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Giu192007 COSTI BRASILE (2007)
(1 € = 2,70 R$)
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ALLOGGI (in Brasile hanno quasi sempre la colazione inclusa)
Foz De Iguacu Hostel Paudimar Falls Centro: “dormitorio” R$ 18 (con tessera H.I.), 24 R$ (senza HI), internet gratis, piscina – ottimo
Curitiba Roma Hostel: 20 R$ – buono
Ilha Do Mel Hostel Zorro: 18 R$ (HI) – l’unico dell’isola
Rio De Janeiro
- El Misti Hostel (Botafogo): 25 R$ – pessimo, il peggiore incontrato – solo 3 bagni per tutto l’ostello, file lunghe, poco pulito, poco sicuro)
- Mellow Yellow Backpacker (Copacabana): 30 R$ (camera da 24 letti!), a 100 mt dalla spiaggia, il più grande di Rio, internet gratis, ma troppo anglosassone per i miei gusti (per i suoi clienti) e quindi freddo
- Tupiniquim Hostel (Botafogo): 25 R$ (dorm. con ventilatore), 30 R$ (con aria cond.). WI FI gratis, parete di arrampicata con prove gratuite, più piccolo e familiare, facilissimo conoscere tutti, ottimo staff!!
Ouro Preto Brumas Hostel: 25 R$ (HI), buono
Vila Velha casa privata (a 4 stelle!)
Arraial D’Ajuda Arraial d’Ajuda Hostel: 25 R$ (HI), 30 senza HI, a.c., piscina, internet gratis – ottimo!!
Itacarè Itacarè Hostel: 35 R$ (HI), a.c., tv, internet gratis – caro! A 100 mt ce n’è un altro a 20 R$, senza colazione. Poi solo posadas e hotel
Salvador ostello senza nome, super economico! Il riferimento è NALVA (la proprietaria), Rua Direita do Santo Antonio n° 22, Bairro Santo Antonio (Pelourigno), tel. (0055-71) 3241 4321 (è una casa blu), nalvas@hotmail.com 15 R$ i giorni normali (senza colazione), 55 R$ i giorni di carnevale – internet gratis – molto spartano ma buono e pulito.
Peritorò Hotel Peritorò: 25 R$ (con vent. e bagno in camera), 40 R$ (con a.c., bagno, tv, frigo), a 20 mt dalla stazione bus – Ce ne sono altri più economici al centro
Sao Luis Solar Das Pedras Hostel: 15 R$ (HI), centro
Algodoal Estrela Sol Hotel: 45 R$ (con vent.), piscina
Bom Jardim Convento, 0 R$, solo su invito
Belem Amazonia Hostel (HI), 20 R$
Manaus
- Hotel Ideal: 20 R$ singola (bagno, vent.) – ottimo, pulito (ma scuro senza finestre), oppure 30 R$ con a.c. e finestra;
- Hostel Manaus: 17 R$ (vent.) – ottimo
Boa Vista Hotel Ideal: 30 R$ (singola, vent.) – 40 R$ (singola, a.c.) – 40 R$ (doppia, vent.) – 50 R$ (doppia, a.c.)
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PASTI – BEVANDE
“Prato feito”
Il mio preferito in quanto più fresco (cotto su ordinazione), composto da: …. continua a leggere qui >>
Giu152007 11. Ordine femminile
Le donne son sempre in ordine, pulite, pettinate e con un bel vestito (anche se semplice) a qualsiasi latitudine e in qualsiasi condizione sociale si trovino. Credo che questa regola sia contenuta nel secondo cromosoma X delle donne, quello che a noi manca!
Dalle grandi metropoli come Rio ai piccoli paesini del Maranhao, passando per i villaggi della foresta amazzonica, le ragazze erano sempre ben vestite, con i colori abbinati e i capelli ben sistemati. E si cambiavano ogni giorno di vestito, anche nei 7 giorni di barca.
Lo stesso invece non si può dire degli uomini e dei ragazzi, a volte disordinati anche se nel complesso sempre puliti.
Inutile, è questione genetica.
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12. La cronaca nera
Se si prende un qualsiasi quotidiano brasiliano di un giorno qualsiasi della settimana, si rimane sbalorditi dalla quantità e dalla efferatezza dei crimini che quotidianamente accadono in questo paese (in Venezuela e Colombia analoga situazione). Un singolo episodio da 6^ pagina di un quotidiano brasiliano, che occupa magari solo 5 righe, in Italia riempirebbe la prima pagina per giorni. Dalle persone assassinate per quattro soldi, e in maniera cruenta, ai veri e propri omicidi che la polizia commetteva quando interveniva da qualche parte.
Oltre a quelli che avevo citato nel post sulla violenza a Rio (questo post), ne ricordo altri due in particolare, avvenuti mentre ero a Sao Luis.
Uno era un omicidio politico che sembrava uscito da un romanzo di fanta-politica. Il prefetto (che è la seconda carica politica dopo il governatore) assassinato da due poliziotti su ordine di un deputato, con vari complici che ogni giorno spuntavano fuori nelle pagine dei giornali.
Il secondo ancora più triste. Un uomo di colore …. continua a leggere qui >>
Giu132007 6. Il (misero) business delle lattine
Un po’ in tutto il Brasile le lattine di alluminio vengono raccolte, dalla strada e dai bidoni della mondezza, da bambini, ragazzi, uomini, donne, anziani, insomma un po’ da tutti; tant’è che quando per strada non si trova un bidone dove buttare la nostra lattina vuota, si può tranquillamente buttare a terra senza sentirsi dei maleducati, tanto verrà poi raccolta da qualcuno.
Questa raccolta di lattine raggiunge la sua più alta intensità a Salvador, dove spesso addirittura mi si avvicinava qualcuno che raccoglieva lattine e mi chiedeva se avevo finito di bere la mia birra, e se non avevo finito mi incitava a fare gli ultimi sorsi!
Una volta ho fatto un test: in una notte di carnevale, durante una pausa fra un “bloco” e l’altro, sono andato al centro della strada e ho lasciato cadere per terra una lattina vuota. Come si è sentito il “clonk” della lattina che toccava l’asfalto ho avviato il cronometro dell’orologio e ho aspettato. 10 secondi esatti e la lattina era sparita! Un ragazzino è arrivato di corsa a prenderla, veloce quasi quanto un cambio di gomme di formula 1!
Incuriosito da questa frenesia, un giorno ho intervistato un “raccoglitore”. C’era infatti una cosa che non capivo: venivano raccolte solo quelle di birra, mai quelle delle altre bibite (coca cola, fanta, etc). Mi spiegò che il materiale era diverso, e mi disse anche altri dati: ogni 78 lattine raccolte si raggiungeva 1 kg che veniva poi retribuito con 26 centavos. Quindi ogni 4 kg (312 lattine) si guadagnava la bellezza di 1 real! Con 1 real (=39 centesimi di euro) in Brasile si può comprare 1 pastel (fagotto fritto con carne o formaggio) o una lattina di bibita analcolica, con 4 real si può consumare un pasto. Insomma per riempire la pancia con la raccolta delle lattine bisogna raccoglierne almeno 1250!
Non gli passa più…
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7. Le treccine
Una cosa accomuna quasi tutte le “gringhe” (il significato ormai l’ho scritto tante volte, vediamo se lo ricordate) che vanno in Brasile, e a Bahia in particolare: sentono l’impellente esigenza di riempirsi la testa di treccine.
Ora qui scrivo un consiglio a tutte le gringhe che hanno in programma di andare in Brasile:
NON FATEVI FARE LE TRECCINE!
Il più delle volte stanno veramente male alle bianche turiste, e chi vi dice che state bene è solo il vostro partner (o chi vuole diventarlo al più presto!) che però mente spudoratamente sapendo di mentire.
Le treccine stanno bene solo a chi vive in questi posti. A Bahia infatti le donne hanno in prevalenza capelli crespi (quindi con molto volume, e le trecce glielo riducono), viso rotondo, naso piccolo. Con le trecce stanno stupendamente, in particolare le bambine. Alle turiste invece il ridurre drasticamente il volume dei capelli mette in risalto la testa più spigolosa di noi “caucasici” e il naso più grande!
Credetemi, meglio niente!
😉
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8. L’ignoranza
Questo purtroppo è uno dei problemi più gravi in Brasile. Le cifre dicono che il 57% dei brasiliani finisce le scuole equivalenti alle nostre elementari, e solo il 37% le medie. E quei pochi anni di scuola che fanno son di qualità molto bassa, anzi pessima. Se si pensa che ben il 50% degli insegnanti (non universitari) ha studiato solo fino alla 3^ media (percentuale che raggiunge il 90% nel povero Maranhao) e che lo stipendio degli insegnanti è uno dei più bassi di tutte le categorie, si capisce come la qualità non può essere sufficiente.
Perché scrivo tutto ciò? Che gliene frega ad un turista?
Succede che, quando si parla con un brasiliano medio, molti discorsi sono dei veri e propri tabù. Non ci si capisce. Se si esce dai soliti quattro argomenti basilari della vita di tutti i giorni, ci si scontra con un muro. Per esempio, uno dei miei argomenti preferiti di conversazione, i viaggi, era assolutamente impraticabile. Le geografia era, forse, la materia più sconosciuta.
Un giorno una ragazza, con in mano una cartina del solo Maranhao (neanche tutto il Brasile), mi ha chiesto di indicargli dove era la mia città. Un’altra volta un’altra ragazza mi ha fatto la stessa domanda mentre guardava la cartina del Brasile. Altre volte mi hanno chiesto quante ore di autobus ci avevo messo per arrivare dell’Italia in Brasile, e cosi via. Almeno a giorni alterni mi capitava di sentire assurdità simili, da persone diverse. Di conseguenza anche quando mi chiedevano qualcosa sul mio viaggio, come facevo a spiegare che stavo facendo il giro del mondo? Mondo? What’s mondo? Niente, dicevo sempre che dopo il Brasile rientravo in Italia.
Ma problemi simili si riscontravano anche con tanti altri argomenti, quindi alla fine la molto limitata cultura generale è stato uno degli elementi negativi che mi lascia il Brasile, fra tanti altri positivi. Perché la limitata cultura limita anche la cosiddetta “elasticità mentale”, la capacità di comprendere qualcosa che non si conosce. Venendo io da un luogo sensibilmente diverso, capitava di parlare di qualcosa per loro nuovo, ma spesso non si veniva capiti, e bisognava cambiare argomento.
Un esempio. Una volta una ragazza stava facendo un compito di inglese e doveva tradurre alcune frasi. Finché c‘erano parole che conosceva a memoria (poche) è andata avanti. Quando arrivò alla parola “importance” che varia solo di una sillaba dal portoghese “importancia” si blocca e non va avanti. Non riesce ad elaborare una soluzione probabile.
Questo è un semplice esempio, però qualsiasi argomento per loro nuovo difficilmente veniva almeno in parte capito. Allo stesso modo, se quando si parla non si pronuncia perfettamente il portoghese, non si viene capiti. Se in una frase anche solo di quattro parole ce n’è una sbagliata, niente. Bisogna riprovare fino a quando non si azzeccano tutte e quattro, e nell’ordine giusto. Come Mistermind!
Un giorno, ad una fermata del bus in un paesino imprecisato del Maranhao, mentre facevo un veloce spuntino scambiai qualche parola con una vicina di tavolo. Parlando delle lingue straniere, ad un certo punto mi disse:”Il problema del non capirsi non son le lingue diverse ma il fatto che le stesse cose hanno nomi diversi. Per esempio, come si chiama in italiano questa? (Indicando una salvietta)”. “Salvietta”, dico io. E lei:”Ecco, vedi, in Brasile si chiama guardanapo!”. Ehm… rimango un attimo senza parole, poi faccio finta di niente. Dopo questa perla di saggezza, cosa potevo rispondere?
E pensare che, se le scuole elementari, medie e superiori sono pessime, le università brasiliane sono buone, e anche gratuite. Il problema è che per accedervi bisogna superare un esame iniziale che chi ha frequentato le scuole statali difficilmente supera, mentre ci riesce solo chi ha frequentato le ottime scuole private. Quindi l’istruzione, la cultura e di conseguenza i lavori migliori e meglio pagati, in Brasile di fatto sono riservati a chi è di famiglia ricca. Chi nasce povero, magari in una favela, è già condannato da bambino a rimanere povero, ignorante e a fare lavori umili.
Così è la vita nel paese del samba.
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9. Il lavoro
Gran parte dei lavori non specializzati (operaio, commesso, call center, etc) in Brasile sono pagati con il cosiddetto “salario minimo”, stabilito dal Governo. Ora ammonta a 350 R$ (130 €) che a stento permette di arrivare a fine mese. Non si muore di fame, ma non ci si può permettere molto. Di buono c’è che se anche uno lavora poche ore al giorno, meno di quel tanto non può prendere. Ho conosciuto una ragazza che lavorava in un call center, a giorni alterni per 4 ore al giorno, e prendeva lo stesso salario minimo di chi lavorava in un negozio 8 ore al giorno per 6 giorni. Quindi quando si lavora, anche se poco, si deve sempre poter mangiare tutti i giorni. Per legge. Così ha deciso il governo.
E così, anche qui, hanno dovuto inventare il lavoro nero, cioè talvolta il datore di lavoro non assicura il lavoratore per non dovergli pagare il salario minimo.
Tutto il mondo è paese.
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10. Le informazioni
Anche in Brasile ho riscontrato una caratteristica tipica dei latini, che già avevo scoperto in Venezuela, e cioè che sembra quasi un disonore non saper rispondere ad una richiesta di informazioni, tanto che se non si sa la risposta… la si inventa!
I primi giorni, a Curitiba, per sapere dove si trovava una via ho dovuto fare la media su quattro risposte avute. Le prime tre mi indicavano tre direzioni diverse, e quando la quarta era uguale alla prima sono andato da quella parte. Allo stesso modo a Salvador un giorno mi hanno fatto camminare su e giù in quelle ripide vie per trovare l’unico centro telefonico del Pelourigno. Alla quarta richiesta l’ho trovato.
Quindi, consiglio: se siete in America latina, non fidatevi mai di una sola indicazione ricevuta. Chiedete almeno a 3 o 4 persone diverse. E’ ammirevole la loro voglia di esservi d’aiuto, ma spesso è assolutamente inutile!
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…. continua (e finisce) fra 2 giorni.
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Giu112007 Dopo aver quasi chiuso il capitolo Brasile, avanzano nella mia agenda tanti appunti che non son riuscito ad inserire nei vari racconti. Tanti “ritagli” di vita brasiliana che, dopo essere rimasti chiusi per mesi nel diario, reclamano ora un po’ di popolarità e quindi un posto nel web.
Bene, li accontento subito riportandoli qui sotto. Cari ritagli miei, eccovi accontentati.
SOMMARIO RITAGLI
- Bianco e nero, alla ricerca del diverso
- Camminare per strada in Brasile
- Il viaggio musicale
- La quiete pubblica
- La festa
- Il (misero) business delle lattine
- Le treccine
- L’ignoranza
- Il lavoro
- Le informazioni
- Ordine femminile
- La cronaca nera
- Le chiese
- I centri commerciali
- I succhi
1. Bianco e nero, alla ricerca del diverso
Ai brasiliani piacciono le bianche, alle bianche straniere piacciono i brasiliani neri, ma alle brasiliane bianche non piacciono i neri. Ci uscirebbe una formula con questi concetti.
Per un brasiliano, quando la donna ha la pelle bianca e magari i capelli biondi e gli occhi chiari è già bella anche se magari bella non è. Se poi ha qualche chilo in più (anche 10-15 kg in più) è ancora più bella.
Donne italiane, se volete fare stragi di cuori in Brasile ricordate questi 4 punti: pelle chiara (non abbronzatevi troppo), capelli chiari (anche tinti vanno bene), occhi chiari e kg in più. Più di questi punti avete e più successo avrete, anche se non siete belle.
E la donna bianca che gusti ha?
La gringa (turista) bianca adora i neri. Più son neri e più piacciono. I mulatti già perdono un po’ di punti. Ad Arraial, meta molto frequentata dai turisti, i neri locali avevano tutti la loro bianca gringa al fianco.
C’è però una variante alla regola: alla brasiliana bianca non piacciono per niente i neri.
Nell’ostello di Arraial un giorno un brasiliano nero si mise insieme ad una brasiliana carina. Il giorno dopo la lasciò perché si mise insieme ad una ragazza inglese, bionda con occhi azzurri e decisamente soprappeso. Ma diciamo pure che era un vero “cesso”. Solo che aveva la pelle bianchissima, e quindi più punti rispetto alla brasiliana, carina ma mulatta.
De gustibus.
2. Camminare per strada in Brasile
Se già spesso inciampo camminando sopra un liscio pavimento di marmo, nei primi giorni in Brasile ero un vero disastro, inciampi continui. Questo perché i marciapiedi, quando ci sono, sono delle vere e proprie trappole: tombini aperti, buchi vari, gradini improvvisi, paletti segati a 10 cm da terra, fili bassi tesi, scale con un solo gradino diverso da tutti gli altri e così via.
Se si vuole salvare le proprie gambe, bisogna SEMPRE guardare dove si mettono i piedi. Ogni volta che non lo si fa l’inciampo è sicuro. Oppure si cammina nell’asfalto, molto più regolare dei marciapiedi.
3. Il viaggio musicale
I primi 6 mesi del giro del mondo sono stati, anche, un viaggio musicale fra i diversi ritmi e melodie della musica latina. Dalle struggenti note del tango a Buenos Aires allo scatenato samba di Rio, dall’energico axè di Bahia al rilassante reggae di Sao Luis, dal forrò e seresta del Maranhao all’allegra brega del Parà, per finire con la salsa e reggaetton del Venezuela. Ogni stato/regione con la sua musica specifica e diversa, così come l’aspetto e il carattere della sua gente. Una tale diversità musicale non si riscontra, credo, in nessun altro continente, così come da nessun altra parte la musica fa così parte integrante della vita di ogni giorno, ascoltata in ogni ambiente e momento della giornata (casa, lavoro, bar, strada, negozi, autobus o auto, etc.). E questo in misura sempre maggiore man mano che ci si avvicina all’equatore.
Un esempio limite è costituito dagli autobus cittadini venezuelani, soprattutto quelli delle località vicine ai Carabi che, a fianco all’autista, avevano quasi sempre una grande cassa di altoparlanti che emetteva musica ad altissimo volume. Salsa, merengue o reggaetton.
Ora vi lascio alcuni esempi di musica brasiliana, così se andate in questo paese sapete riconoscere i vari stili musicali.
(Per scaricare, come sempre, click con il tasto destro del mouse e poi “salva oggetto con nome…”)
Samba Enredo
Samba Pagode
Axè
Forrò
4. La quiete pubblica
Strettamente correlata al tema musicale è l’assenza di quella che da noi viene chiamata “quiete pubblica”. Qui in Sud America non esiste affatto!
Discoteche con porte e finestre sempre aperte anche a notte fonda e al centro di una città, musica dal vivo spesso all’esterno dei locali (dentro c’è caldo), auto con altoparlanti che occupano tutto il cofano posteriore e che emettono musica a volume altissimo, sono questi gli esempi più evidenti.
Ricordo a Sao Luis che, nella discoteca che c’era al centro, il volume della musica in strada era identico a quello dentro il locale, anzi la musica veniva diffusa apposta fuori per richiamare le persone. E fino alle 4 del mattino! Tant’è che chi non aveva soldi per entrare si piazzava fuori dalla discoteca e si divertiva lo stesso. Allo stesso modo può capitare che il sabato il vicino di casa organizzi una festicciola nel cortile con musica alta tutta la notte. Qui viene tollerato perché non è indice di maleducazione (come da noi). Semplicemente la “quiete pubblica” non esiste e quindi il problema neanche si pone.
Se penso che nella mia città un pensionato è riuscito a far vietare la musica nei bar del centro, d’estate, con querele e processi lunghi un paio d’anni, perché aveva una finestra che dava nel corso centrale. Sarebbero bastati due tappi di cera da 20 centesimi! Con i soldi che ha ottenuto spero si compri un bel viaggio un una località qualsiasi dei Carabi, così scopre veramente com’è la musica a volume alto.
5. La festa
Qui in Sudamerica “festa” (in portoghese) e “fiesta” (in spagnolo) non son la semplice traduzione della analoga parola italiana, ma molto di più. Per festa si intende uscire, incontrare gli amici, andare a sentire musica, a ballare in discoteca o anche solo nella piazza più vicina con l’autoradio a tutto volume e il cofano aperto, mangiare insieme, bere, corteggiare o farsi corteggiare, non pensare ad altro se non a passare una allegra serata. Non c’è spazio per i problemi durante la “fiesta”. A quelli si penserà il giorno dopo.
E durante la festa non ci si litiga.
A Rio in più di un mese e in tante feste in cui son stato non ho mai visto, mai, una sola rissa. Di ciò ricordo si meravigliò anche una ragazza scozzese che c’era in ostello, la quale mi disse che in Scozia, verso fine serata quando l’alcool bevuto inizia ad essere tanto, le risse sono una costante di ogni festa. E anche in Italia se ne vedono quasi in ogni discoteca (discoteche di musica latina escluse! : – )). Unica eccezione sudamericana è stata Salvador, dove durante la grande festa di carnevale le risse erano abbondanti. Ma questa è l’eccezione che conferma la regola, dovuta al temperamento particolarmente vivace dei bahiani.
…. continua fra 2 giorni.
Giu92007 Su e giù fra Amazzonia e Roraima
Da Manaus mi avvio verso il confine venezuelano ma mi fermo poco prima, a Boa Vista. In questa città vive ora Laurene, conosciuta sulla barca per Manaus, e quindi giustamente mi fermo per una visita. Ormai i contatti brasiliani sono talmente tanti che ne ho di già pronti prima ancora di arrivare in una nuova città! 🙂
Passa veloce una settimana in questa città abbastanza anonima e, facendo i calcoli dei giorni che mancano al volo per la Nuova Zelanda, decido di “tagliare” dal viaggio anche il Venezuela. Non c’è tempo. Cerco qualche volo diretto Manaus-Santiago (da dove ho il volo per la Nuova Zelanda) e, dopo averlo trovato, rifaccio i bagagli e ritorno a Manaus (altre 12 ore di bus). Anche perché a Boa Vista è defunta la mia macchina fotografica e ne devo urgentemente cercare una nuova.
Alla fine, quindi, non ce l’ho fatta a lasciare il Brasile. La guida Lonely Planet sul Brasile consigliava, per un viaggio nel Sudamerica, di visitare questo paese per ultimo perché, una volta entrati, non era facile uscirne. Parole sacrosante! Posso proprio dire di non esserci riuscito, nonostante mi attendessero dopo altre mete allettanti, come Venezuela, Cuba e Bolivia. Me ne vado da qui “con la forza”, perché costretto dal volo per Auckland che non mi aspetta. Sento il biglietto RTW (giro del mondo) che mi spinge alle spalle dicendomi:”Via, vai via, esci da questo stato, sciò!”. Fosse per me starei ancora qui.
Manaus, domenica notte 13 maggio. Prima di rientrare a dormire, passo in un internet cafè. Non ci voglio stare molto perché la mattina dopo ho tante cose da fare: comprare il volo Manaus-Santiago, confermare il volo Santiago-Auckland, guardare un po’ di negozi di macchine fotografiche per comprarne una e fare un’altra visitina a Nazarè. Apro le mail e proprio in questo momento ne arriva una dal Venezuela. E’ di una cara amica che non mi scriveva più da un bel po’ e che sarei passato a trovare se avessi proseguito il viaggio in quel paese. Mi scrive che sta passando un periodo non tanto felice, non vive più in città ma in un paesino in mezzo alla foresta dove lavora in una scuola materna, con tanti bambini. Scuola materna nella foresta? Mmm… mumble mumble… Ci penso un po’…. poi un altro po’… ma si, via!
In mezz’ora cambio tutti i miei programmi. Ricerca su internet dei mezzi e tempi per arrivare in breve tempo (ma spendendo poco) a Merida, sulle Ande venezuelane. Trovo un bus da 22 ore per Caracas più un altro da 12 ore per Merida. Se a Santiago ci vado partendo da Caracas il volo mi costa addirittura di meno che da Manaus. E poi… taglio dal giro del mondo una settimana di Australia (che me ne faccio di un mese d’Australia?) e ne aggiungo una di Venezuela, e il giorno dopo anziché confermare il volo Santiago-Auckland lo rinvierò di una settimana (costo cambio data: 10 euro).
Et voilà, itinerario rivoluzionato per una mail arrivata poche ore prima dell’acquisto (irreversibile) del biglietto Manaus-Santiago. Che belli gli imprevisti dell’ultimo minuto, li adoro!
Il concerto
Ripasso così a Boa Vista (altre 12 ore, per la terza volta), sulla via del Venezuela, e faccio in tempo ad assistere al concerto dei mitici Chiclete Com Banana, che da dopo il carnevale di Salvador adoro.
La sera del concerto arrivo prima dell’inizio e mi sistemo nelle prime file sul prato, proprio davanti al palco. Da qui si vede benissimo.
Inizia il concerto (2 ore di ritardo!) e…. aiuto!! Dopo 30 secondi decido di allontanarmi il più possibile dal palco, e in fretta pure. Se gli iper-vivaci brasiliani si scatenano sempre quando vanno alle feste, anche quelle più piccole, figuratevi cosa può succedere ad un grande concerto di uno dei loro gruppi più famosi! Saltano tutti, spingono, ballano, cantano, bevono, flirteggiano (come sempre), e se uno rimane fermo viene schiacciato. Via, lontano, andare!
Lascio il Brasile
E così, dopo 5 mesi e 12 giorni di Brasile, oltrepasso in autobus il confine. Con le cuffiette nelle orecchie ascolto samba. Nelle tre ore da Boa Vista al confine penso a questi mesi e ne ripercorro velocemente tutte le tappe, tutti i luoghi e le persone conosciute. Tristezza… tanta. E’ come lasciare una persona cara. L’avere davanti ancora una manciata di giorni sudamericani mi conforta un po’, il passaggio brusco Brasile – Nuova Zelanda sarebbe stato pesante. Ci sarebbero tante riflessioni finali da fare su questo paese, ma rinvio tutto all’ultimo post dal sudamerica.
Ciao!
Ps: questa settimana si va in “stampa” più spesso, secondo questo programma:
PROGRAMMA SETTIMANALE
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Giu42007 A Manaus scelgo un tranquillo hotel anziché rituffarmi nel trambusto di un ostello. Ogni tanto in viaggio ci vuole anche un momento di ritiro e riposo per ricaricarsi un po’ e sistemare alcune cosette, come per esempio gli ormai due mesi di ritardo nel riportare su carta (e web) i ricordi di viaggio.
Manaus è la città sudamericana più sfruttata per quanto riguarda le escursioni nella foresta, e per questo motivo ad ogni angolo di strada c’è qualcuno che propone “escursioni selvagge nella giungla” o “escursioni fuori dalle piste battute, dove gli altri non vanno”, incontri con indios e caimani, bla bla bla. Per lo più, visto l’alto numero di turisti che arriva qui per la foresta amazzonica, sono ormai escursioni troppo commerciali, da foto con il serpente nel collo (ebbene, una l’ho fatta anch’io!) o il grande pappagallo in mano. E per di più sono molto care. Io conservo i miei ricordi della escursione fatta tre anni fa nella foresta amazzonica del Venezuela, da solo con un indio per tre giorni nel suo piccolo villaggio, ed evito così questi poco allettanti tours. E risparmio. 😀
Mi concedo solo una visita di mezza giornata in una zona qui vicina, dove avviene l’incontro delle acque di due grandi fiumi: il Rio Negro (con acqua nera e calda) ed il Rio Solimoes (con acqua bianca – che poi è marroncina chiara – e più fredda). Per qualche chilometro i due fiumi scorrono paralleli e le acque non si mischiano, trasformando così il Rio Delle Amazzoni in un Rio Juventino (però non ruba acqua a nessuno). Poco dopo (siamo in barca) ci abbordano 3 o 4 canoe di ragazzini indios, ognuno con in mano un diverso animale della foresta da fotografare. Si, lo so, non bisogna incentivare questo tipo di molestie agli animali, però c’era un bradipo (che in portoghese viene chiamato “pigrizia”! :-)) con il viso così simpatico che non mi son trattenuto dal prenderlo in braccio per un po’. Con quelle sue 3 unghione, pur non appuntite, si ancorava dappertutto (braccialetto, cinghietta di orologio, spigoli della macchina fotografica). E così anche con un’anaconda, più inquieta del tranquillone bradipo, che si poteva prendere in mano solo tenendogli la bocca ben chiusa.
In hotel una mattina mi perdo a far scendere l’acqua dal lavandino, ma il vortice che si forma non gira come dovrebbe. Mumble, mumble, siamo ora sotto l’equatore e dovrebbe girare in senso orario, ma qui gira un po’ come gli pare, in entrambi i sensi. Neanche lui rispetta le regole! Segue una ricerca su Wikipedia (la più grande miniera di cultura gratuita!) e risolvo il problema di oggi (bè, se in viaggio non ci son problemi importanti, qualcuno bisogna crearselo). Come al solito quello sentito in Tv era una vera e propria leggenda metropolitana. In una puntata di “Turisti per caso”, con Patrizio e Syusy, avevano fatto vedere che, spostandosi anche solo di un metro dalla linea dell’equatore, il senso del vortice cambiava. Balle! Vicino all’equatore la forza del cosiddetto “principio di Coriolis” è quasi nulla, quindi il vortice viene influenzato da altri fattori come la forma del lavandino o il movimento iniziale dell’acqua. Ecco, quindi potete anche non sprecare acqua quando sarete in giro nei pressi dell’equatore. Caso felicemente risolto, mi ricompenso con un bel Guaranà de Amazonas, sempre ottimo (la ricetta la sapete già).
A Manaus altre visite interessanti sono state quelle al Museo della Scienza di Manaus (bello e introvabile, più introvabile che bello perché, dopo che gli autisti di 3 autobus mi lasciano in 3 posti diversi, rinuncio alla sua visita), Palacio Rio Negro (chiuso 3 volte su 3 che ci sono andato – ci rinuncio), Museo Do Homen Do Norte (chiuso per restauri dal 2001!), Museo Do Indio (ok, finalmente) e il bel Parque Da Ciencia, con all’interno anche una discreta fauna amazzonica (l’enorme pesce bue, caimani, tartarughe, roditori, etc.).
Ma la visita più interessante è stata la visita alla casa di Nazarè! Ricordate la ragazza del precedente post? Dopo l’incontro nel traghetto, per tanti giorni ci pensavo continuamente. I suoi racconti della vita nella foresta e il suo attuale inserimento nella giungla cittadina mi avevano impressionato ed incuriosito tanto. Dopo vari tentativi per telefono falliti (vive ora praticamente segregata in casa, non può uscire) riesco a combinare un appuntamento a casa sua, anche se avrei voluto tanto uscire in giro con lei piuttosto che stare chiuso in casa. Ricordate il film “Crocodile Dundee”? Era la storia di un uomo che aveva vissuto sempre nella giungla e poi di colpo veniva portato nel centro di Manhattan. Ecco, la storia di Nazarè, anche se non così estrema, è molto simile, e sarei curiosissimo di vedere le sue reazioni girando per Manaus. Ma non mi do per vinto e, dopo un paio di giorni di chiacchiere in casa, riesco a convincerla ad una “fuga” nascosta in città. Nascosta perché ora sta vivendo e lavorando a casa di una cugina che vive in un lontano sobborgo periferico di Manaus, la quale le ha proibito di uscire perché, dice lei, la città è pericolosa e lei non conosce nulla. In parte ha ragione, ma così sicuramente è esagerato.
Arriva il fatidico giorno, 1 maggio. Possiamo uscire solo di giorno, quando la cugina è al lavoro. Dopo un’ora di autobus sono quasi arrivato a casa sua. Telefono per la conferma e invece di lei mi risponde il marito della cugina! E quindi chiudo subito. Accidenti, mi accorgo solo ora che anche qui il 1° maggio è festa nazionale, e nessuno lavora. Ecco il perché di quei cortei in centro. Grunt grunt, tutto annullato.
Secondo tentativo, 2 maggio. Oggi va!
Arrivo, è già pronta. Si è vestita bene, ha un elegante vestito nero e scarpe alte (ma se dobbiamo camminare in centro?). Ma è molto nervosa, non sa cosa c’è lì fuori. Non è mai uscita da quella casa, ha solo intravisto qualcosa dal finestrino dell’auto che il primo giorno l’ha portata lì.
Usciamo, prendiamo un autobus. Ora quasi trema, ha le mani sudate. Gli autobus cittadini brasiliani, così come quelli extraurbani, hanno solo due velocità: fermo o avanti veloce. Non ci sono vie intermedie. Solo che in città con tutti gli stop, fossi, semafori, curve e traffico, l’autobus balla continuamente da una parte all’altra. Peggio di andare a cavallo. Ed è, mi dice, la prima volta che sale in un autobus. Quando era nel suo villaggio a volte andava a far rifornimenti di viveri in un paese più grande, ma sempre con un auto di un vicino, mai usato mezzi più grandi.
Scendiamo nella “zona franca”, il centro di Manaus, dove ci sono centinaia di negozi uno a fianco all’altro, con migliaia di persone per strada. Nazarè rimane impressionata dalla quantità di gente, abituata com’è al suo paesino di 20 case, per di più molto distanti fra loro. Ma quando passiamo in una via con tanti negozietti straboccanti di abbigliamento le si illumina il viso! Bè, le donne sotto questo punto di vista sono sempre uguali.
Arriviamo così al grande teatro di Manaus, il palazzo più bello (progetto italiano!) e importante della città. E mi chiede:”Che cos’è un teatro?”. Ehm…. dunque…. allora.… Bò, non so cosa rispondere! Un po’ per il mio portoghese abbastanza semplice ma soprattutto per il fatto che non saprei come spiegarle cosa è un’opera o una recita (in casa prima non aveva neanche la Tv), me la cavo dicendole che ci fanno concerti di musica. Non voglio dirle cose che non può capire, credo le aumenterebbe la confusione che già ha. Ci giriamo dall’altra parte e vede una grande chiesa. Altra domanda:”Perché è così alta quella chiesa?”. Ehm…. dunque…. allora.… Acc, a queste domande non riesco a rispondere! Anzi, mi fanno venire dubbi anche a me. Perché le chiese sono così alte? Forse perché se fossero basse non ci sarebbe aria a sufficienza per respirare quando si riempie? Bò, questa è l’unica soluzione che mi viene in mente.
Per concludere il giro (abbiamo poche ore a disposizione), piuttosto che andare in un parco che forse, abituata com’è alla natura, non le direbbe molto, scelgo una meta caratteristica delle grandi città, che poi mi dirà è il luogo che le è piaciuto di più: l’Amazonas Shopping, il centro commerciale più grande di Manaus. Qui facciamo una foto seduti in un tavolino di un bar, e mi dice che gliela vorrebbe mandare alla mamma per farle vedere dove era stata. Caspita, per la foto davanti al bellissimo teatro Amazonas non aveva aperto bocca. E, dopo qualche problema nel salire e scendere sulle scale mobili (mette sempre i piedi al centro, fra uno scalino e l’altro), la riaccompagno a casa. Ne ha già abbastanza, troppe cose nuove. E poi ha paura che la cugina telefoni a casa e non la trovi.
Ricordate, dal precedente post, perché è venuta a Manaus? Per la voglia di conoscere il mondo? Si, se fossi ripartito da Manaus con il ricordo di quella breve chiacchierata in barca, avrei sempre conservato il bel ricordo di questa ragazza che, di sua volontà, aveva lasciato la terra natia per la curiosità di vedere cosa c’era al di là del fiume. Una bella poesia da conservare fra i ricordi di vita, più che di viaggio.
E invece… le poesie quasi sempre esistono solo su carta, non nella realtà.
Quando ci incontriamo a casa sua, in breve tempo mi racconta la sua vera storia. Si è appena separata, due settimane prima di partire. Ha un figlio di tre anni che è stata costretta ad abbandonare (per ora) con la forza. Il marito beveva, picchiava lei e il figlio, “mulherava” (in portoghese “andava a donne”) e, quando lei l’ha lasciato, l’ha minacciata di morte se portava via il bambino. E anche se non lo portava via. Così è dovuta scappare via, lontano, lasciando suo figlio ai genitori di lui e temendo per la sua stessa vita. In quel villaggetto sperduto nella foresta la polizia non esiste, tantomeno i servizi sociali.
Ma come, e io che pensavo alle baracche nella giungla, fra palme verdi, scimmiette e pappagalli colorati. Una vita felice insomma. E invece, oltre alle scimmiette c’era lo scimmione cattivo che rovina il mio sogno. Ora capisco perché ha sempre quell’aria triste, non è dovuta solo al suo carattere chiuso.
La storia dello scorpione? Vera, però mancava il contorno della storia. Quella notte, come faceva sempre, trasportò per ore l’acqua dal fiume alla cisterna di casa, 500 metri per andare e altrettanti per tornare, con un secchio in testa. Aveva il bambino piccolo in casa e le serviva tanta acqua, e il marito non l’aiutava mai in quel lavoro. E così, dalla stanchezza, non vide lo scorpione per terra e ci mise il piede sopra. Il marito quella notte era a letto che dormiva, sbronzo, e non poteva aiutarla. La sua fortuna fu che quella notte aveva ospitato in casa un bambino dei vicini, di 11 anni, che così corse per un chilometro, di notte nella foresta buia, per andare a cercare l’antidoto. E dopo un giorno di sofferenze (mi dice che l’antidoto fa tremare il corpo per un giorno intero) si salvò.
E il cobra? Tutto vero, ma quel giorno, per il gran spavento, perse il bimbo che aveva in grembo.
Bè, adesso il blog è diventato uno spazio per problemi matrimoniali? No, però questa triste storia dimostra che, anche andando a cercare il più piccolo villaggio sperso nella immensa giungla amazzonica, i problemi sono gli stessi, che so, del centro di Roma o di New York. Non esistono paradisi, la mente dell’uomo (inteso come genere umano) è bacata in ogni angolo di mondo. Anche in Colombia, quando feci una visita ad un villaggio di indios (questi al 100%, vivevano in capanne – qui ci son le foto -> FOTO ) ricordo che quel giorno la comunità aveva un problema ed erano tutti tristi. La moglie di un giovane aveva scoperto che il marito il giorno prima l’aveva tradita con una donna di un altro villaggio vicino. Insomma, soliti problemi dappertutto!
Bene, ora devo chiudere questo post e ci vuole un finale… ah si, eccolo.
Come finisce la storia di Nazarè? Bene, ora lei rimane un po’ di tempo qui a Manaus, per far calmare le acque e i nervi del marito violento e inoltre per lavorare e mettere da parte un po’ di soldi. Appena ne ha a sufficienza ritornerà nella foresta e si riprenderà il figlio. Con i soldi si può fare tutto in Brasile, anche nel cuore della foresta amazzonica.
E quindi, ancora una volta (ma per motivi ben diversi dal post precedente), buona fortuna Nazarè!
Qui ci son le foto di Manaus!
FOTO Manaus
Ciao!
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