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Lug12008

Verso la vera Cina

Dopo Hong Kong, niente più voli fino a quando non arriverò a Bangkok. Tutto via terra.
Ora mi avvio verso il sud della Cina per poi passare in Vietnam, Laos, Thailandia e Birmania. Ma quella che credo sarà la parte più difficile di tutto questo viaggio di un anno viene proprio ora. In Cina, se si escludono poche grandi città, nessuno parla inglese. Anche in sud America quasi nessuno parla inglese, ma le lingue latine sono più comprensibili anche a chi non le conosce. Qui invece la possibilità di comunicazione è assolutamente zero.
Ilan, l’amico israeliano, tornato da poco da un lungo viaggio in Cina, mi consiglia vivamente di portarmi una guida Lonely Planet, o per lo meno una guida linguistica. E pochi giorni prima di partire riesco proprio a trovarne una in un’internet cafè e a fotocopiarmi alcuni capitoli. In seguito mi sarà utilissima per il semplice fatto che i nomi dei luoghi, vie, hotel, templi etc sono scritti anche in cinese. Indicare con il dito la scritta (inutile qualsiasi tentativo di pronuncia) è l’unico modo per essere capiti.

Per rendere meglio l’idea sulla comunicazione possibile, è il caso di fare qualche breve cenno sulla lingua cinese.

Il mandarino (il dialetto più diffuso in Cina e la lingua più parlata al mondo!) è costituito da ben… 56.000 caratteri!! Ok, la maggior parte sono desueti, poco usati, ma si è calcolato che un cinese medio di buona cultura ne conosce almeno 6000-8000. Uff, ancora troppi, sfoltiamo.
Per leggere un giornale bisogna conoscerne 2000-3000, ma per capirne almeno il concetto ne bastano 1500.

E come si fa ad impararne 1500???

In italiano, lingua non facile fra le latine (per grammatica e irregolarità) nonché molto vasta e ricca di vocaboli, facciamo tutto con soli 21 caratteri!
Come se ciò non bastasse, c’è un’altra enorme complicanza. Il cinese è, così come il giapponese, coreano, tailandese etc, una lingua “tonale”, dove cioè i diversi toni che si danno alla stessa parola o vocale cambiano completamente il significato della stessa. Classico l’esempio della breve parola cinese “ma” nella quale, cambiando solo il tono della “a” (4 diversi toni in mandarino, addirittura 6-7 ad Hong Kong dove si parla cantonese), il significato cambia da “madre” a “cavallo” a “sgridare” a “canapa”. Significati completamente diversi.

Concludendo: non si capisce una cippa! 🙂

Inizio a rendermene conto quando dal treno preso ad Hong Kong scendo nella prima stazione cinese, Guangzhou (Canton). Guardo il grande tabellone degli orari: tutto scritto in cinese, si capiscono solo i numeri degli orari dei treni. I cartelli che si vedono in giro sono scritti solo in cinese, le facce sono tutte cinesi e non mi resta altro quindi da fare che “tuffarmi” di corsa in uno sportello informazioni, che in quel momento mi appare come una verde isola in mezzo ad un oceano.

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tabellone treni Cina.

L’impiegato presente parla un inglese scarsissimo però mi capisce, ma anziché rispondermi a voce mi scrive le informazioni che gli ho chiesto in un pezzo di carta. Lo prendo in mano, lo guardo…. è scritto in cinese! E che cavolo ci faccio con questo ora? Ma l’impiegato ha fretta e non mi dice altro. Quando esco però mi accorgo che quel biglietto mi è prezioso, perché facendolo leggere qui e lì mi viene indicata la direzione da prendere. Io la seguo, anche se non ho ancora capito dove sto andando e a fare che. Ma l’importante (ormai nel blog l’ho scritto 3757 volte! 🙂 è andare, non importa dove, ma andare.

Arrivo così in una stazione di bus cittadini, e con il mio foglietto salva-vita ben stretto in mano mi ritrovo ben presto sopra un bus, diretto dove qualche passeggero fra un po’ mi indicherà. Il bus attraversa una enorme città ben diversa da Hong Kong, finché mi viene indicato dove scendere. Mi ritrovo così in una grande stazione di autobus, e capisco ora che l’effetto magico del mio fogliettino è finito (intuisco che c’era scritto il nome in cinese di questa stazione). Mi tocca quindi escogitare qualcos’altro, l’inglese qui mi è utile quanto parlare il sardo a Singapore!

E’ giunto il momento di tirare fuori le fotocopie della Lonely Planet, e indicare così a qualche passante il nome in cinese della città dove voglio andare, una anonima città scelta a caso quando ad Hong Kong guardavo la cartina geografica della Cina. Città, questa, che si trova non lontano dalla via del Vietnam e dove non c’è assolutamente nulla di turistico da vedere. A Wuzhou, così si chiama, voglio avere un primo contatto con la vera Cina, che non dovrebbe avere molto in comune con Hong Kong.

Ok, qualcuno ora capisce dove voglio andare, e mi si avvicina un tipo losco che, in un pezzo di carta, mi scrive una cifra, credo il costo del biglietto del bus. Ma… non so, dall’aspetto e dal suo modo di fare non mi convince, per cui lo mollo e, visto che mi insegue insistentemente, cambio anche direzione rispetto a dove ero diretto (quella che mi sembrava una biglietteria).

Poco dopo mi ferma un altro tizio, mi scrive qualche geroglifico in cinese su un pezzo di carte, e mi fa cenno di seguirlo. Non ho tante alternative ormai e provo a seguirlo. Entriamo in una minuscola e calda biglietteria dove mi vendono il fatidico biglietto, e il prezzo è lo stesso di quello propostomi dal tipo “losco” di prima, per cui capisco che mi ero sbagliato. Ma i messaggi che quel “losco” emanava, filtrati dall’esperienza da me fatta nelle stazioni sudamericane, mi dicevano di non fidarmi. Dovrei tornare indietro da lui e spiegargli che qualcosa nel suo marketing non va bene, ma dopotutto ora ho cose più importanti a cui pensare: il pranzo. Una zuppa di spaghettini di riso e pollo ordinata poco dopo in una lercia sala d’aspetto risolve il problema. Poi aspetto comodamente il bus seduto in un mini-sgabello, sotto il sole cocente. Sono le 15:30, ‘sto benedetto bus mi avevano detto che partiva alle 17, ma arriva alle 18 e poi parte alle 19! Il viaggio sarebbe dovuto essere di 13 ore ma arrivo all’1.30 di notte, quindi 6 ore e mezza dopo. Qualcosa nelle cifre cinesi devo averla non capita! 🙂

Il bus non ha sedili ma solo mini-letti (cuccette) a due piani, lunghi non più di mt. 1,50 perché ci sto solo rannicchiato. E non ci si può neanche sedere perché sono bassi e si tocca la testa. Uff…
Ad una fermata in un rifornitore compro, nell’annessa mensa, degli ottimi spaghetti appena cucinati, in una pratica confezione da asporto in polistirolo, comprensiva di bacchette.

Tutto è nuovo, tante cose son diverse, son da stamattina (dalla stazione) che non vedo più un altro occidentale. Solo cinesi.
Tutta questa scena mi riporta alla mente il mio primo viaggio da solo, in sud America, dove tutto era diverso dall’Europa dove avevo sempre viaggiato. Poi in sud America ci son tornato tante volte (pur se in luoghi diversi) e ormai tutto mi era diventato familiare, meno sorprendente. Ora qui in Cina mi sento ritornare a quei lontani momenti, a quelle strane sensazioni di sentirsi “fuori dal mondo”. Belle sensazioni, emozionanti!

Dal vetro del bus, mentre con le bacchette mangio gli spaghettini al maiale, seduto in quel curioso lettino, vedo fuori un mondo diverso, un mondo nuovo. Magari, dopo altri viaggi in questa lontana parte d’oriente, anche qui questa sensazione di novità sparirà e allora dovrò ancora una volta andare a cercarla altrove, magari nei paesi arabi, o in Africa.

E’ estremamente affascinante l’ignoto.

Bene, 1:30 della notte a Wuzhou, bus che si ferma in periferia ad alcuni km dal centro. Buio, poche persone fuori. Spunta dal nulla un moto-taxi, mi porta al centro davanti ad un enorme hotel dal costo non basso (17 euro) ma ormai è tardi per cercare di meglio, di notte e con lo zaino in spalla. Per oggi chiudo qui, è stata una giornata piena.

E’ bello viaggiare! 😀

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strada cina Wuzhou

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5 comments to Verso la vera Cina

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