giorni, in modo da andarci insieme a Christopher, una ragazzo svizzero conosciuto stamattina che vuol venire anche lui. E via, anche questa volta piani rivoluzionati all’ultimo momento!

Luis, la nostra guida “per caso”, è un personaggio particolare. E’ appena uscito di galera, dove è rimasto per 4 mesi a causa di una canna di marijuana che la polizia gli ha trovato in tasca. In Colombia è vietata ogni tipo e quantità di droga, anche quella per uso personale e la polizia, piuttosto che perseguire i trafficanti (che sono molto potenti e quindi pericolosi) si accanisce con chi la usa (turisti compresi). Per non rinchiuderli in galera chiede cospicue tangenti, chi invece non ha i soldi per pagarle finisce dentro. Come Luis.

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Partiamo così giovedì mattina io, Luis, Christopher e le due ragazze conosciute sabato, Helen e Andrea.

Prima tappa il Museo Tayrona, nella vicina città di Santa Marta.

I Tayrona erano i più evoluti fra i popoli indigeni precolombiani ma furono anche la prima comunità che gli spagnoli incontrarono al loro arrivo in Sud America. Essi rimasero talmente sorpresi dalle loro ricchezze che, per non correre il rischio di perdere qualcosa, li massacrarono tutti. Iniziò così una ossessiva ricerca dell’oro che diede luogo anche alla nascita della leggenda dell’El Dorado, mitico “cimitero” di oggetti d’oro che, tutt’oggi, non è mai stato trovato.

Dopo un frugale spuntino (alcuni pezzi di salsiccia fatta con chissà quale carne e cubetti di arepa calda, cioè frittelle di mais) compratodiario di viaggio colombia in una bancarella del caotico e non certo profumato mercato, facciamo un salto in un market per acquistare il cibo per la cena di stasera. Per ricambiare l’ospitalità degli indios infatti gli offriremo la cena. Poi via, 4 ore diario di viaggio colombiadi cammino faticosissimo. I tre quarti della strada sono in salita, in mezzo alla foresta, con più di 30° di temperatura ma, quel che è peggio, con un’umidità altissima. Arriviamo praticamente fradici al villaggio.

 

- ANCHIGAAAA!

- ANCHIGAAAA!

Questo è il saluto in lingua india che Luis urla da lontano per avvisare gli indios del nostro arrivo. D’altronde il telefonino loro non ce l’hanno e neanche l’e-mail, per cui non sanno nulla del nostro arrivo.

Il minuscolo villaggio è costituito da appena tre capanne con tetto di paglia, poste accanto ad un ruscello. Ci sono due uomini giovani, uno anziano, due ragazze (già con prole!), una donna più grande e 5 o 6 bambini. Sono tutti vestiti di bianco. Solo gli uomini parlano spagnolo e accettano di parlare con i “forestieri” come noi. I bambini e le donne parlano solo la loro lingua india, e queste ultime sono in generale meno disponibili ai contatti con altre persone.

diario di viaggio colombiaLuis viene salutato e accolto da tutti con gioia. E’ da più di 4 mesi che non viene a trovarli (causa la galera!) e ci fa presente che lui è l’unico al quale gli indios permettono di restare nel villaggio e dormire anche quando viene con turisti. Le altre guide, e gli altri turisti che passano qui nel parco, sono tollerati solo per brevi visite, poi devono andare via. Quando infatti (il giorno dopo) chiedo ad uno dei due uomini se le visite dei turisti diano loro fastidio, lui ammette di si perchè questi fanno sempre tante domande, tante foto, li guardano continuamente, etc. D’altronde il loro piccolo villaggio si trova proprio al centro del parco per cui di turisti ne passano spesso.

Ma per noi è un po’ diverso. Siamo venuti con un loro amico e per di più abbiamo portato 4 bustoni di viveri. Ce n’è per la cena di stasera e ne avanza pure per qualche altro giorno.

Luis ha anche la bella idea di portare un piccolo mappamondo ai bambini, per fargli vedere come è fatto il mondo e da dove veniamo noi e gli altri turisti che passano qui. In effetti di scuola non ne ha mai fatta nessuno di loro e televisione non ne hanno, tuttavia le notizie più grosse arrivano anche qui, come ad esempio sullo Tsunami in Oriente.

Dopo un po’ iniziano i preparativi per la cena. Code di serpente, lingua di tartaruga, cuore di macaco, cosa pensate abbia mangiato in questo villaggio in mezzo alla foresta, dove gli indios vivono come qualche secolo fa? Spaghetti alla bolognese!!

Luis infatti ci spiega che gli indios vanno matti per la pasta per cui inizia a preparare il ragù. Bè, almeno ho potuto spiegargli che quel piatto era originario del mio paese.

Dopo aver cotto gli spaghetti al dente, mette il tappo alla pentola e li lascia a mollo nell’acqua calda per più di mezz’ora, in quanto deve ancora preparare il ragù. Comunque alla fine saranno ottimi (c’era anche molta fame, però!).

 

 

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Dopo cena i due uomini ci fanno un piccolo concerto con due strumenti a fiato e una maracas, durante il quale assaggiamo... le foglie di coca! Sono pochine per avere un qualsiasi effetto stupefacente, ma è giusto per sentire il sapore. Sono secche, vanno masticate un po’ per farle ammorbidire e poi si tengono fra la guancia e le gengive, come i criceti!

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Vicino a me ci son Luis ed Helen che parlottano un po’ dei fatti loro. Lavoro, vita di tutti i giorni, etc. Quando Helen gli dice che a breve, per lavoro, si dovrà spostare in una cittadina più a Nord, Luis le risponde abbassando di molto il volume della sua voce. La cosa però attira ancora di più la mia attenzione. E’ dai discorsi che la gente locale tiene fra di loro che spesso si conosce molto di più di un paese di quanto non ci venga raccontato (a noi turisti) direttamente. Questo perchè spesso le informazioni che “volontariamente” ci vengono riferite sono filtrate dall’occasionale convenienza o interesse che possono avere verso il turista.. Luis le dice che quella zona era in passato pericolosa per la presenza dei paramilitari dell’AUC, ed Helen gli replica che ora è anche peggio. Ha parlato da poco con un suo amico appena rientrato il quale le ha detto che, periodicamente, i paras stanno riprendendo a fare la “limpieza”, cioè pulizia. Di che cosa? Di quelli che loro ritengono “pesi” o meglio “rifiuti” della società. E cioè i barboni (che infatti in Colombia vengono chiamati “desechables”, letteralmente “vuoti a perdere”; la scritta “desechable” compare nelle bottiglie della Coca Cola), gli omosessuali, i piccoli delinquenti. I paras girano in borghese, e quando trovano un barbone che dorme in un angolo della strada lo pestano oppure gli sparano direttamente un colpo in testa. Per questo la notte i desechables cercano di stare svegli e di dormire solo di giorno.

Luis poi le dice che da poco si è comprato un nuovo vestito, non certo per il gusto di farlo ma per evitare proprio i problemi della “limpieza”, visto che anche lui talvolta dorme per strada. Il vestito nuovo praticamente è il suo “lasciapassare” per poter dormire o circolare per strada più tranquillamente.

Non intervengo nell’argomento solo perchè ho notato che parlavano a voce bassa, forse per timore (o vergogna) che noi stranieri veniamo a conoscenza dell’inferno che si nasconde in questo apparente paradiso.

 

La notte dormiamo in una capanna che i guardiaparco hanno affidato in custodia agli indios. – Ma – ci avverte l’indio – domani mattina dovete uscire presto, c’è il pericolo che arrivino le guardie e non è permesso entrare in quella capanna -.

La mattina dopo ci alziamo alle 6,30 e alle 7, appena mettiamo il piede fuori, incontriamo un guardiaparco che ci sgrida per benino (soprattutto a Luis) e che poi va a lamentarsi anche con gli indios. Per sistemare tutto ci tocca pagare la tassa d’ingresso nel parco di 20.000 pesos che finora avevamo evitato. Poi salutiamo tutti e ci avviamo verso la spiaggia, incontrando nel tragitto diversi resti della città precolombiana “Pueblito”.

 

 

 

 

IL MARE

 

La spiaggia (Cabo San Juan) è bellissima. Sabbia bianca e belle palme da cocco. In acqua ci sono anche tante rocce di granito levigate dal mare, che ricordano tanto quelle del Nord Sardegna. In più c’è un piccolo campeggio dove si può affittare un’amaca a 5000 pesos a notte (1,60 euro), servizi con WC e doccia (senza lavandini) e un piccolo ristorante bar. Nient’altro, solo natura intorno. Che dire, il pernottamento più economico di tutta la Colombia mi capita proprio in un angolo di paradiso. Meriterebbe senz’altro più giorni, ma ormai il mio tempo è quasi scaduto e dopodomani inizia il viaggio di rientro.

diario di viaggio colombiaLa notte ci uniamo ad un gruppo di ragazzi che son accampati vicino alla spiaggia, davanti ad un bel fuoco. Ci son due giocolieri colombiani che fanno volteggiare torce accese, ci son due ragazze europee (Olanda e Francia) che sono in viaggio anche loro da sole, due guide turistiche (due ragazzi di Santa Marta) e noi 5. Helen mi sorprende quando prende le due torce e inizia anche lei a farle volteggiare. Mi spiega poi che ha imparato grazie al suo lavoro di artigiana ambulante, che la porta spesso in contatto con artisti da strada.

diario di viaggio colombiaCi offrono il mate, bevanda argentina simile ad un thè forte, e poi rum. Sono tutti gentili, infatti non c’è l’ombra di un israeliano! Per ricambiare vado al bar e prendo altro rum, che qui vendono in brick da 1 litro. Inutile dire che del rum non ne rimarrà neanche una goccia. Inutile anche dire che poi non c’è voluto molto tempo per prendere sonno, con grande gioia delle 44.000 zanzare che, in fila per sei col resto di due, mi hanno punto ogni centimetro di pelle scoperta e non, arrivando anche a pungere attraverso i jeans. Riporterò così integra in Italia la mia bella bomboletta di OFF spray (repellente per insetti) felice di aver attraversato mezzo mondo senza essere stata neanche aperta.

Il giorno dopo, sabato, si rientra.

Non potevo trovare luogo migliore per concludere il viaggio colombiano. E pensare che la settimana scorsa, a Cartagena, un ragazzo italiano che vive lì da alcuni anni mi sconsigliò fortemente di andare al Parque Tayrona. Diceva che l’anno scorso la guerriglia aveva sequestrato un gruppo di turisti. Bah, anche questa volta il non ascoltare gli avvertimenti allarmistici che abbondano sulla Colombia mi ha permesso di scoprire un posto incantato.

 

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Nell’ultimo tratto il pullman viene fermato ad un posto di blocco. Sale un militare armato fino ai denti e ordina agli uomini di scendere. Embè, e le donne perchè no??

Giù solita perquisizione con le mani in alto poggiate al bus, che però questa volta furbescamente riesco ad evitare mettendomi alle spalle del militare che sta “palpando”. Ma poi al controllo documenti vengono trattenute solo due persone fra tutti i passeggeri: Christopher e io! Lui non ha il passaporto, io invece ce l’ho ma in fotocopia. Ma come, non si capisce che siamo due semplici turisti, con le facce e gli abiti da turisti? Ma il militare, con la faccia e l’abito da militare, non è convinto e si consulta con il comandante. Poi forse vedono come siamo conciati e capiscono che di soldi non ne dobbiamo avere tanti appresso, e ci lasciano andare.

Risalgo sul pullman e trovo posto a fianco di un uomo che ha in mano un pollo vivo, tenuto per le zampe a testa in giù. Il pollo è tranquillo, sembra ormai rassegnato al suo prossimo futuro culinario ma, ogni tanto, ci ripensa e prova a ribellarsi, starnazzando. Dall’altro lato del mio sedile c’è una ragazza francese che si impietosisce per la bestiola e inizia a protestare verso il “señor colombiano”, il quale però la ignora completamente. Lei allora ci prova un’ultima volta dicendogli che non può tenerlo così, perchè è una tortura. L’uomo allora si gira e, pacatamente, gli risponde: – No es una tortura, es una comida! – (Non è una tortura, è una cena). Tutti quelli vicini iniziano a ridere, io compreso. La francesina dal viso candido incassa la sconfitta e non apre più bocca, consolata dal suo ragazzo (colombiano) che ogni tanto ci ripensa e si mette a ridere anche lui!

 

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IL DENTISTA-PIZZAIOLO

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Oggi è sabato, e di notte è immancabile una visita al “Garaje”, l’unica discoteca qui a Taganga. Ho l’occasione per  salutare le tante persone che in questa settimana ho conosciuto. Prima faccio un salto a provare le pizze che Junior, un ragazzo conosciuto una notte in discoteca, prepara ogni sera nella sua mini casa-pizzeria.

La pizzeria è costituita da un monolocale dove c’è un letto in un angolo, un divanetto e due sedie in un altro angolo, un tavolino al centro dove prepara le pizze, un frigo da un’altra parte e il bagno. Fuori invece c’è il forno, un cubo di metallo dove cuoce le pizze, a gas. Junior è di Bogotà e ha studiato per diventare dentista. Finiti gli studi, iniziò la professione nella capitale, ma si aprì anche un’agenzia di assicurazioni con un altro socio, che gli rendeva molto. E lavorava tanto. Troppo! Decise così di mollare tutto e andare a vivere nella costa. Ora fa l’istruttore sub e, le sere, il pizzaiolo.

Sembra una delle storie che ho sentito tante volte in giro per il mondo, quando incontro persone “occidentali” che si son stufate della nostra vita frenetica e hanno piantato tutto per andare a vivere con più serenità. E’ molto raro invece sentirlo dire da un sud-americano che prima guadagnava tanto. Bravo Junior, ottima scelta. E la pizza è anche buona! – Esame superato – gli dico – la tua pizza è piaciuta ad un italiano! –

Gli altri clienti presenti, sentendomi, si compiacciono anche loro con Junior. Eh... gli stereotipi italiani son conosciuti in tutto il mondo!

 

Domenica ultimo “pargo a la plancha con patacones” (pesce alla piastra con banana fritta) e birra Poker, nel ristorantino-capanna in spiaggia, con salsa/merengue/vallenato di sottofondo e piedi sotto la sabbia!

 

Adiòs, Colombia! Y... suerte!

 

 

 

 

 

INFORMAZIONI PRATICHE  (1 Euro = 3020 pesos)

 

VIVA L’EURO!!

Anche in Colombia, con l’euro in tasca si diventa dei Paperon De Paperoni !

 

HOTELS

-          Bogotà. Hotel El Dorado, quartiere La Candelaria (centro città), carrera 4 n° 15: 18000 pesos la singola, 25000 la doppia, con bagno, acqua calda (un filino) e TV malandata.

-          Cali. Guest House Iguana, calle 21: posto letto 14000 pesos, stanza doppia 20.000 pesos, con ventilatore e bagno in comune.

-          Salento. Hosterìa Calle Real, carrera 6: 25000 la singola, con bagno, tv e ventilatore (fa freddo, non c’è bisogno).

-          Medellin. Hotel Plaza, parque Bolivar: 17000 pesos stanza matrimoniale con bagno, ventilatore e tv.

-          Bucaramanga. Hotel Balmoral, carrera 21 n° 34: stanza doppia 15000 pesos, con ventilatore, tv, bagno e acqua calda.

-          Cucuta. Hotel Internacional, calle 14 n° 4: stanza doppia 15000 pesos, con ventilatore e bagno in camera.

-         Cartagena. Hotel holiday, calle De La Media Luna n° 10: 8000 pesos stanza (un buco!) con letto singolo e ventilatore, bagno in comune.

-        Taganga. Casa Blanca, carrera 1 n° 18 (davanti alla spiaggia): posto letto in camera doppia 15000 pesos, con ventilatore e bagno. Caldo a volontà ma vista fantastica.

 

RISTORANTI

Comida corriente, cioè pasto comune costituito da una minestra con pezzi di verdura, un secondo piatto con riso bianco, un pezzo di carne o pesce, fagioli o lenticchie, patate, insalata e banana fritta, oltre ad un frullato di frutta: 3500-4000 pesos, cioè 1,20 euro.

Oppure Churrasco, cioè bistecca di bovino con patate fritte e insalata, a 6000 pesos (2 euro).

1 bottiglia di birra piccola, 1500 $ (0,50 euro).

Per la strada, 1 bicchierone di plastica con cubetti di frutta appena tagliata e stecchino: 500 pesos (16 cent/euro) – frutta a scelta fra mango, papaya, ananas e anguria. Slurp!

 

INTERNET. 1 ora a 1500-2000 $ (0,50-0,70 euro).

 

TAXI. Nelle grandi città usano il tassametro, per cui non bisogna contrattare. Nei piccoli centri invece niente tassametro e quindi si contratta. Costo in città: circa 1-2 euro in centro, 3-4 per la periferia.

 

TELEFONO. Dai centri di telecomunicazione: per l’Italia, 800 pesos al minuto per i fissi, 1200 per i cellulari.

 

AUTOBUS

Bogotà – Cali: 45000 pesos (normalmente 12 ore, con autista kamikaze 10 ore!).

Cali - Armenia: 15000 pesos, 4 ore.

Armenia - Medellin: 27000 pesos, 6 ore.

Medellin – Bucaramanga: 57000 pesos.

Bucaramanga – Cucuta: 25000 pesos, 6 ore.

Bucaramanga – Cartagena: 62000 pesos, 12 ore.

Cartagena – S. Marta: 17000 pesos, 4 ore.

S. Marta – Taganga: 800 pesos, 15 minuti (taxi 5000 pesos).

Santa Marta – Bogotà: da 55000 a 90000 pesos, a seconda della compagnia, 12 ore.

 

(*) Fonti e links “indipendenti” per approfondimenti sulla situazione politica:

             www.narcomafie.it

             www.warnews.it

 

             Siti blog del povero Enzo Baldoni:  http://ribelli.splinder.com  e  http://ribelli2.splinder.com

 

 

 

 

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