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Giu272007

IL 180° MERIDIANO E L’ANNO GUADAGNATO

Volando dal sud America verso l’Oceania si attraversa l’oceano Pacifico e si oltrepassa quella linea immaginaria del nostro pianeta che è il 180° meridiano, all’esatto opposto di quello zero di Greenwich (Londra), e meglio conosciuto come la linea del cambio di data. Qui si spostano le lancette dell’orologio di 24 ore in avanti e si viene così a perdere un giorno intero. Si va in pratica avanti nel tempo, nel futuro. Ancora più intrigante forse la rotta inversa, perché si guadagna un giorno e si va quindi indietro nel tempo. Parti oggi e arrivi ieri.

Niente di magico comunque, qui in pratica si scontano tutti i fusi orari oltrepassati in precedenza, quando si erano guadagnate (o perse) ore. Per esempio quando si va dall’Europa verso le Americhe, all’arrivo bisogna spostare le lancette dell’orologio indietro, guadagnando così diverse ore. Altrettanto farò dopo quando, dalla Nuova Zelanda, mi sposterò in Australia, Asia ed Europa: ogni volta via a spostare le lancette indietro.

Queste ore però non sono regalate e, prima o poi, le devo scontare!

Mi è capitato così di partire dal Cile il 23 maggio sera e arrivare in Nuova Zelanda la mattina dopo, 25 maggio. Il 24 l’ho perso completamente. Via, sciò, pussa via. Nel mio calendarietto del 2007 devo fare un buco nel 24 maggio.

C’è però un particolare da ricordare: il 24 maggio era…. il mio compleanno! 😮

Eh eh, niente compleanno, niente auguri, niente cambio di età.
Il giro del mondo mi ha regalato un anno in più! 😀

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Giu252007

PRIMI 6 MESI

15900 km in autobus (e traghetto) da Buenos Aires fin su a Caracas. Tutto via terra e acqua, niente voli.

6 mesi esatti, più una proroga di una settimana, i tempi supplementari di una stagione che avrei voluto prolungare ancora un bel po’.
Prima di iniziare questo viaggio non mi aspettavo più di tanto da questo continente, in quanto ci son già stato diverse volte e quindi pensavo ormai non tanto ricco di novità. E invece mi son dovuto ricredere, e tanto pure!

Parlo principalmente del Brasile, paese in cui son rimasto ben 5 dei 6 mesi riservati al sud America. E la differenza rispetto alle altre due volte in cui ci son stato è dovuta principalmente ad un fattore: la conoscenza della lingua. Lo starci tanto tempo mi ha permesso di imparare il portoghese il tanto sufficiente per poter parlare anche a lungo con la gente, venendo in questo modo a conoscere la realtà del paese e il carattere della sua gente più di quanto una guida di viaggio mi abbia potuto illustrare.
Se non avessi conosciuto il portoghese non avrei potuto parlare con quel ragazzo che incontrai per strada a Salvador, che mi raccontò dei suoi due anni nella ricca Europa (Francia) e di come poi ci rinunciò per tornare in Brasile nel suo quartiere povero. La gente e la vita era troppo diversa per lui e mi spiegò cosa era diverso.
Non avrei neanche potuto parlare con i bambini dei due centri di accoglienza visitati, conoscere tante persone con cui uscire a Sao Luis, ascoltare la storia di Nazarè, capire le notizie dei quotidiani e tv, comprendere gli stati d’animo e il carattere dei tanti brasiliani conosciuti. Avrei fatto un viaggio simile ai tanti ragazzi anglosassoni incontrati, fatti di tante tappe ma brevi nelle località più belle (e turistiche), con pochi o nulla contatti con la popolazione locale. Per loro è impossibile imparare una lingua latina senza frequentare un corso di lingua, cosa che per noi italiani invece è fattibile, e quindi alla fine i commenti che sentivo da loro sul viaggio riguardavano solo la pericolosità di Rio o il bel sedere delle brasiliane, la precarietà dei servizi o la bellezza di alcune spiagge. Tutte verissime queste cose, ma il Brasile ha molto di più da offrire, se si vuole andare a guardare bene.

E una delle cose che più mi ha colpito è la grande gioia di vivere dei brasiliani. Sembra una cosa banale questa, a chi non piace vivere? Eppure in nessun altro continente ho riscontrato la stessa intensità e calore dei rapporti umani, sia fra grandi amici che fra perfetti sconosciuti, sia al posto di lavoro che in mezzo ad una festa. E allo stesso tempo la grande serenità che traspare dai loro volti, che si coglie non solo parlandoci ma anche osservando la gente che passa in strada, che si incontra negli autobus o che si ferma per chiedere un’informazione. E avere intorno a sé persone con l’espressione serena se non allegra, comunque sempre cordiale, costituisce una bella differenza rispetto alle persone/espressioni/umori che si incontrano e percepiscono nel nostro BelPaese. Così che anche senza far niente di particolare, spesso bastava una semplice passeggiata per strada, fra la gente, per passare ore piacevoli.

6 mesi di calda estate sono così finiti, e ora vado verso poco più di un mese d’inverno.

D’altro canto ora posso finalmente “abbassare la guardia”, vado in zone super-tranquille. Se è vero che nulla di particolare mi è capitato finora, è certo che in sud America bisogna sempre prestare particolare attenzione a tutto e non dimenticare mai le precauzioni di base.

6 mesi ricchi di emozioni, 6 mesi importanti, 6 mesi indimenticabili.

Grazie, sud America. Grazie, Brasile. Son sicuro che mi mancherete tanto.

sopra le nuvole

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Giu202007

WEEK-END IN VENEZUELA + CILE

Venezuela! Entrando dal Brasile mi lascia la stessa impressione che mi lasciò due anni fa entrando dalla Colombia (vedere qui): maggior arretratezza generale (case, auto, strade, strutture e servizi in generale). Nonostante non sia uno stato povero (quinto produttore mondiale di petrolio, e negli ultimi tre anni il prezzo del barile è più che raddoppiato), non si può dire che si veda molta ricchezza in giro.
Altro aspetto che si nota subito: la rudezza dei venezuelani. Non si perdono certo in sorrisi come i brasiliani o nella simpatica gentilezza dei colombiani.
E poi via con i posti di blocco. Nelle prime ore di viaggio il pullman viene fermato da 6 o 7 posti di blocco di militari armati fino ai denti. Controllano i documenti a tutti, con l’aria da duri, guardandoti come se fossi un pericoloso delinquente. Senza motivo peraltro, non capisco il perché di tanta militarizzazione. Fossi in Colombia lo capirei, ma qui proprio no.
Ma se non altro il sottofondo musicale, se in Brasile aveva un livello comunque alto, qui raggiunge (per me) il top: è arrivata l’ora della salsa! 🙂

Dopo 22 ore di bus fino a Caracas, pausa di 8 ore e poi altre 12 fino a Merida, carina cittadina ai piedi delle Ande Venezuelane. Qui mi fermo solo i 3 giorni del week-end che passo con Yolanda, amica conosciuta nel mio primo viaggio qui (3 anni fa), e alcuni suoi amici.
Emozionante rivedere i luoghi, le vie, i bar, gli hotel in cui si è già stati, ma anche un po’ triste e meno interessante. Meglio sempre cambiare. D’altronde son venuto a Merida solo per incontrare la mia amica, per il resto non ho nulla da fare qui.

Dopo 3 anni i prezzi sono molto più alti, almeno il doppio (l’inflazione è molto alta in Venezuela) che però in parte si compensa con la svalutazione della moneta. Accidenti, dopo il Brasile anche il Venezuela ora! I costi del Sud America stanno aumentando anno dopo anno. Sbrigatevi a venirci chi ci deve venire, se no poi vi mangerete le mani a non averne approfittato. Dalla fine del 2001 le monete locali sono crollate nettamente rispetto al passato, iniziando dall’Argentina e poi a catena in Brasile e in quasi tutti gli altri paesi sudamericani. Ma ora si vedono già i primi cenni di ripresa.
Ultima osservazione da fare: esiste di nuovo il cambio nero, cioè si possono cambiare per strada (ma anche nelle agenzie di viaggio, hotels, taxi, etc) i dollari americani ad un tasso molto più conveniente della banca: per strada per 1 US$ danno 4.000 bolivares, anziché i 3.000 della banca (30% in più!). Cambiano anche gli euro, ma in proporzione danno di meno del dollaro (4.500 bolivares). Se si viene qui insomma conviene portarsi un gruzzoletto di dollari in contanti.

Lascio il Venezuela con un volo che fa scalo a Bogotà, prima di arrivare a Santiago del Cile. Ne approfitto per avvisare alcuni amici che ho in queste 2 città, in modo di cercare di incontrarci. Una delle (tante) cose belle del viaggiare è che poi si hanno contatti in diverse parti del mondo e a volte, come ora, ci si può incontrare anche nelle poche ore di uno scalo.
Se però l’incontro di Bogotà salta per un malinteso sulle date, quello di Santiago va in porto e incontro così Marcela e Danae, due belle amiche conosciute ad Arraial e con le quali passo la serata insieme, prima di salire sul volo che.… sigh sigh….. sniff sniff…… mi farà…… lasciare il Sud America!!!

UAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHH !!!!!   piangendo

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Giu192007

COSTI BRASILE (2007)

COSTI BRASILE (2007)
(1 € = 2,70 R$)

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ALLOGGI (in Brasile hanno quasi sempre la colazione inclusa)

Foz De Iguacu  Hostel Paudimar Falls Centro: “dormitorio” R$ 18 (con tessera H.I.), 24 R$ (senza HI), internet gratis, piscina – ottimo
Curitiba  Roma Hostel: 20 R$ – buono
Ilha Do Mel  Hostel Zorro: 18 R$ (HI) – l’unico dell’isola
Rio De Janeiro

  • El Misti Hostel (Botafogo): 25 R$ – pessimo, il peggiore incontrato – solo 3 bagni per tutto l’ostello, file lunghe, poco pulito, poco sicuro)
  • Mellow Yellow Backpacker (Copacabana): 30 R$ (camera da 24 letti!), a 100 mt dalla spiaggia, il più grande di Rio, internet gratis, ma troppo anglosassone per i miei gusti (per i suoi clienti) e quindi freddo
  • Tupiniquim Hostel (Botafogo): 25 R$ (dorm. con ventilatore), 30 R$ (con aria cond.). WI FI gratis, parete di arrampicata con prove gratuite, più piccolo e familiare, facilissimo conoscere tutti, ottimo staff!!

Ouro Preto  Brumas Hostel: 25 R$ (HI), buono
Vila Velha  casa privata (a 4 stelle!)
Arraial D’Ajuda  Arraial d’Ajuda Hostel: 25 R$ (HI), 30 senza HI, a.c., piscina, internet gratis – ottimo!!
Itacarè  Itacarè Hostel: 35 R$ (HI), a.c., tv, internet gratis – caro! A 100 mt ce n’è un altro a 20 R$, senza colazione. Poi solo posadas e hotel
Salvador  ostello senza nome, super economico! Il riferimento è NALVA (la proprietaria), Rua Direita do Santo Antonio n° 22, Bairro Santo Antonio (Pelourigno), tel. (0055-71) 3241 4321 (è una casa blu), nalvas@hotmail.com  15 R$ i giorni normali (senza colazione), 55 R$ i giorni di carnevale – internet gratis – molto spartano ma buono e pulito.
Peritorò Hotel Peritorò: 25 R$ (con vent. e bagno in camera), 40 R$ (con a.c., bagno, tv, frigo), a 20 mt dalla stazione bus – Ce ne sono altri più economici al centro
Sao Luis  Solar Das Pedras Hostel: 15 R$ (HI), centro
Algodoal  Estrela Sol Hotel: 45 R$ (con vent.), piscina
Bom Jardim  Convento, 0 R$, solo su invito
Belem  Amazonia Hostel (HI), 20 R$
Manaus

  • Hotel Ideal: 20 R$ singola (bagno, vent.) – ottimo, pulito (ma scuro senza finestre), oppure 30 R$ con a.c. e finestra;
  • Hostel Manaus: 17 R$ (vent.) – ottimo

Boa Vista  Hotel Ideal: 30 R$ (singola, vent.) – 40 R$ (singola, a.c.) – 40 R$ (doppia, vent.) – 50 R$ (doppia, a.c.)

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PASTI – BEVANDE

“Prato feito”
Il mio preferito in quanto più fresco (cotto su ordinazione), composto da: …. continua a leggere qui >>

Giu152007

RITAGLI BRASILIANI / SUDAMERICANI – 3

11. Ordine femminile

Le donne son sempre in ordine, pulite, pettinate e con un bel vestito (anche se semplice) a qualsiasi latitudine e in qualsiasi condizione sociale si trovino. Credo che questa regola sia contenuta nel secondo cromosoma X delle donne, quello che a noi manca!

Dalle grandi metropoli come Rio ai piccoli paesini del Maranhao, passando per i villaggi della foresta amazzonica, le ragazze erano sempre ben vestite, con i colori abbinati e i capelli ben sistemati. E si cambiavano ogni giorno di vestito, anche nei 7 giorni di barca.
Lo stesso invece non si può dire degli uomini e dei ragazzi, a volte disordinati anche se nel complesso sempre puliti.

Inutile, è questione genetica.

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12. La cronaca nera

Se si prende un qualsiasi quotidiano brasiliano di un giorno qualsiasi della settimana, si rimane sbalorditi dalla quantità e dalla efferatezza dei crimini che quotidianamente accadono in questo paese (in Venezuela e Colombia analoga situazione). Un singolo episodio da 6^ pagina di un quotidiano brasiliano, che occupa magari solo 5 righe, in Italia riempirebbe la prima pagina per giorni. Dalle persone assassinate per quattro soldi, e in maniera cruenta, ai veri e propri omicidi che la polizia commetteva quando interveniva da qualche parte.

Oltre a quelli che avevo citato nel post sulla violenza a Rio (questo post), ne ricordo altri due in particolare, avvenuti mentre ero a Sao Luis.

Uno era un omicidio politico che sembrava uscito da un romanzo di fanta-politica. Il prefetto (che è la seconda carica politica dopo il governatore) assassinato da due poliziotti su ordine di un deputato, con vari complici che ogni giorno spuntavano fuori nelle pagine dei giornali.

Il secondo ancora più triste. Un uomo di colore …. continua a leggere qui >>

Giu132007

RITAGLI BRASILIANI / SUDAMERICANI – 2

6. Il (misero) business delle lattine

Un po’ in tutto il Brasile le lattine di alluminio vengono raccolte, dalla strada e dai bidoni della mondezza, da bambini, ragazzi, uomini, donne, anziani, insomma un po’ da tutti; tant’è che quando per strada non si trova un bidone dove buttare la nostra lattina vuota, si può tranquillamente buttare a terra senza sentirsi dei maleducati, tanto verrà poi raccolta da qualcuno.

Questa raccolta di lattine raggiunge la sua più alta intensità a Salvador, dove spesso addirittura mi si avvicinava qualcuno che raccoglieva lattine e mi chiedeva se avevo finito di bere la mia birra, e se non avevo finito mi incitava a fare gli ultimi sorsi!
Una volta ho fatto un test: in una notte di carnevale, durante una pausa fra un “bloco” e l’altro, sono andato al centro della strada e ho lasciato cadere per terra una lattina vuota. Come si è sentito il “clonk” della lattina che toccava l’asfalto ho avviato il cronometro dell’orologio e ho aspettato. 10 secondi esatti e la lattina era sparita! Un ragazzino è arrivato di corsa a prenderla, veloce quasi quanto un cambio di gomme di formula 1!

Incuriosito da questa frenesia, un giorno ho intervistato un “raccoglitore”. C’era infatti una cosa che non capivo: venivano raccolte solo quelle di birra, mai quelle delle altre bibite (coca cola, fanta, etc). Mi spiegò che il materiale era diverso, e mi disse anche altri dati: ogni 78 lattine raccolte si raggiungeva 1 kg che veniva poi retribuito con 26 centavos. Quindi ogni 4 kg (312 lattine) si guadagnava la bellezza di 1 real! Con 1 real (=39 centesimi di euro) in Brasile si può comprare 1 pastel (fagotto fritto con carne o formaggio) o una lattina di bibita analcolica, con 4 real si può consumare un pasto. Insomma per riempire la pancia con la raccolta delle lattine bisogna raccoglierne almeno 1250!
Non gli passa più…

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7. Le treccine

Una cosa accomuna quasi tutte le “gringhe” (il significato ormai l’ho scritto tante volte, vediamo se lo ricordate) che vanno in Brasile, e a Bahia in particolare: sentono l’impellente esigenza di riempirsi la testa di treccine.
Ora qui scrivo un consiglio a tutte le gringhe che hanno in programma di andare in Brasile:

NON FATEVI FARE LE TRECCINE!

Il più delle volte stanno veramente male alle bianche turiste, e chi vi dice che state bene è solo il vostro partner (o chi vuole diventarlo al più presto!) che però mente spudoratamente sapendo di mentire.
Le treccine stanno bene solo a chi vive in questi posti. A Bahia infatti le donne hanno in prevalenza capelli crespi (quindi con molto volume, e le trecce glielo riducono), viso rotondo, naso piccolo. Con le trecce stanno stupendamente, in particolare le bambine. Alle turiste invece il ridurre drasticamente il volume dei capelli mette in risalto la testa più spigolosa di noi “caucasici” e il naso più grande!
Credetemi, meglio niente!
😉

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8. L’ignoranza

Questo purtroppo è uno dei problemi più gravi in Brasile. Le cifre dicono che il 57% dei brasiliani finisce le scuole equivalenti alle nostre elementari, e solo il 37% le medie. E quei pochi anni di scuola che fanno son di qualità molto bassa, anzi pessima. Se si pensa che ben il 50% degli insegnanti (non universitari) ha studiato solo fino alla 3^ media (percentuale che raggiunge il 90% nel povero Maranhao) e che lo stipendio degli insegnanti è uno dei più bassi di tutte le categorie, si capisce come la qualità non può essere sufficiente.

Perché scrivo tutto ciò? Che gliene frega ad un turista?

Succede che, quando si parla con un brasiliano medio, molti discorsi sono dei veri e propri tabù. Non ci si capisce. Se si esce dai soliti quattro argomenti basilari della vita di tutti i giorni, ci si scontra con un muro. Per esempio, uno dei miei argomenti preferiti di conversazione, i viaggi, era assolutamente impraticabile. Le geografia era, forse, la materia più sconosciuta.
Un giorno una ragazza, con in mano una cartina del solo Maranhao (neanche tutto il Brasile), mi ha chiesto di indicargli dove era la mia città. Un’altra volta un’altra ragazza mi ha fatto la stessa domanda mentre guardava la cartina del Brasile. Altre volte mi hanno chiesto quante ore di autobus ci avevo messo per arrivare dell’Italia in Brasile, e cosi via. Almeno a giorni alterni mi capitava di sentire assurdità simili, da persone diverse. Di conseguenza anche quando mi chiedevano qualcosa sul mio viaggio, come facevo a spiegare che stavo facendo il giro del mondo? Mondo? What’s mondo? Niente, dicevo sempre che dopo il Brasile rientravo in Italia.

Ma problemi simili si riscontravano anche con tanti altri argomenti, quindi alla fine la molto limitata cultura generale è stato uno degli elementi negativi che mi lascia il Brasile, fra tanti altri positivi. Perché la limitata cultura limita anche la cosiddetta “elasticità mentale”, la capacità di comprendere qualcosa che non si conosce. Venendo io da un luogo sensibilmente diverso, capitava di parlare di qualcosa per loro nuovo, ma spesso non si veniva capiti, e bisognava cambiare argomento.
Un esempio. Una volta una ragazza stava facendo un compito di inglese e doveva tradurre alcune frasi. Finché c‘erano parole che conosceva a memoria (poche) è andata avanti. Quando arrivò alla parola “importance” che varia solo di una sillaba dal portoghese “importancia” si blocca e non va avanti. Non riesce ad elaborare una soluzione probabile.
Questo è un semplice esempio, però qualsiasi argomento per loro nuovo difficilmente veniva almeno in parte capito. Allo stesso modo, se quando si parla non si pronuncia perfettamente il portoghese, non si viene capiti. Se in una frase anche solo di quattro parole ce n’è una sbagliata, niente. Bisogna riprovare fino a quando non si azzeccano tutte e quattro, e nell’ordine giusto. Come Mistermind!

Un giorno, ad una fermata del bus in un paesino imprecisato del Maranhao, mentre facevo un veloce spuntino scambiai qualche parola con una vicina di tavolo. Parlando delle lingue straniere, ad un certo punto mi disse:”Il problema del non capirsi non son le lingue diverse ma il fatto che le stesse cose hanno nomi diversi. Per esempio, come si chiama in italiano questa? (Indicando una salvietta)”. “Salvietta”, dico io. E lei:”Ecco, vedi, in Brasile si chiama guardanapo!”. Ehm… rimango un attimo senza parole, poi faccio finta di niente. Dopo questa perla di saggezza, cosa potevo rispondere?

E pensare che, se le scuole elementari, medie e superiori sono pessime, le università brasiliane sono buone, e anche gratuite. Il problema è che per accedervi bisogna superare un esame iniziale che chi ha frequentato le scuole statali difficilmente supera, mentre ci riesce solo chi ha frequentato le ottime scuole private. Quindi l’istruzione, la cultura e di conseguenza i lavori migliori e meglio pagati, in Brasile di fatto sono riservati a chi è di famiglia ricca. Chi nasce povero, magari in una favela, è già condannato da bambino a rimanere povero, ignorante e a fare lavori umili.

Così è la vita nel paese del samba.

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9. Il lavoro

Gran parte dei lavori non specializzati (operaio, commesso, call center, etc) in Brasile sono pagati con il cosiddetto “salario minimo”, stabilito dal Governo. Ora ammonta a 350 R$ (130 €) che a stento permette di arrivare a fine mese. Non si muore di fame, ma non ci si può permettere molto. Di buono c’è che se anche uno lavora poche ore al giorno, meno di quel tanto non può prendere. Ho conosciuto una ragazza che lavorava in un call center, a giorni alterni per 4 ore al giorno, e prendeva lo stesso salario minimo di chi lavorava in un negozio 8 ore al giorno per 6 giorni. Quindi quando si lavora, anche se poco, si deve sempre poter mangiare tutti i giorni. Per legge. Così ha deciso il governo.

E così, anche qui, hanno dovuto inventare il lavoro nero, cioè talvolta il datore di lavoro non assicura il lavoratore per non dovergli pagare il salario minimo.
Tutto il mondo è paese.

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10. Le informazioni

Anche in Brasile ho riscontrato una caratteristica tipica dei latini, che già avevo scoperto in Venezuela, e cioè che sembra quasi un disonore non saper rispondere ad una richiesta di informazioni, tanto che se non si sa la risposta… la si inventa!

I primi giorni, a Curitiba, per sapere dove si trovava una via ho dovuto fare la media su quattro risposte avute. Le prime tre mi indicavano tre direzioni diverse, e quando la quarta era uguale alla prima sono andato da quella parte. Allo stesso modo a Salvador un giorno mi hanno fatto camminare su e giù in quelle ripide vie per trovare l’unico centro telefonico del Pelourigno. Alla quarta richiesta l’ho trovato.
Quindi, consiglio: se siete in America latina, non fidatevi mai di una sola indicazione ricevuta. Chiedete almeno a 3 o 4 persone diverse. E’ ammirevole la loro voglia di esservi d’aiuto, ma spesso è assolutamente inutile!

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…. continua (e finisce) fra 2 giorni.

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