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Mar32008

HONG KONG/3: fra diritti umani e Tibet

I ristoranti e i locali dove si balla salsa (Hong Kong è un vero paradiso per la salsa!) sono i luoghi dove faccio sempre gli incontri più interessanti.

Così un giorno, nel mio ristorante di fiducia, capito a tavola con un distinto signore cinese. Lavora in un’agenzia di viaggi, parla un perfetto inglese e, anni fa, ha fatto un lungo viaggio in Europa, in auto. Ha quindi visitato tanti paesi diversi, e si nota che ha una buona cultura personale. Insomma, una persona piacevole con cui parlare.
Dopo un po’ di chiacchiere sull’Europa, il discorso cade sulla Cina e, per la prima volta dopo tanti “Tiggì” e giornali italiani, ho l’occasione di sentire dal vivo anche l’altra campana. Provate a farci caso, quando i nostri media italiani (ma anche europei) parlano della Cina, di qualsiasi argomento parlino (crescita economica, Olimpiadi, turismo, etc.) immancabilmente a chiusura del servizio arriva la “tiratina d’orecchi” sui diritti umani o democrazia o ambiente. Così come accade anche per Cuba, spesso il ricco Occidente, dal comodo dei suoi salotti, getta sentenze su paesi lontani senza cercare anche di capire le realtà in cui quei paesi vivono. Almeno in parte.

“Libertà? La Cina è enorme” mi dice, “siamo 1 miliardo e 300 milioni e non si può cambiare in fretta, dal Comunismo alla libertà totale. E’ pericoloso. La maggior parte dei cinesi sono ignoranti e spesso anche analfabeti, e in queste condizioni basterebbe poco a muovere le loro teste (ndr, basterebbe un “Berlusconi” cinese, con tante televisioni). Gradatamente invece è possibile, e il governo si sta già muovendo in questo senso”.
Tutto combacia con quanto letto qualche giorno fa in una rivista cinese di Hong Kong, sull’aereo (ad Hong Kong la stampa è libera), dove c’era un’intervista di un giornalista europeo ad uno dei più importanti banchieri cinesi. “La crescita economica in Cina è ormai consolidata”, diceva il banchiere, “e ora il governo sta puntando a migliorare la qualità di vita delle province povere”.

“L’obbligo di un figlio per famiglia?”, continua il mio commensale-agente di viaggio, “In Cina siamo in troppi, non c’era altra soluzione”.
Tutti questi discorsi nel breve tempo (per lui) di un veloce pasto (io ho più tempo! 😀 ). Paga il conto, mi saluta e ringrazia e se ne va.
Incontro veramente interessante.

Qualche sera dopo invece con Suki, una ragazza cinese, provo a toccare un altro argomento assai spinoso sulla Cina, il Tibet. Conosciuta in una discoteca di salsa, una sera programmiamo di andare al cinema e poi a cena insieme.
Arrivo in ritardo all’appuntamento e, per farmi perdonare, le offro un gelato. Pago io quindi.
Poi andiamo al cinema e, al momento di pagare i biglietti, non muove un dito. Ok, ci può stare, pago ancora io.
Ma, dopo il film, per cena sceglie un ristorante caro, uno di quelli che io neanche guardo. “Mmmm… e va bene, tanto poi qui dividiamo”, penso.

La serata è interessante e, fra i vari discorsi a tavola, le faccio diverse domande su tanti aspetti della sua città e della Cina in generale. Nonostante ormai da 10 anni Hong Kong faccia parte della Cina, rimane grande, mi dice, la differenza fra i cinesi di Hong Kong e quelli della “mainland China”. Questi ultimi sputano a terra (per questo motivo ad Hong Kong esiste un divieto di sputare per terra, con multa da ben 1500 HK$ – 150 euro – per chi trasgredisce), sono meno gentili, non fanno le file, sono ignoranti, non parlano inglese. E poi c’è anche un’enorme differenza economica. Hong Kong è una delle prime nazioni al mondo per ricchezza prodotta a testa (6^ per PIL pro capite, parificato). Tant’è che non è libera la circolazione delle persone fra Hong Kong e il resto della Cina. O meglio, i cittadini di Hong Kong possono andare in Cina quando e quanto vogliono, senza alcun permesso, i cinesi della “grande Cina” invece per andare ad Hong Kong devono chiedere al governo un permesso di soggiorno, che non è tanto facile ottenere.

“E il Tibet?”, chiedo io.
A questo punto SuKi, ragazza intelligente, laureata, impiegata di banca, cambia decisamente umore e rialza le barriere culturali. “Voi occidentali siete sempre pronti a criticare senza conoscere i fatti. Il Tibet era una provincia della Cina in passato e lo è anche oggi, è un territorio che è sempre appartenuto alla Cina!”.
“Ok”, rispondo io con calma, “può anche essere così, ma perché distruggere i monasteri, ammazzare la gente, estirpare la loro cultura?”. E qui Suki, ragazza intelligente, laureata, bla bla bla si chiude letteralmente a riccio e non mi risponde più su quest’argomento. Per cui cambio rapidamente discorso.
Segue una passeggiata al centro e poi rientriamo.

Bilancio della serata: serata piacevole, film così così, discussione molto interessante con Suki sulla società cinese ma, così come per il cinema, anche la cena è poi toccato a me pagarla (paralisi delle sue mani al momento di pagare il conto) e la notte è andata in bianco.
Sarà colpa del Tibet??!  😀

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Suki Shopping Center Hong Kong

Suki

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Ragazze cinesi

Simpatiche vicine di tavolo in un ristorante

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3 comments to HONG KONG/3: fra diritti umani e Tibet

  • io sto ancora aspettando il racconto della serata beer lao!!! ciao pietro, sono a kao saon road, fra qualche ora ho l’aereo per roma, qualche mese poi si riparte! ti saluto

  • –> Giacomo!
    Nooo!! Finito il viaggio? Bè, ma se riparti fra un po’ va benissimo! : - D
    Qui il tempo non basta mai, sempre troppi impegni (non come in viaggio!!: - )), ma fra un po’ arriverà anche il Laos nei miei racconti!
    Buon prossimo viaggio allora!

  • Finito il viaggio??? Non proprio, in realtà mi sento sempre in viaggio, anche qui a Punta Marina!!! Come quando andavo a scuola e c’erano le vacanze estive…l’estate passa sempre in fretta(speriamo).
    a s’avdè (ci vediamo in romagnolo)

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