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Lug172008

Wuzhou e l’arte della mimica

Volete fare pratica di mimo? Andate in Cina.
Volete provare la sensazione di essere sordomuti? Andate in Cina.

Nella mia permanenza cinese ho alternato momenti di divertimento, nei vari tentativi di comunicazione, a momenti a volte anche pesanti, stancanti. Era piacevole notare la disponibilità delle persone nel cercare di farsi capire, le quali mi ripetevano lentamente le loro frasi (sempre in cinese però) e talvolta me le scrivevano in un pezzo di carta (ma ancora in cinese!! : -) ). Tentativi che però erano assolutamente inutili. E quando si trattava di dover mangiare, ma anche di avere semplici informazioni, talvolta la pazienza veniva messa a dura prova.

Dopo la prima notte in Cina, la mattina squilla in camera il telefono interno dell’hotel (e mi sveglia!!). Rispondo:
– “Yes?”
– “Aouiouuaieouuh?”
– “What?” (Cosa?)
– “Aiououieauouu?”
– “I don’t speak chinese” (Non parlo cinese)
– “Iuoieauououaa?”….

Grunt, lascio perdere, saluto e chiudo. Più tardi scopro che volevano una caparra per il giorno successivo (avevo pagato solo la prima notte).

Sappiate perciò che di qualunque argomento un cinese vi parli (cibo, trasporti, clima, politica, donne, siccità nella Sardegna del Sud, etc), voi capirete solo sempre quello che vi ho appena scritto (“aouiouuaeaoo”). Così mi è capitato di perdere tanto tempo in un ristorante per cercare di spiegare che volevo un semplice (e qui molto comune) piatto di spaghetti di riso con frutti di mare, e alla fine, come sempre, dover lasciar perdere e mangiare quello che c’era. Una sera in un altro ristorante, dove non avevano menù e si ordinava a voce, ho visto in un carrello carne di maiale arrosto (evviva, porceddu!!) e l’ho ordinato contento, ma poi ho scoperto che si trattava solo delle zampe tagliate a pezzi (solo ossa e cotenna). “Ok, mangio domani”, ho concluso. Ordinaria routine di ordinarie incomprensioni.

Dopo 2 giorni ho cambiato l’hotel per uno più economico. Il bello del primo era che, costo a parte, aveva internet e addirittura computer in stanza. In teoria. In pratica invece internet non funzionava (non accettava la password dell’hotel). Problema che ho così provato a risolvere.
Scendo in reception e spiego il problema (ok, più o meno, tutto con la mimica), la cinesina telefona al tecnico e poi mi passa la cornetta.
– Tecnico (in inglese): “Dovrebbe provare a cambiare stanza”
– Io: “Ma no, mi son già sistemato, credo ci siano solo problemi con la password …. TU TU TU…” (cade la linea).

Lo richiamano.
– Tecnico: “Lei dovrebbe cambiare stanza”
– Io: “Ma non può darmi un’altra password (quest’ultima cambiava ogni giorno) perché prima mentre… TU TU TU…” (cade di nuovo la linea).

Richiamano ancora.
– Io: “Le dicevo che il pc funziona bene, ma quando inserisco la … TU TU TU…”.

Eh, ma no, basta!

– “Ok, non importa, lasci perdere” dico alla receptionist, poi ringrazio e saluto e me ne esco alla ricerca di un internet café.

Dopo tanto girare a vuoto nel quartiere, chiedendo informazioni a chi mi risponde solo in Ostrogoto, ne trovo uno non lontano dall’hotel, che tra l’altro costa 10 volte meno (2 yuan/ora, cioè 20 centesimi di euro).
Quando finisco, fuori ormai è notte. Noto così che nella porta a fianco all’internet cafè c’è l’ingresso di un pub, con una bella cinesina “buttadentro” che pubblicizza il locale. Non ci penso due volte ed entro. Si tratta di un fumoso disco-pub, ci sono tanti ragazzi giovanissimi nei tavolini e al centro ci sono luci laser e un palo da lap-dance dove ogni tanto si esibiscono 2 giovanissimi ballerini (uomo e donna), in maniera abbastanza casta peraltro (anche perché con i loro fisici anoressici non credo riscuoterebbero tanto successo se si spogliassero).

Naturalmente appena entro tutti mi osservano; anche qui, così come quando di giorno passeggio per strada, sono l’unico con gli occhi non a mandorla.

Inizia ora una delle imprese più difficili della giornata, ordinare una semplice birra. Il menù è grazioso, con tutti quei caratteri cinesi che sono graficamente molto attraenti e che sempre più mi soffermo ad ammirare, ma dei quali… non capisco assolutamente nulla! 😀

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cinese

Cinese

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Mi si avvicinano quindi due ragazzi che dell’inglese conoscono solo i saluti, e che appena esauriscono il loro vocabolario (di due sole parole) si allontanano, pur fra tanti sorrisi divertiti e tanti cin cin.
Riprendo quindi ad interrogare il cameriere il quale, non capendo proprio nulla, ogni 10 secondi mi ridà in mano quel menù che forse un antico egiziano capirebbe di più. Poi lo vedo che si sposta, va in fondo al locale e ritorna con una ragazza che mi presenta, Lana. Pare sia l’unica che conosce l’inglese qui dentro, ma se già la qualità dell’inglese che sento parlare in Cina è generalmente pessima, qui con la musica ad alto volume è impossibile capirsi. A questo punto allora le viene l’idea geniale di usare il blocchetto di carta del cameriere per scrivere le domande, e inizia così una lunga ed interessante conversazione su “pizzini” di carta, su argomenti di vita quotidiana, suoi e miei. Gli studi, i viaggi, i balli (miei e suoi, lei è un’insegnante di aerobica), e poi i suoi problemi con il ragazzo (è il ballerino di lap-dance). Insomma, normali discorsi che potrei avere nella mia città così come in un’altra città europea o anche sudamericana, ma tenerli qui, in un’anonima cittadina di una sperduta provincia cinese mi incuriosisce (e sorprende) tanto!

E dopo essere riuscito ad ordinare la mia birra, più la seconda che me l’ha offerta poco dopo il cameriere (forse contento di esserci finalmente capiti?) e una terza che mi hanno passato dei ragazzi da un tavolo vicino, me ne rientro soddisfatto in hotel.

Son contento che internet non abbia funzionato nella mia camera! 🙂

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Pub cinese.

1 comment to Wuzhou e l’arte della mimica

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