Superato il problema alloggio, sono ansioso di cercare di inserirmi in questa società cinese che, nel bene e nel male, tanto ha fatto parlare di sé nell’ultimo decennio, curiosissimo di scoprire più di quel che so. E questo inserimento e studio ad Hong Kong è meno complicato del resto della Cina, sia per il fatto che qui molte persone parlano inglese e sia perché i costumi di vita locali, a causa della passata ma comunque recente colonizzazione inglese, sono un po’ più simili ai nostri occidentali.
Le prime grosse (ma simpatiche) differenze culturali si riscontrano quando si va a mangiare. Qui, come in gran parte dell’Asia, a tavola si usano le bacchette, anche se quasi sempre ci son disponibili anche le nostre care posate. Imparare ad usare le bacchette non è poi difficilissimo; il problema del ritardo con cui ho imparato è dovuto al fatto che all’inizio ci vuole un po’ di pazienza e di pratica per cui, quando si ha fame e si ha davanti un ottimo e succulento piatto fumante che aspetta solo di essere mangiato, la pazienza finisce rapidamente, si buttano via le bacchette, si prende la prima forchetta vicina e si rimanda l’allenamento al giorno dopo!
Finché una sera un’amica cinese, conosciuta in una discoteca di salsa, mi ha insegnato una regola semplice ma basilare: si deve muovere solo una bacchetta, l’altra rimane ferma, di appoggio.
Nel ristorante dove vado ogni giorno si divide spesso il tavolo con altri clienti (come scrivevo nel precedente post, lo spazio è molto importante ad Hong Kong) il che mi permette sia di scambiare qualche chiacchiera con i miei vicini, sia di scoprire altri interessanti aspetti locali.
E così un giorno, mentre ero beatamente seduto a tavola assaporando con piacere il mio piatto preferito, i Singapore noodles (spaghetti di riso con verdure cotte, gamberetti, uovo, salse), si siede di fronte a me un signore cinese che ordina una zuppa con spaghettini, brodo e pezzetti di ali di pollo.
In tutti i paesi asiatici dove si usano le bacchette, il coltello a tavola non esiste. Il coltello sono i denti. Di solito tutti i cibi son tagliati dal cuoco in pezzi piccoli (le bistecche, infatti, non esistono), ma se proprio c’è qualche pezzo di cibo grande, questo si porta in bocca con le bacchette, e poi con gli incisivi si taglia.
Il simpatico signore rosicchia così le ali di pollo, sputando poi gli ossi sopra il tavolo, poi beve il brodo facendo sentire bene come lo aspira dal cucchiaio, infine poggia le bacchette, apre la bocca e…. BROOOTT! Grande rutto finale a bocca aperta! 😮 …. continua a leggere qui >>
Hong Kong, 1.08.2007: sono sotto la doccia, l’acqua è fredda ma… sto sudando! Provo a rimanere di più sotto l’acqua, ma è anche peggio. Meglio asciugarsi in fretta e rientrare in camera, dove c’è l’aria condizionata, accesa 24 h su 24. Qui in bagno invece non c’è.
Hong Kong è la città più calda e afosa (in questa stagione) dove son mai stato. Ha superato Puerto Ayacucho (Venezuela) e Manaus (Brasile), città che si trovavano in testa alla mia personale classifica di città più calde del globo, fra quelle visitate.
Il caldo per strada è insopportabile, ho un’autonomia di massimo un’ora e poi devo entrare da qualsiasi parte ci sia aria condizionata (per fortuna onnipresente). E dentro il palazzone di 16 piani dove abito, nella centrale Nathan Road, è ancora peggio perché nel suo interno cavo (ha una grande luce a cielo aperto dove passano i corridoi dei pianerottoli) ci sono centinaia di dissipatori di calore di condizionatori che emanano aria caldissima, alzando ancor di più la temperatura.
Insomma, se ancora non si è capito, fa caldo!
Oltre l’afa, l’altro aspetto di questa bella città che salta subito all’occhio è lo spazio (che non c’è).
E’ questa la prima città dove vedo grattacieli non solo nel centro città (uffici) ma anche in periferia, dove si tratta però di enormi condomini.
Con i suoi 7.000.000 di abitanti, infatti, Hong Kong ha una delle più alte densità al mondo, per cui ci si arrangia come si può.
Gli ascensori dei palazzi, per esempio, non si fermano a tutti i piani, ci son sempre troppe persone che entrano/escono e ci vorrebbe troppo tempo. Si fermano così a piani alterni, spesso anche ogni 4 piani (per esempio, un ascensore serve solo i piani 1-5-9-13…, quello a fianco i piani 2-6-10…, etc). I primi giorni quasi mi ci voleva una mappa per trovare l’ascensore giusto!
Dentro la cabina non c’è la fotocellula di sicurezza nella porta. Quei 10 centimetri di spazio che impegnerebbe servono tutti. E negli ascensori con capienza di 7 persone si entra in 9-10, in quelli da 10 si entra in 12-13, finchè non suona l’allarme per peso eccessivo.
Tutto questo per rendere l’idea che lo spazio qui è importantissimo. Ho sentito alcuni prezzi di affitto di negozi centrali: si va dai 25.000 euro al mese dei piccoli bugigattoli alle centinaia di migliaia dei più grandi Mc Donald’s o altri grandi negozi. Hong Kong è così una delle città più care al mondo per tutto ciò che riguarda gli immobili, mentre per tutto il resto è conveniente, dal mangiare agli acquisti.
Nell’ostello dei primi giorni, naturalmente dotato di mini-stanze con mini-letti e mini-bagno, resisto solo 3 giorni perché il bagno è una vera tortura. Non tanto per le dimensioni (in 1 mq. c’è il wc, un mini-lavandino e il tubo della doccia, senza il piatto sotto che non ci starebbe), quanto per il calore insopportabile. Dopo averne esaminato con cura 4 o 5, per 4 euro in più a notte trovo una bella camera singola che, oltre a collegamento internet, tv e telefono (gratis!), ha il grande valore aggiunto di aver il bagno privato comunicante con la stanza per cui, lasciando la porta aperta, si rinfresca con l’aria condizionata della camera. E finisco così di sudare mentre mi faccio la doccia fredda! 🙂 Strano ma vero!
YMCA International house (centro): 35 Sgd (dormitorio). Ottimo, anche lussuoso, mai visto un ostello così. Personale in camicia bianca e cravatta, servizi impeccabili, colazione super (a buffet), la più abbondante di tutto il viaggio. Però è anche caro!
FARRER PARK Backpacker’s Hostel (little India): 18 Sgd (dormitorio). Più economico ma bagni pessimi e sporchi, no colazione, internet gratis (Wi-Fi).
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PASTI – BEVANDE
Cucina cinese: piatto di riso alla cantonese 5 Sgd, coca-cola 1,50 Sgd
Pizza margherita grande: 17 Sgd
Insalata grande con verdure, formaggio, affettato, carne di pollo (abbondante): 10 Sgd
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MEZZI DI TRASPORTO
All’arrivo, dall’aeroporto per il centro:
Shuttle+Metro+Metro: 2,20 Sgd, 40 minuti;
Taxi: 7-20 Sgd, a seconda delle zone di destinazione, 20 minuti circa.
Metro: da 1,90 a 2,20 Sgd, viaggio singolo (non ci sono biglietti giornalieri) Taxi: economici, da 7 a 10 Sgd per spostarsi nel centro.
Tappa di soli due giorni a Singapore, scalo tecnico obbligato nel mio biglietto RTW. Non c’erano voli diretti da Bali alla Cina, e ne approfitto così per una breve visita.
Singapore, piccola città-stato (4 milioni di abitanti), una delle 5 cosiddette “tigri asiatiche” per lo sviluppo della sua economia, è una delle poche città asiatiche veramente moderne che, per qualità dei servizi e costi medi della vita, si può paragonare ad Hong Kong, Giappone e Corea del Sud.
In giro per strada si vedono soprattutto facce cinesi e indiane, con una minoranza di occidentali (residenti). Molto comoda per spostarsi, perché tutto è a portata di mano e ben collegato da taxi (insolitamente economici per il tenore di vita locale) e da un’ottima metropolitana. Per esempio, l’aeroporto è a soli 20 minuti di taxi (3-5 euro) dal centro o 40 di metro (1 euro).
Ma una caratteristica la differenzia dai paesi sopra citati (ma anche da tutte le altre città in cui finora son stato), ed è quella che mi ha colpito di più: l’enorme quantità e concentrazione di centri commerciali. Nella centrale Orchid Road, durante una passeggiata pomeridiana, ne ho contati almeno 26 nella stessa via (tutti palazzi molto grandi, iper-moderni e a 4 o 5 piani), e nella cartina ho visto che in tutta la città ce n’erano circa 80!
L’hi-tech in particolare (macchine fotografiche digitali, computer portatili, tv al plasma, etc) prorompe da tante vetrine, ma anche alta moda e orologi son presenti dappertutto. E non pochi di questi enormi shopping-centre rimangono aperti 24 ore al giorno, tutti i giorni della settimana.
Ma chi compra tutta questa roba?
Chiedendo qui e là (il solito ficcanaso… 🙂 ) mi spiegano che, a parte i turisti di passaggio (come me, anzi non come me perché io qui non compro niente! 😉 ), a Singapore esiste un vero e proprio “Shopping-Tourism”, cioè in tanti vengono qui solo per comprare. Si tratta per lo più di persone ricche dei paesi poveri (non è un gioco di parole) vicini (per esempio Malesia e Indonesia) i quali nei loro paesi non trovano la stessa quantità e qualità di offerta. Mi capita spesso infatti di vedere donne islamiche (Malesia e Indonesia sono a stra-grande maggioranza musulmana) con il loro classico fazzoletto in testa, stracariche di eleganti bustoni.
E perché molti centri commerciali rimangono aperti anche la notte? Perché questi particolari turisti spendaccioni vengono qui solo per gli acquisti e quindi, visti gli alti costi di alloggi e ristoranti (rispetto ai loro paesi) cercano di sfruttare al massimo i pochi giorni di soggiorno passando tutto il loro tempo dentro questi templi del consumismo.
Fra i tanti tipi di turismo che esistono, questo ancora mi mancava da incontrare!
Da segnalare infine una bella serata di salsa passata all’Union Square, sotto il lussuoso Amara Hotel (in Asia pare che salsa e lusso siano spesso a stretto contatto). Qui con molto piacere ho iniziato a scoprire la socievolezza e cordialità dei salseri asiatici, un ambiente abbastanza diverso da quello delle nostre sale da ballo occidentali.
Nel post precedente ho accennato alle usanze di Bali che sarebbe meglio conoscere prima di andarci. Sono simili a quelle di tutto il sud-est asiatico, con qualche peculiarità tipica di Bali, anche se devo dire che per la Thailandia ne ho letto ancora di più, alcune anche non facilissime da comprendere e per questo ancora più affascinanti. Più avanti parlerò anche di quelle.
Conoscerle non solo per capire ciò che vediamo ogni giorno in questi paesi ma anche, magari, per portarcene poi qualcuna dietro quando rientriamo nel nostro mondo. 🙂
Queste elencate qui di seguito le ho estratte da un numero della rivista Buongiorno Bali (http://www.buongiornobali.it), rivista gratuita creata da italiani residenti a Bali.
Buona lettura!
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USI E COSTUMI BALINESI
ADEGUARSI ALLE CONSUETUDINI PER MOSTRARE E RICEVERE RISPETTO
I Balinesi sono persone molto aperte, disponibili a dividere il loro retaggio culturale e religioso, la loro spirituale saggezza, nutritasi nei secoli. I turisti sono, generalmente, accolti calorosamente – i comportamenti degli stranieri, spesso a loro non comprensibili, vengono tollerati – e ammessi alle cerimonie, sia nei templi, che private. Suggeriamo tuttavia alcuni modi a cui attenersi, per mostrare rispetto nei loro confronti, e alcune notizie, per meglio capire i costumi della popolazione che ci ospita. Non ci stancheremo infatti mai di ricordare, a turisti e residenti, che, comunque, siamo ospiti e che quindi spetta a noi adeguarci, e non viceversa.
Una constatazione frequente, che spesso suscita dubbi e curiosità: per le strade e nei grandi magazzini è facile vedere due ragazzi o due ragazze tenersi per mano. E’ una consuetudine. E’ ammesso il contato fisico tra due persone dello stesso sesso, senza alcun malizioso significato sessuale, mentre è del tutto inusuale, in pubblico, il contatto tra sessi diversi, effusioni, baci, abbracci, anche tra persone sposate.