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Lug62007

AUTOSTOP IN NUOVA ZELANDA

I primi giorni in Nuova Zelanda son stati un po’ traumatici. Dopo tanti mesi in Brasile non mi sembra vero non esserci più. E tutto poi qui è così diverso. Oltre la lingua, il clima (qui è inverno), la gente (più fredda), le case (più moderne), le auto (più costose), le strade (senza buchi), l’ostello. Quest’ultimo è perfetto. Inserito fra 3 o 4 grattacieli luccicanti, pulito, impianto antincendio in ogni stanza, porte sbarrafuoco ma, anche, una marea di divieti: non fumare, non mangiare in stanza, non bere, non urlare, non suonare, non lasciare i piatti sporchi, non fare questo, non fare quello, questo no e quell’altro pure no. Ben diverso dalla generale anarchia sudamericana!
Scopro che in Nuova Zelanda (ed anche in Australia) è strettamente vietato bere alcolici per strada. Si può solo nei bar, minori esclusi, in caso contrario multe altissime. Un giorno una brasiliana che ho conosciuto in ostello (per fortuna ci sono anche qui!) mi ha detto che in un bar di Auckland dove era entrata hanno scoperto che era minorenne. Il titolare allora ha chiamato la polizia la quale le ha fatto una foto che poi ha inviato a tutti i locali pubblici della città, segnalando il fatto che era minorenne e che quindi non doveva essere lasciata entrare nei bar. Neanche fosse un serial killer!
Tanto diverse le persone, generalmente molto meno socievoli dei sudamericani, pur se sempre cordiali e gentili. Più di una volta, per strada, mi è capitato che qualcuno, vedendomi con la cartina della città in mano, mi chiedesse se avessi bisogno d’aiuto.
Estrema gentilezza, estrema correttezza, ma non di più, così si può sintetizzare l’atteggiamento dei neozelandesi.

Auckland, nord della Nuova Zelanda, prima tappa. Città ultra-moderna e cosmopolita. Molte facce asiatiche, tanti giapponesi, molti polinesiani. Mi fermo quattro giorni e poi inizio la discesa verso il Sud. In Autostop.

Vista di Auckland dalla Sky Tower

Vista di Auckland dalla Sky Tower

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AUTOSTOP

Anche la Lonely Planet cita l’autostop, e spiega anche i punti migliori dal quale conviene farlo.
Da Auckland mi reco così, in bus, nel primo paesino fuori dalla città. L’autista, meravigliato della mia destinazione, mi chiede che ci vado a fare a Mercer, quel paesino dove non scende mai nessuno. “Ho un amico che vive qui”, gli dico, mentendo spudoratamente.
Un centinaio di metri a piedi fino all’autostrada e… via! Pollice su.

Devo dire che all’inizio mi sento un po’ un deficiente, anche perché l’ultima volta che l’ho fatto sarà una ventina di anni fa. Ma, d’altronde, c’è una bellissima giornata, il sole risplende, c’è un rilassante laghetto davanti, le colline sono verdissime e mi ascolto anche un po’ di salsa con il lettore mp3. Tutto ok, quindi.
20 minuti e si ferma la prima auto, anche se mi lascia pochi chilometri dopo. E così via, con altre 3 tappe, arrivo a Rotorua quando il sole sta tramontando. Quando inizia a fare buio le probabilità di essere presi calano rapidamente. Il buio crea incertezza. Così non mi resta che cercare un alloggio per passare la notte e ripartire poi il giorno dopo. Si perché qui, pur se località famosa, non ho molto da fare. Le attrazioni di Rotorua sono: 1) acque termali sulfuree… che mi frega? Ci sono anche in Italia; 2) visita al centro Maori per assistere ai balli e canti dei Maori…. mi sa di falso e turistico; 3) Zorba, una grande palla di gomma dove ci si infila dentro e si rotola…. ???
Ok, contando che ognuna di queste “attrazioni” mi costa quanto un intero budget giornaliero, decido di ripartire la mattina dopo.
Sveglia, doccia, anche un po’ di profumo, vado all’appuntamento con una signora: la strada.
In fin dei conti con l’autostop si risparmia ma non poi così tanto, le distanze non sono enormi. E’ come andare da Milano a Palermo. Non conosco esattamente il costo dell’autobus, ma sarà intorno ai 200 NZ$ (120 €). Ma l’esperienza in se stessa è ottima, prove tecniche di vagabondaggio! 🙂 Si passano diverse ore a stretto contatto con gente del posto, gente comune, e si parla così su argomenti di normale quotidianità, sulla vita di tutti i giorni, tanti aspetti di vita che in un museo non si potrebbero mai trovare.

Autostop in Nuova Zelanda

Autostop in Nuova Zelanda

Ripartendo da Rotorua stabilisco il mio record personale di autostop: 4 minuti di attesa! E per di più quest’auto va fino a Wellington, alla fine dell’isola di Nord, dove avevo intenzione di fermarmi qualche giorno. 480 km, 6 ore di viaggio.
Il tipo che mi prende è un po’ strano, ha qualche problema fisico. Quando mi affaccio al finestrino per parlarci non gira la testa, ma solo gli occhi, come un camaleonte. Forse ha il torcicollo, penso. Partiamo, e qualche ora dopo ci fermiamo per una pausa caffé. Quando scende dall’auto rimane con la stessa posizione di quando era seduto, cioè con la schiena piegata a 90°! Al bar ci potrei appoggiare il bicchiere di caffé sulla sua schiena perfettamente piegata. 😀 A parte questo, è una persona molto interessante e colta, e molto informata su tante cose. E’ un predicatore (o pastore) protestante, che mi spiega tanti aspetti del suo paese, alcuni molto interessanti. Per esempio, siccome da questi primi giorni in Nuova Zelanda il paese mi sembra molto sicuro e tranquillo, gli chiedo se ci sono molti problemi di criminalità. Mi dice (come ho già scritto nel precedente post) che ci son circa 60 omicidi l’anno, per la maggior parte ad Auckland, la città più grande. Mi viene subito da pensare a Rio, dove ce ne sono 20 al giorno! Il sud è tranquillissimo, la polizia non ha un granché da fare.

Bellissimi gli scenari che attraversiamo in quelle 6 ore di viaggio. Si passa dai vasti prati verdi con tante palline bianche in mezzo (pecore, 40 milioni in tutto il paese, e 4 milioni di abitanti), agli alti boschi di abeti e pini, dalle montagne secche senza neanche una pianta ai laghetti fra i monti.

Boschi in Nuova Zelanda

Boschi in Nuova Zelanda

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Wellington: una serata italiana

Stanco di mangiar solo panini, una sera a Wellington vado in centro alla ricerca di una pizzeria, meglio se italiana. Dopo un po’ di giri scorgo un cartello che indica un vicolo buio e mi infilo così in una mini-pizzeria d’asporto. Il pizzaiolo è italiano, di Napoli, e vive qui da 10 anni. Dentro c’è, seduto ad un tavolo, un pugliese, che fa il cuoco in un ristorante. Poi entra un ragazzo di Napoli, che lavora in uno studio cinematografico di effetti speciali. Dopo un po’ arriva il fattorino della pizzeria, un ragazzo di Bologna. Infine entra un’altra italiana, una ragazza che insegna italiano all’università.
Finora in Nuova Zelanda non avevo incontrato neanche un italiano, ora in un colpo solo siamo in 6. E tutti per caso, anche gli altri non si conoscono fra loro. Era da quando ero in barca sul Rio delle Amazzoni che non parlavo italiano con qualcuno, e ogni tanto fa piacere.
W l’Italia e W la pizza, che unisce gli italiani! 🙂
Qui visito il più importante museo neozelandese, il TePapa Museum, ma devo dire che ne ho visto di più interessanti.

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Il Sud

Da Wellington traghetto simil-Tirrenia (per dimensioni, non per igiene) fino a Picton, dove mi fermo una notte, e poi via di nuovo con il pollice in su. Qui mi prende in auto una signora molto simpatica, appassionata di musica italiana, che appena sa che sono italiano si ferma, apre il cofano, prende una cassetta dove ha alcune canzoni italiane e la mette nell’autoradio. Che musica potrebbe essere? Come sempre accade quando si sente musica italiana all’estero, si tratta di canzoni si Sanremo di almeno 20 anni fa. Faccio finta di gradire la musica, sperando si rompa l’autoradio al più presto. Poco dopo, altra auto, questa volta diretta fino a Christchurch, 330 km e 5 ore dopo. E’ una ragazza con un grande fuoristrada che sta andando a sciare nelle Alpi.

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Christchurch

Se nell’isola di Nord, anche se inverno, non faceva molto freddo, qui a sud invece si sente. Ci sono 12° di giorno e la notte siamo poco sopra lo zero. Nonostante ciò, spesso la sera si vedono in giro ragazzi con magliette a maniche corte e ragazze con canottiere estive. Ma come fanno?
Christchurch, dicono gli opuscoli (dalla Nuova Zelanda in poi niente più Lonely Planet, se non saltuariamente scroccata da qualcuno), è la città più inglese della Nuova Zelanda. Prima di scoprire perché, me ne accorgo quando vado in bagno: è l’unica località della Nuova Zelanda dove trovo i rubinetti separati, come in Inghilterra. In uno acqua ghiacciata e nell’altro bollente. Chi mi sa spiegare perché, ancora adesso nel terzo millennio, in Inghilterra non usano i miscelatori?
In compenso scopro qui perché gli autobus cittadini sono sempre puntuali, spaccano il minuto. Addirittura nelle fermate principali c’è un display con il countdown dei minuti che mancano all’arrivo dell’autobus. Un autista mi spiega che ogni autobus è fornito di GPS (ricevitore satellitare)! Se è in anticipo viene chiamato dalla centrale e si deve fermare per lasciar passare il tempo. E se è in ritardo?”, gli chiedo. “Non deve succedere mai”, risponde. Neanche in Svizzera (credo) sono così precisi!
Niente di particolare da segnalare neanche qui, andiamo all’ultima tappa, Queenstown. Qui ci arrivo… in autobus! Si, alla fine getto la spugna e non riesco a finire il mio programma, attraversare tutta la Nuova Zelanda in autostop. A Christchurch un giorno aspetto più di due ore in strada e alla fine ritorno in ostello, è tardi ormai per arrivare fin giù. Però devo dire che ero in un punto non buono, alla periferia della città ma non completamente fuori, dove è sempre meglio farlo. Va bè, in ogni modo ho percorso 1000 km esatti in autostop, da Auckland a Wellington e da Picton a Christchurch. Non sono pochi.
Curiosità: le macchine nuove e più costose non si fermano mai, quelle più vecchie si. Ulteriore conferma che la ricchezza crea chiusura sociale e diffidenza verso gli altri. Il Brasile insegna.

Ecco il secondo gruppo di foto dalla Nuova Zelanda.

FOTO (43)

(Fra qualche giorno la terza e ultima parte sulla Nuova Zelanda. Ciao!)

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9 comments to AUTOSTOP IN NUOVA ZELANDA

  • Nad

    bellissimo tutto!
    mi sembra di conoscerti da sempre e invece no!
    ciao

  • –> Nad
    Oh, il caro Nad! Grazie! : - )

  • Francesco

    Halo Peter, Pedro. Predu…bho…ti stai incasinando….dici / dimmi una cosa…la saudade colpisci solo i brasiliani o anche globe trotter?..: - ) sempre con simpatia
    Francesco

  • –> Francesco
    Saudade… c’è sempre, però ora la festa è temporaneamente finita ed è arrivato il momento della meditazione, della pace…
    Ora sto cercando di capire (magari assorbire) qualcosa dell’Induismo di Bali. : - )
    Ciao!

  • nocciola

    Ciao Pietro, non ci conosciamo, ti volevo solo dire che, per puro caso, mi sono imbattuta nel tuo blog e da quando l’ho fatto ti seguo con entusiasmo, mi permetti di vedere cose sconosciute con i tuoi occhi e di covare dentro di me quella voglia di viaggiare che ho sempre avuto e che ora alberga in un angolino pronta a rispuntare fuori appena le occasioni me lo consentiranno. Buona strada. Sei forte ! 😉

  • –> Nocciola
    Ciao Nocciola, grazie!! : - )
    Si, viaggiare e’ veramente un occasione per crescere tanto, per cui spero che quanto prima anche tu riesca a realizzare cio’ che ora sogni.
    Ciao ciao! ; - )

  • Francesco

    Ciao Pietro. Che effetto fa godere delle cose (volo..)che in alcune parti del mondo che hai visto/vissuto nemmeno immaginano?
    sempre con simpatia
    Francesco

  • –> Francesco
    Ehm… non ho capito la domanda… Posso avere una domanda di riserva?
    ; - )
    Purtroppo sono moltissime le cose che nemmeno immaginano in altri paesi, tante anche molto semplici.
    Ciao!

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