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Lug232008

America Latina 2008/09 !

Eccomi qui, in ritardo come al solito, per annunciare il mio nuovo (lungo) viaggio.

Ritorno in America Latina!

Considerando che la seconda parte del giro del mondo si era svolta in Asia e che un altro, seppur breve, ritorno in quel bel continente l’ho fatto la scorsa Pasqua (ad Hong Kong), ora è giunto di nuovo il turno dell’America latina, andando sia in zone per me nuove e sia in qualcuna già conosciuta (anche se l’Asia mi manca già…).

Inizio con la grande esclusa del giro del mondo, Cuba, che dovetti cancellare dal mio programma per la prolungata (e allegra!) permanenza in Brasile. L’anno scorso volevo andarci prima che finisse l’era di Fidel Castro, allora seriamente ammalato. Ora Fidel Castro non c’è più al governo (ok, più o meno), ma pare non ci siano grossi cambiamenti. Proverò ad indagare in proposito! 🙂

Quindi stanotte (23 luglio) arriverò a Santiago de Cuba, prima tappa. Qualche settimana fa ho letto che in questa città si svolge proprio in questi giorni il carnevale cubano, secondo per importanza solo a quello brasiliano. Sarà, ma dopo aver visto le due maggiori manifestazioni carnevalesche brasiliane (Rio e Salvador), ho qualche dubbio che quello cubano possa avvicinarvisi… Comunque, per togliermi ogni dubbio, vado a vederlo! 🙂

Il programma completo, naturalmente soggetto a variazioni (come sempre), prevede:

– un mese a Cuba, percorrendola da Sud a Nord, e ripartenza dall’Avana;
– n° X settimane in Nicaragua;
– n° X settimane in Costarica;
– n° X settimane a Panama;
– n° X settimane in Colombia;
– in forte dubbio una breve tappa in Venezuela;
– e per finire…. paraparapà!!! BRASIL!! 😀 Prediligendo zone non visitate, ma con alcune tappe anche in luoghi già conosciuti e a me cari.

Fine del viaggio a Rio con il suo carnevale, a fine febbraio. Poi rientro per i dovuti 4 mesi di lavoro annuo.

Insomma, questo viaggio di 7 mesi e mezzo inizierà e finirà con un carnevale.
Se l’America latina è il regno indiscusso delle feste, anche come modo di intendere la vita (ne avevo parlato qui), non bisogna perdersi le più grandi.
Se ho trovato il modo di poterci andare per lungo tempo, non vedo perchè non dovrei farlo (ma… e il lavoro, il mutuo, la macchina, il nuovo iPhone, bla bla bla bla…). 😉
Se ancora non si capisce il messaggio subliminale di questo post, ora lo scrivo con caratteri del nostro alfabeto: PARTITE, PARTITE!!).
🙂

Io vado, il tempo (la vita) non aspetta!
Ciao!

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Foto in aeroporto.

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Lug72008

La libertà di viaggiare

Quanto vale la libertà di viaggiare?

Che prezzo può avere la libertà di poter girare il mondo, magari con pochi soldi in tasca, ma potendo rimanere a lungo in viaggio e quindi poter approfondire meglio la conoscenza dei paesi che si visitano, con tutti i vantaggi che ciò comporta?

Qualcuno potrebbe dire: “Non ha prezzo”. Giustissimo, però io per il momento un valore glielo ho dato: metà del mio stipendio.
E la formula magica che mi permetterà di poter stare in viaggio per 8 mesi all’anno e gli altri 4 tornare in Italia a lavorare è questa:

Part-Time verticale al 41,37% !

E che è???

Spiego ora di cosa si tratta 😉

Il “part-time” è una variazione del normale contratto di lavoro che spetta a tutti i dipendenti pubblici (forse anche privati, ma sarà più difficile richiederlo), escluse solo le forze armate, i militari e i vigili del fuoco.
Con questa modifica si diminuiscono le giornate annue (o le ore) di lavoro, e in proporzione diminuisce lo stipendio e i contributi pensionistici. Poi i giorni (o le ore) in cui non si lavora uno se le può gestire come vuole, in due modalità: “orizzontalmente” (lavorando cioè tutti i giorni ma per meno ore – utile a chi ha bambini piccoli) o “verticalmente” (lavorando meno giorni alla settimana – utile ai pendolari o a chi ha un secondo lavoro consentito – o, come nel mio caso, meno mesi all’anno! :-)).

Il part-time conviene anche allo Stato perché risparmia soldi, e fra l’altro non è a discrezione del Direttore come l’aspettativa, ma deve essere rilasciato a chiunque ne faccia richiesta (a meno che in tanti l’abbiano già richiesto nello stesso ufficio).

Facciamo qualche esempio pratico: part-time al 50%.

In questo caso si avrà esattamente mezzo stipendio ogni mese dell’anno, e si potrà lavorare:

  • 3 ore e mezza circa ogni giorno (orizzontale);
  • 2 giorni alla settimana anziché 5 o 6 (verticale settimanale);
  • 6 mesi all’anno (che con le ferie e le festività si riducono a 5 e mezzo – verticale).

Questa percentuale di lavoro può scendere ancora, fino ad un minimo del 30%, il che significa solo 3 mesi di lavoro e 9 di libertà. Però così lo stipendio rimanente diventa eccessivamente basso, per cui per me ho calcolato una via di mezzo, il 42%, che con l’aggiunta di ferie e di tutte le ore in più lavorate nei mesi scorsi mi permetterà di essere libero dal lavoro (e quindi in viaggio) per 8 mesi! 😀

Naturalmente se uno ha esigenze diverse, o non vuole o può rinunciare ad una fetta così grande di stipendio, può optare per percentuali più leggere, tipo 80 o 90%, che permetterebbero di avere 2, 3 o 4 mesi liberi con una minima riduzione di stipendio, tempo sufficiente per un ottimo viaggio.

Insomma, il tempo libero che si può ottenere è direttamente proporzionale al denaro che si è disposti a perdere.

“Il tempo è denaro”, recita un famoso aforisma di Benjamin Franklin. Vecchio ma sempre attuale, anche nei viaggi!
Aforisma che io modificherei però in “Il tempo è vita” (il denaro e il lavoro eccessivo no).
I soldi vanno e vengono, la vita (e la giovinezza) se ne va e non ritorna indietro.

Secondo voi, cosa è veramente importante nella vita?

Ciao!

Ps: Prossima partenza: fine luglio
….. Destinazione: Centro America, Caraibi, Sud America
Era forse meglio rimanere in ufficio?? 😉

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contratto part-time

Il mio nuovo contratto di lavoro (e di vita)

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Apr142008

Hong Kong 2008

Rientrato. E appena in tempo!
Ad Hong Kong ci sono andato con un volo Oasis, una compagnia low-cost cinese (l’unica esistente fra Europa ed Asia) che ha un collegamento giornaliero Londra-Hong Kong. A Londra poi dall’Italia ci si arriva con le low-cost europee, anche con soli 20 euro a tratta. Alla faccia dell’Alitalia e di chi ci mangia dietro!

Ottima compagnia l’Oasis: sedili un po’ più stretti del normale, poco reclinabili, tv personale con i film che iniziano ad orari fissi e non programmabili come in altre compagnie, ma cibo e assistenza di bordo normale e, a parte qualche ritardo in partenza (non riuscivano a chiudere il portellone d’ingresso) e all’arrivo (forse non riuscivano a riaprirlo? :-)), il volo è stato ottimo. Sul giornale di bordo leggevo che fra qualche mese avrebbero inaugurato un nuovo volo diretto per Hong Kong anche da Milano. Stupendo!

Bene, il volo di rientro, dopo un rinvio di 1 settimana (ci sto troppo bene ad Hong Kong! 🙂 ), l’ho preso martedì 8 aprile. Il giorno dopo, 9 aprile, l’Oasis… è fallita per debiti e ha cancellato tutti i voli! 😮 Chi aveva comprato il biglietto ha perso i suoi soldi e ha dovuto comprare un altro biglietto. Ok, devo dire che questa volta mi è andata bene.

Ad Hong Kong ho passato 3 settimane eccellenti, con poche (ma buone) visite ad una città che ormai conosco abbastanza bene (l’interessante museo della scienza, il museo dell’arte, un parco, qualche periferia, un paio di templi, un mercato, i fantastici negozietti di elettronica) e una breve capatina nella “mainland China”, la Cina vera e propria, con le sue assurde diseguaglianze che peraltro, ormai, si vedono in tanti paesi.

Ma per me Hong Kong rimane la città della salsa, grazie alla quale ho conosciuto tante persone e rincontrato ora amici conosciuti lo scorso agosto, gran parte dei quali si ricordavano di me mentre io, a volte, facevo fatica a ricordarmi dei loro visi spesso molto simili fra loro.

Tante bellissime serate con i “salseri” cinesi, un paio molto divertenti con Luca (simpatico italiano che vive e lavora qui da 7 anni) e nottate intere post-salsa passate a bighellonare fra la vita notturna di Hong Kong con Ilan, grande amico israeliano (amico israeliano? Si, è possibile – chi ha viaggiato capirà questa mia precisazione) fino alle 6 del mattino, ora in cui riapriva la metro e si poteva rientrare a dormire senza pagare il taxi.

Per concludere posso dire che, per la prima volta, ho trovato un luogo in cui mi piacerebbe trasferirmi. E avevo anche trovato un buon lavoro! 🙂
Chissà, in futuro ci penserò!

E ora riprendo con i racconti del giro del mondo. Non so se l’ho già scritto, ma ormai è un impegno che ho preso con me stesso. Se non lo finisco entro i prossimi 3 mesi, so già che poi non lo finirò più, come altri miei diari precedenti (per esempio sul Venezuela). E’ stato un anno troppo importante per non finire di fissarlo su carta e web.
E la prossima, lunga ripartenza, si avvicina ormai sempre più.

Seguono alcune foto di questa breve visita ad Hong Kong.

Ciao! 😐
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Parco Hong Kong

Parchi e grattacieli

Noodles Hong Kong

Fantastici noodles!

abbigliamento cinese

I cinesi della Cina si distinguono da quelli di Hong Kong anche per l'abbigliamento. Notate quello di questo turista della "mainland" Cina!

Via centrale Hong Kong

Le affollate strade dello shopping

Tempio Hong Kong

Con Jonie in un tempio

Salsa Hong Kong

Con Stella in un locale di salsa

Sbronzi Hong Kong

La notte le strade abbondano di distinti uomini d'affari (soprattutto occidentali, ma anche qualche cinese) "morti" dall'alcool! 😀

Buddha Hong Kong

L'interno di un tempio

Buddha gigante Hong Kong

Pace a tutti. Un saluto da Hong Kong!

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Nov182007

Il rientro

Su un Boeing 747, 14.11.2007

“Mentre scrivo sono sopra l’Oceano Atlantico, diretto verso il Sud America…”.
12 mesi fa avevo iniziato così il primo racconto di questo lungo viaggio. Ora sono di nuovo sopra l’oceano (quello indiano) però sto tornando verso l’Italia, e dalla parte opposta. Mai tornare indietro è la regola principale del RTW. Colombo (e altri prima di lui) aveva ragione, la terra è proprio tonda! 🙂
Contrariamente a come temevo tempo fa, sono tranquillo, non sono spaventato dal rientro. Avete presente quella sensazione che si prova quando si è appena finito un normale viaggio (2-4 settimane) o anche una breve vacanza? Un misto di tristezza per la nuova esperienza ormai finita e timore per lo stress di riprendere a lavorare, per la solita routine di prima, etc etc? Bene, nulla di tutto ciò sto provando ora. Niente tristezza quindi ma neanche, nonostante un po’ di stanchezza, posso dire di essere stufo dei viaggi e di non vedere l’ora di rientrare a casa.

Semplicemente… sono soddisfatto.

Tutto è andato alla meraviglia, credo non sarebbe potuto andare meglio. Nessun grosso problema, o anzi solo uno: la scabbia. Nessun grosso furto (solo 5 euro a Rio De Janeiro), e ce l’ha fatta anche il vecchio laptop, comprato usato apposta per questo viaggio, che ho sballottolato intorno al mondo fra i pericoli di furto sudamericani, le scassate strade del Vietnam e le svariate tensioni elettriche dei paesi visitati.
Alla fine non è difficile viaggiare oggi. Certo, un po’ di esperienza in proposito mi è servita per prevenire brutte sorprese (per es. in sud America) o per ripianificare il viaggio verso la fine, quando il tempo mancava per andare in tutti i paesi programmati. Ma, ripeto, non è tutto poi così difficile, anche se si è trattato di un viaggio lungo. Credo da fuori lo si veda difficile, ma vivendolo vi assicuro che lo sembra molto meno. Tante persone, anche incontrate in viaggio, mi dicevano:”Complimenti, hai coraggio”. Ma perché coraggio? Questo veramente non lo capivo, soprattutto in Asia poi.

Però, come dicevo prima, alla fine un po’ di stanchezza la sentivo. E, insieme ad essa, la diminuzione dell’entusiasmo di andare a vedere un paese nuovo. Stava quasi subentrando una “routine da viaggio”, per quanto sembri impossibile. Si, ci vuole una pausa ora. In fondo, se all’inizio non ci volevo assolutamente credere, anche per me è successo ciò che mi avevano detto praticamente tutti i “giramondisti” che avevo incontrato in viaggio. A quelli che incontravo che erano alla fine del loro giro del mondo, la prima cosa che chiedevo sempre era se erano stanchi di viaggiare oppure, se fosse stato possibile, se avrebbero voluto continuare per un altro anno. Tutti mi dissero che erano stanchi (mentalmente) e che sentivano ora il bisogno di ritornare a casa, almeno per un po’.
Si, credo che anche per me sia successa la stessa cosa. So anche però che probabilmente non durerà molto, e magari dopo appena qualche settimana dal rientro, appena si riprendono i ritmi di prima, la nostalgia della “strada” tornerà.

“Tutto finito quindi?”, potrebbe dire ora qualcuno deluso?

No! Ho tante cose da fare nell’immediato, ed altre a lungo termine.
Le più importanti sono: lavoro, richiesta del “part-time verticale al 50%”, che tradotto vuol dire lavorare solo 6 mesi all’anno (che con le ferie diventano 5 mesi e una settimana) e poi 6 mesi in viaggio. Di conseguenza mi spetterà poco più di mezzo stipendio, che se può bastare per viaggiare (senza troppi lussi però), inizia a diventare strettino per vivere in Italia. Poi provare alcuni lavoretti online già individuati, per integrare il mezzo stipendio. I lavori online sono il lavoro perfetto per viaggiare, in quanto si possono effettuare da qualsiasi parte del mondo in cui ci sia una connessione internet.

Tutto ok quindi!

Ho ancora in mente (e nel cuore) i tanti sorrisi asiatici degli ultimi mesi, in particolare del Laos e Thailandia, e il “sanuk” tailandese (spiegherò in seguito cos’è) per lasciare spazio ad una qualche tristezza. Ora si rientra. C’è la nostalgia di rivedere i familiari e gli amici, e se ho festeggiato la partenza magari ora festeggio il rientro.

Insomma, “fiesta” sudamericana e “sanuk” thailandese!

Tutto questo riguarda le prime impressioni sull’immediato, sul rientro. “Sono sopra l’Oceano come un anno fa”, dicevo. Ma, a differenza di 12 mesi fa, ho tanto in più dentro di me. Meravigliose esperienze, sia felici che infelici, che quando solo ci penso mi scendono le lacrime, e poi tantissime persone conosciute molte delle quali tanto care ancora oggi, e con diverse delle quali sono rimasto in frequente contatto via MSN, e-mail o Skype.
Il resto delle considerazioni finali sul viaggio, quelle forse a cui tengo di più, le scriverò dopo aver aggiornato il blog su questi ultimi 4 mesi asiatici. Ora no, dovrei fare citazioni che, senza averle prima spiegate, non si capirebbero.

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Ringraziamenti

Voglio ringraziare veramente tanto chi mi ha seguito fin qui sul blog. E’ stata una felice sorpresa scoprire che tante persone, gran parte delle quali a me sconosciute, mi abbiano letto e magari anche scritto. Avendo creato sia il sito che il blog proprio all’inizio del viaggio, non sapevo come sarebbe andata a finire anche questa esperienza. E’ stato un altro viaggio insieme al viaggio, anche con il sito si conoscono persone nuove.

Veramente grazie di cuore! inchino

Prossimamente riporterò i racconti e foto degli ultimi 4 mesi, spero mi seguiate ancora. Insomma, il mio viaggio è finito ma i racconti ancora no. Non sarò in diretta come i primi mesi ma in differita, però l’Asia mi ha dato tante profonde emozioni e anche lezioni di vita che credo possano essere interessanti da leggere e anche, mi permetto di aggiungere, formative.

Ok, questo post l’ho scritto in aereo, sul mio diario, e ora lo pubblico dalla mia stanza, a casa, a Nuoro.

Si va avanti, tutto ok, tanto “sanuk”.
A presto! 😐

(Fine 1^ parte  –  La 2^ parte alla fine di tutti i “racconti”)

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Il Rientro

Aeroporto di Alghero, 365 giorni dopo

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Giu42007

MANAUS, e il sogno perduto

A Manaus scelgo un tranquillo hotel anziché rituffarmi nel trambusto di un ostello. Ogni tanto in viaggio ci vuole anche un momento di ritiro e riposo per ricaricarsi un po’ e sistemare alcune cosette, come per esempio gli ormai due mesi di ritardo nel riportare su carta (e web) i ricordi di viaggio.

Manaus è la città sudamericana più sfruttata per quanto riguarda le escursioni nella foresta, e per questo motivo ad ogni angolo di strada c’è qualcuno che propone “escursioni selvagge nella giungla” o “escursioni fuori dalle piste battute, dove gli altri non vanno”, incontri con indios e caimani, bla bla bla. Per lo più, visto l’alto numero di turisti che arriva qui per la foresta amazzonica, sono ormai escursioni troppo commerciali, da foto con il serpente nel collo (ebbene, una l’ho fatta anch’io!) o il grande pappagallo in mano. E per di più sono molto care. Io conservo i miei ricordi della escursione fatta tre anni fa nella foresta amazzonica del Venezuela, da solo con un indio per tre giorni nel suo piccolo villaggio, ed evito così questi poco allettanti tours. E risparmio. 😀
Mi concedo solo una visita di mezza giornata in una zona qui vicina, dove avviene l’incontro delle acque di due grandi fiumi: il Rio Negro (con acqua nera e calda) ed il Rio Solimoes (con acqua bianca – che poi è marroncina chiara – e più fredda). Per qualche chilometro i due fiumi scorrono paralleli e le acque non si mischiano, trasformando così il Rio Delle Amazzoni in un Rio Juventino (però non ruba acqua a nessuno). Poco dopo (siamo in barca) ci abbordano 3 o 4 canoe di ragazzini indios, ognuno con in mano un diverso animale della foresta da fotografare. Si, lo so, non bisogna incentivare questo tipo di molestie agli animali, però c’era un bradipo (che in portoghese viene chiamato “pigrizia”! :-)) con il viso così simpatico che non mi son trattenuto dal prenderlo in braccio per un po’. Con quelle sue 3 unghione, pur non appuntite, si ancorava dappertutto (braccialetto, cinghietta di orologio, spigoli della macchina fotografica). E così anche con un’anaconda, più inquieta del tranquillone bradipo, che si poteva prendere in mano solo tenendogli la bocca ben chiusa.

anaconda

In hotel una mattina mi perdo a far scendere l’acqua dal lavandino, ma il vortice che si forma non gira come dovrebbe. Mumble, mumble, siamo ora sotto l’equatore e dovrebbe girare in senso orario, ma qui gira un po’ come gli pare, in entrambi i sensi. Neanche lui rispetta le regole! Segue una ricerca su Wikipedia (la più grande miniera di cultura gratuita!) e risolvo il problema di oggi (bè, se in viaggio non ci son problemi importanti, qualcuno bisogna crearselo). Come al solito quello sentito in Tv era una vera e propria leggenda metropolitana. In una puntata di “Turisti per caso”, con Patrizio e Syusy, avevano fatto vedere che, spostandosi anche solo di un metro dalla linea dell’equatore, il senso del vortice cambiava. Balle! Vicino all’equatore la forza del cosiddetto “principio di Coriolis” è quasi nulla, quindi il vortice viene influenzato da altri fattori come la forma del lavandino o il movimento iniziale dell’acqua. Ecco, quindi potete anche non sprecare acqua quando sarete in giro nei pressi dell’equatore. Caso felicemente risolto, mi ricompenso con un bel Guaranà de Amazonas, sempre ottimo (la ricetta la sapete già).

A Manaus altre visite interessanti sono state quelle al Museo della Scienza di Manaus (bello e introvabile, più introvabile che bello perché, dopo che gli autisti di 3 autobus mi lasciano in 3 posti diversi, rinuncio alla sua visita), Palacio Rio Negro (chiuso 3 volte su 3 che ci sono andato – ci rinuncio), Museo Do Homen Do Norte (chiuso per restauri dal 2001!), Museo Do Indio (ok, finalmente) e il bel Parque Da Ciencia, con all’interno anche una discreta fauna amazzonica (l’enorme pesce bue, caimani, tartarughe, roditori, etc.).

caimani

Ma la visita più interessante è stata la visita alla casa di Nazarè! Ricordate la ragazza del precedente post? Dopo l’incontro nel traghetto, per tanti giorni ci pensavo continuamente. I suoi racconti della vita nella foresta e il suo attuale inserimento nella giungla cittadina mi avevano impressionato ed incuriosito tanto. Dopo vari tentativi per telefono falliti (vive ora praticamente segregata in casa, non può uscire) riesco a combinare un appuntamento a casa sua, anche se avrei voluto tanto uscire in giro con lei piuttosto che stare chiuso in casa. Ricordate il film “Crocodile Dundee”? Era la storia di un uomo che aveva vissuto sempre nella giungla e poi di colpo veniva portato nel centro di Manhattan. Ecco, la storia di Nazarè, anche se non così estrema, è molto simile, e sarei curiosissimo di vedere le sue reazioni girando per Manaus. Ma non mi do per vinto e, dopo un paio di giorni di chiacchiere in casa, riesco a convincerla ad una “fuga” nascosta in città. Nascosta perché ora sta vivendo e lavorando a casa di una cugina che vive in un lontano sobborgo periferico di Manaus, la quale le ha proibito di uscire perché, dice lei, la città è pericolosa e lei non conosce nulla. In parte ha ragione, ma così sicuramente è esagerato.

Arriva il fatidico giorno, 1 maggio. Possiamo uscire solo di giorno, quando la cugina è al lavoro. Dopo un’ora di autobus sono quasi arrivato a casa sua. Telefono per la conferma e invece di lei mi risponde il marito della cugina! E quindi chiudo subito. Accidenti, mi accorgo solo ora che anche qui il 1° maggio è festa nazionale, e nessuno lavora. Ecco il perché di quei cortei in centro. Grunt grunt, tutto annullato.
Secondo tentativo, 2 maggio. Oggi va!
Arrivo, è già pronta. Si è vestita bene, ha un elegante vestito nero e scarpe alte (ma se dobbiamo camminare in centro?). Ma è molto nervosa, non sa cosa c’è lì fuori. Non è mai uscita da quella casa, ha solo intravisto qualcosa dal finestrino dell’auto che il primo giorno l’ha portata lì.
Usciamo, prendiamo un autobus. Ora quasi trema, ha le mani sudate. Gli autobus cittadini brasiliani, così come quelli extraurbani, hanno solo due velocità: fermo o avanti veloce. Non ci sono vie intermedie. Solo che in città con tutti gli stop, fossi, semafori, curve e traffico, l’autobus balla continuamente da una parte all’altra. Peggio di andare a cavallo. Ed è, mi dice, la prima volta che sale in un autobus. Quando era nel suo villaggio a volte andava a far rifornimenti di viveri in un paese più grande, ma sempre con un auto di un vicino, mai usato mezzi più grandi.
Scendiamo nella “zona franca”, il centro di Manaus, dove ci sono centinaia di negozi uno a fianco all’altro, con migliaia di persone per strada. Nazarè rimane impressionata dalla quantità di gente, abituata com’è al suo paesino di 20 case, per di più molto distanti fra loro. Ma quando passiamo in una via con tanti negozietti straboccanti di abbigliamento le si illumina il viso! Bè, le donne sotto questo punto di vista sono sempre uguali.
Arriviamo così al grande teatro di Manaus, il palazzo più bello (progetto italiano!) e importante della città. E mi chiede:”Che cos’è un teatro?”. Ehm…. dunque…. allora.… Bò, non so cosa rispondere! Un po’ per il mio portoghese abbastanza semplice ma soprattutto per il fatto che non saprei come spiegarle cosa è un’opera o una recita (in casa prima non aveva neanche la Tv), me la cavo dicendole che ci fanno concerti di musica. Non voglio dirle cose che non può capire, credo le aumenterebbe la confusione che già ha. Ci giriamo dall’altra parte e vede una grande chiesa. Altra domanda:”Perché è così alta quella chiesa?”. Ehm…. dunque…. allora.… Acc, a queste domande non riesco a rispondere! Anzi, mi fanno venire dubbi anche a me. Perché le chiese sono così alte? Forse perché se fossero basse non ci sarebbe aria a sufficienza per respirare quando si riempie? Bò, questa è l’unica soluzione che mi viene in mente.
Per concludere il giro (abbiamo poche ore a disposizione), piuttosto che andare in un parco che forse, abituata com’è alla natura, non le direbbe molto, scelgo una meta caratteristica delle grandi città, che poi mi dirà è il luogo che le è piaciuto di più: l’Amazonas Shopping, il centro commerciale più grande di Manaus. Qui facciamo una foto seduti in un tavolino di un bar, e mi dice che gliela vorrebbe mandare alla mamma per farle vedere dove era stata. Caspita, per la foto davanti al bellissimo teatro Amazonas non aveva aperto bocca. E, dopo qualche problema nel salire e scendere sulle scale mobili (mette sempre i piedi al centro, fra uno scalino e l’altro), la riaccompagno a casa. Ne ha già abbastanza, troppe cose nuove. E poi ha paura che la cugina telefoni a casa e non la trovi.

Ricordate, dal precedente post, perché è venuta a Manaus? Per la voglia di conoscere il mondo? Si, se fossi ripartito da Manaus con il ricordo di quella breve chiacchierata in barca, avrei sempre conservato il bel ricordo di questa ragazza che, di sua volontà, aveva lasciato la terra natia per la curiosità di vedere cosa c’era al di là del fiume. Una bella poesia da conservare fra i ricordi di vita, più che di viaggio.

E invece… le poesie quasi sempre esistono solo su carta, non nella realtà.

Quando ci incontriamo a casa sua, in breve tempo mi racconta la sua vera storia. Si è appena separata, due settimane prima di partire. Ha un figlio di tre anni che è stata costretta ad abbandonare (per ora) con la forza. Il marito beveva, picchiava lei e il figlio, “mulherava” (in portoghese “andava a donne”) e, quando lei l’ha lasciato, l’ha minacciata di morte se portava via il bambino. E anche se non lo portava via. Così è dovuta scappare via, lontano, lasciando suo figlio ai genitori di lui e temendo per la sua stessa vita. In quel villaggetto sperduto nella foresta la polizia non esiste, tantomeno i servizi sociali.
Ma come, e io che pensavo alle baracche nella giungla, fra palme verdi, scimmiette e pappagalli colorati. Una vita felice insomma. E invece, oltre alle scimmiette c’era lo scimmione cattivo che rovina il mio sogno. Ora capisco perché ha sempre quell’aria triste, non è dovuta solo al suo carattere chiuso.
La storia dello scorpione? Vera, però mancava il contorno della storia. Quella notte, come faceva sempre, trasportò per ore l’acqua dal fiume alla cisterna di casa, 500 metri per andare e altrettanti per tornare, con un secchio in testa. Aveva il bambino piccolo in casa e le serviva tanta acqua, e il marito non l’aiutava mai in quel lavoro. E così, dalla stanchezza, non vide lo scorpione per terra e ci mise il piede sopra. Il marito quella notte era a letto che dormiva, sbronzo, e non poteva aiutarla. La sua fortuna fu che quella notte aveva ospitato in casa un bambino dei vicini, di 11 anni, che così corse per un chilometro, di notte nella foresta buia, per andare a cercare l’antidoto. E dopo un giorno di sofferenze (mi dice che l’antidoto fa tremare il corpo per un giorno intero) si salvò.
E il cobra? Tutto vero, ma quel giorno, per il gran spavento, perse il bimbo che aveva in grembo.

Bè, adesso il blog è diventato uno spazio per problemi matrimoniali? No, però questa triste storia dimostra che, anche andando a cercare il più piccolo villaggio sperso nella immensa giungla amazzonica, i problemi sono gli stessi, che so, del centro di Roma o di New York. Non esistono paradisi, la mente dell’uomo (inteso come genere umano) è bacata in ogni angolo di mondo. Anche in Colombia, quando feci una visita ad un villaggio di indios (questi al 100%, vivevano in capanne – qui ci son le foto -> FOTO ) ricordo che quel giorno la comunità aveva un problema ed erano tutti tristi. La moglie di un giovane aveva scoperto che il marito il giorno prima l’aveva tradita con una donna di un altro villaggio vicino. Insomma, soliti problemi dappertutto!

Bene, ora devo chiudere questo post e ci vuole un finale… ah si, eccolo.

Come finisce la storia di Nazarè? Bene, ora lei rimane un po’ di tempo qui a Manaus, per far calmare le acque e i nervi del marito violento e inoltre per lavorare e mettere da parte un po’ di soldi. Appena ne ha a sufficienza ritornerà nella foresta e si riprenderà il figlio. Con i soldi si può fare tutto in Brasile, anche nel cuore della foresta amazzonica.
E quindi, ancora una volta (ma per motivi ben diversi dal post precedente), buona fortuna Nazarè!

Nazare

Qui ci son le foto di Manaus!

FOTO Manaus

Ciao!

Mag102007

(SAO LUIS/2) Il maltese e la filosofia latino-americana

Un giorno a Sao Luis conosco in un autobus un ragazzo maltese (non era corto, però… ok, questa era fredda!). Si parla del viaggio, solite cose e poi ci si saluta. Il giorno dopo lo rincontro per caso in un ristorante e mangiamo insieme. E quindi parliamo più profondamente.
Ingegnere, sui 30 anni o poco più, a Malta aveva un ottimo lavoro, sicuro e ben pagato. Si era quindi comprato la casa e aveva anche la ragazza già da un po’, rapporto stabile. Un giorno in ufficio si è fermato ad osservare il salvaschermo del suo pc (un paesaggio tropicale) e ha detto:”Ma che ci faccio qui?”. In pochi giorni ha lasciato tutto (lavoro, casa e donna) ed è partito per un lungo viaggio in America Latina, con data di rientro “aperta”. E come lui ne ho incontrato anche altri in questo viaggio, anche un italiano pochi giorni fa sul Rio delle Amazzoni. Come può succedere questo?
A volte son più le certezze che spaventano rispetto alle incertezze. Il sapere già cosa si farà i successivi 10-20 anni rispetto al non sapere cosa fare o dove andare il giorno dopo. La vita è una sola, non si può rovinarla, a parer mio, pianificando sempre tutto, togliendole il gusto dell’imprevisto, dell’ignoto. Togliendole il sale. E’ come mangiare una bistecca senza sale. Certo c’è a chi piace così, senza sale, giustissimo. Ma a me la carne è sempre piaciuta con molto sale, mia madre lo sa bene. Magari non come in Brasile, che di sale nella carne ce n’è sempre troppo e, pensando bene alla metafora, a volte ce n’è troppo anche nella vita reale. Ma qui va bene così, molto sale nella carne, molto sale nella vita. Per pensare a domani c’è tempo. Per ora pensiamo all’oggi.

Questo è uno dei cardini della filosofia latino-americana, esattamente l’opposto di ciò che si pensa dalle nostre parti. Il mutuo, la casa, lavorare tanti anni per avere una buona pensione domani, tutte cose da fare in gioventù per poi, un lontano giorno, arrivare alla terza età e godersi i frutti, quando però la giovinezza è ormai sfiorita. Non è forse meglio fare esattamente il contrario, godersi prima di tutto la vita e poi pensare a tutto il resto?
Ecco, ora vi do i compiti per casa. Riflettete su queste righe nel prossimo week-end, poi datemi qualche risposta. Anzi, ora ci faccio un sondaggio in proposito, qui a destra.
Ciao!